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FESTIVAL DELLA MATEMATICA 2009. Salvare il mondo con i numeri....

ARITMETICA E ANTROPOLOGIA. UNA DOMANDA AI MATEMATICI. Come "è stata possibile un’operazione #matematica ritenuta abitualmente sbagliata: un uomo più una donna ha prodotto, per secoli, un uomo" (Franca Ongaro Basaglia)?!? Non è il caso di ripensare i fondamenti?! Alcune note - a cura di Federico La Sala

giovedì 12 marzo 2009 di Federico La Sala
La cit., nel titolo, è da: Franca Ongaro Basaglia, Donna, in Enciclopedia, 5, Torino, Einaudi, 1978, p. 89.
[...] ROMA come New York e stavolta è proprio il caso di parlare di binomio. La prima sessione del Festival Matematica 2009 si terrà infatti nella Grande Mela, poi nella Capitale.[...]
La terza edizione della manifestazione (sotto il Patronato del presidente della Repubblica, promossa dalla Provincia, prodotta dalla Fondazione Musica per Roma) si avvale ancora della direzione (...)

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> COME MAI "UN UOMO PIU’ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO" (Franca Ongaro Basaglia)? --- Il libro di Giulia Galeotti lascia però senza risposta alcune domande (di Ritanna Armeni - Il sesso, il gender, le femministe e la Chiesa cattolica).

giovedì 6 maggio 2010

Il sesso, il gender, le femministe e la Chiesa cattolica

di Ritanna Armeni (il Riformista, 5 maggio 2010)

Che cosa diventerebbe il mondo senza i sessi? Che cosa potrebbe accadere se non ci fossero più maschi e femmine, ma solo “persone” nelle quali si incrociano e si incontrano caratteri femminili e maschili ma nessuno dei due è così assoluto da determinare una differenza incolmabile? Ed è questa un’eventualità reale? Sicuramente per molti è un fantasma, uno spettro pericoloso che distruggerebbe un pilastro “naturale” della vita e della storia degli esseri viventi (non solo degli umani) quello che li divide in maschi e femmine. Ed è un fantasma soprattutto per la Chiesa.

Di questo fantasma è dominato il libro - agile e intenso - di Giulia Galeotti “Gender - genere”. In esso si descrive con precisione, preoccupazione (e qualche esagerazione) la teoria femminista del Gender e i timori che provoca, le conseguenze gravi a cui - secondo l’autrice - si va incontro. Secondo questa teoria l’identità sessuale dell’uomo e della donna non sono il prodotto di una differenza biologica ma il frutto di cultura, costruzione sociale e rigida determinazione dei ruoli. Sono questi ad aver provocato la disuguaglianza fra i sessi e la conseguente costrizione della donna in un ruolo emarginato e subalterno. Devono quindi essere smantellati, ma insieme ad essi si chiede che sia cancellata anche la differenza sessuale.

Il “gender” - scrive Galeotti - si contrappone al sesso. Di sesso maschile e femminile possiamo nascere, ma questo non impedisce - se si eliminano gli ostacoli culturali - di divenire “un genere” che non coincide esattamente con esso. Così si può essere insieme donne e uomini, si può nascere donne e divenire uomini e viceversa. Oppure l’umanità potrebbe scivolare verso una neutralità sessuale.

Alla cultura del “genere” che ha acquistato un peso nella cultura planetaria e si è diffusa nelle organizzazioni internazionali si contrappongono due forze diverse, ma alleate: il femminismo della differenza e la Chiesa cattolica. Entrambe sono interessate a confermare la differenza fra i sessi e a contestare le teorie del genere. Entrambe pensano che la differenza femminile contenga una ricchezza che non contrasta con l’eguaglianza ma la potenzia e la arricchisce.

L’alleanza di cui parla Giulia Galeotti effettivamente esiste. Nella Mulieris dignitatem fu affermata da Giovanni Paolo II. «La donna nel nome della liberazione dal dominio dell’uomo - scriveva - non può tendere ad appropriarsi delle caratteristiche maschili, contro la sua propria originalità femminile. Esiste il fondato timore che su questa via la donna non si realizzerà, ma potrebbe invece deformare e perdere ciò che costituisce la sua essenziale ricchezza. Si tratta di una ricchezza enorme...» E ancora «Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori delle risorse della mascolinità, ma sono solamente diverse. La donna dunque - come, del resto, anche l’uomo - deve intendere la sua realizzazione come persona, la sua dignità e vocazione sulla base di queste risorse, secondo la ricchezza della femminilità, che ella ricevette nel giorno della creazione e che eredita come espressione a lei peculiare dell’immagine e somiglianza di Dio».

Quella alleanza diventò evidente nel 2004 quando Benedetto XVI, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, nella sua lettera «sulla collaborazione fra uomo e donna» attaccò sia il femminismo paritario perché - scriveva - «sottolinea fortemente la condizione di subordinazione della donna allo scopo di suscitare un atteggiamento di contestazione» e poi una seconda tendenza del femminismo quella secondo cui «per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale. In questo livellamento la differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è sottolineata al massimo e ritenuta primaria. L’oscurarsi della differenza o dualità dei sessi produce conseguenze enormi a diversi livelli. Questa antropologia, che intendeva favorire prospettive egualitarie per la donna, liberandola da ogni determinismo biologico, di fatto ha ispirato ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale, e cioè composta di padre e di madre, l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa».

Le femministe gridarono alla svolta. Stupendosi e compiacendosi della cultura di colui che sarebbe diventato Benedetto XVI. Luisa Muraro, la più nota esponente del femminismo della differenza giudicò la lettera una «novità interessantissima» e «dirompente». Ratzinger, sentenziò, ha assunto e ha fatto proprio il pensiero della differenza. Ida Dominjanni sul Manifesto trovò nella lettera del cardinale «un ascolto del divenire storico, del mutamento innescato dalla rivoluzione femminile che va riconosciuto e incassato». Marina Terragni scrisse sul Foglio: «Nessun pensiero politico maschile oggi dialoga con il femminismo della differenza, come la Chiesa mostra di voler fare».

Il libro di Giulia Galeotti lascia però senza risposta alcune domande. Perché la Chiesa nei suoi ordinamenti istituzionali ha dato sempre alla donna un ruolo secondario facendo coincidere la differenza con la subordinazione e la relazione con l’abnegazione? Quando la teoria del gender è nata e poi si è sviluppata negli anni 70 a partire dal femminismo statunitense aveva poi tutti i torti a individuare nelle costruzioni sociali e culturali della femminilità l’origine di tanta discriminazione nei confronti delle donne? L’assenza di una donna-Papa per fare il più banale degli esempi, non è una delle dimostrazione di quanto quelle costruzioni sociali abbiano avuto cittadinanza anche nella Chiesa? La teoria del gender non era un passaggio storico necessario per arrivare a quella nuova libertà femminile che oggi può anche rivendicare la differenza? Una libertà femminile con cui persino la Chiesa che tanto ha contribuito nella storia alla costruzione sociale della donna “costola dell’uomo” oggi deve fare i conti? Insomma le teorie e le loro conseguenze sono importanti. Ma la storia e l’esperienza lo sono altrettanto.


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