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IL NOME E L’IDENTITA’ ("TAUTOTES", in greco) DEL NOSTRO PAESE, NELLE MANI DI UN "UOMO PRIVATO" ("IDIOTES", in greco) E DEL SUO PARTITO ... CHE HA GIA’ PREPARATO UN BEL "TAUTO" (BARA, in greco-napoletano) ALL’ITALIA!!!

L’IDENTITA’ DELL’ITALIA E IL SONNAMBULISMO DEI FILOSOFI, DI FRONTE ALL’ATTACCO DELLA GENTE DALLA DOPPIA TESTA E DALLA LINGUA BIFORCUTA - di Federico La Sala

sabato 21 marzo 2009 di Federico La Sala
[...] Italia. Non confondiamo i livelli... e cerchiamo di non perdere la bussola della nostra sana e robusta Costituzione. Pensare e pensare, ma pensiamo democraticamente e correttamente. "Forza Italia": Non è possibile e non è accettabile! È necessario continuare a tentare, continuare a cercare (cercate ancora: come ha detto, scritto e ricordato poco tempo fa, il ‘vecchio’, indomabile, libero e fiero Pietro Ingrao in onore di Luigi e di Giaime Pintor, ma anche di Claudio Napoleoni, che (...)

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> L’IDENTITA’ DELL’ITALIA E IL SONNAMBULISMO DEI FILOSOFI ---- Per Biagio De Giovanni, il dopo Berlusconi è Giulio Tremonti - e a modo suo, e qui si distingue dalla vulgata, anche Gianfranco Fini.

venerdì 20 marzo 2009

Il dopo Berlusconi è Tremonti

di Biagio De Giovanni (Il Riformista, 19 marzo 2009, pag. 1)

Che cosa rappresenterà il Popolo della libertà nella storia politica italiana? Come tutte le domande coniugate al futuro, e per di più riguardanti il futuro di una entità politica, le variabili sono tali e tante da mettere a rischio la credibilità di ogni previsione e di ogni analista. Ma il filosofo, notoriamente, non ha niente da perdere, può permettersi anche di cadere nel fosso tra le risate delle servette, e quindi può azzardare qualche ipotesi. La spinta a una riflessione sul tema mi viene anche dall`aver assistito, qualche sera fa, alla trasmissione dell`Infedele dedicata al nuovo partito in formazione. In essa, protagonisti come Ida Dominjanni e Aldo Schiavone concordavano su due punti: sul fatto che la crisi starebbe influenzando in modo accelerato un cambiamento di fase politico-culturale a favore della sinistra, e sull`avvio di un declino dell`egemonia culturale del berlusconismo che sarebbe già in fase calante, due effetti strettamente legati l`uno all`altro.

Non condividendo nessuna di queste due previsioni, azzardo un altro percorso che a un certo punto incontra anche il tema del Pdl. Segni consistenti di crisi del berlusconismo in giro non ne vedo. Ho sempre pensato che le elezioni dell`aprile 2008 con la forza simbolica di un`immagine, tutte le forze della Prima Repubblica all`opposizione - costituiscono, tendenzialmente, la conclusione della transizione politica italiana, e lasciano prevedere un lungo governo di quella che convenzionalmente chiamiamo "destra".

Quella data non è, a mio parere, una data di arrivo ma di partenza, di qualcosa destinato a sopravvivere alla stessa conclusione dell`esperienza diretta di Berlusconi. Se posso dirla così, ci sta pensando soprattutto Giulio Tremonti (e a modo suo, e qui mi distinguo dalla vulgata, anche Gianfranco Fini) a razionalizzare il berlusconismo nelle sue punte scomposte, e a consolidare i passaggi di un`egemonia che sembra avere le carte in regola anche per attraversare la crisi, pur se qui c`è sicuramente qualche variante in più da mettere nel conto. La crisi, si dice, può scompaginare tutte le previsioni, rompere il tessuto analitico costruito su elementi destinati a essere travolti.

Ma, vorrei obiettare, perché essa produca effetti "a sinistra" bisognerebbe che questa parola avesse una consistenza che non ha, e che comunque la natura della crisi fosse tale da rimetterla in campo quasi automaticamente. Nessuno di questi due elementi può essere seriamente argomentato. Da un lato, non si ha traccia di un pensiero della sinistra italiana, e ci vorrà tempo e fatica per ridisegnarlo: Franceschini sembra, per ora, voler ridurre il Pd a un piccolo sindacato di sinistra.

E non pensiamo, per carità, ad Obama nelle vesti del Salvatore: Obama è importante, ma non in chiave mitica. Dall`altro, la crisi non mi pare abbia, come tale, la capacità automatica di rovesciare il piano di una egemonia che in Italia si va consolidando. Può accentuare zone di ribellismo e di chiusura corporativa, non formare la base di un tessuto anche ideale e culturale per rovesciare il sentimento di una società e il senso della sua prospettiva.

Vedrete che quando si finirà di demonizzare l`intera cultura del ventennio trascorso - pur sempre quello che ha promosso il maggiore sviluppo della civiltà umana in tutta la sua storia - e si ritroverà un equilibrio analitico, questo punto di equilibrio non sarà tale da riabilitare, come se nulla fosse, le classiche coordinate del pensiero di sinistra. Insomma, non c`è niente di automatico in corso, ci vorranno un pensiero, una visione della storia d`Italia, e perfino un partito, proprio le cose che latitano e che non nascono senza lunga fatica e lavoro.

L`appuntamento è lontano. E veniamo al Pdl. Anzitutto, uno sguardo indietro alla storia d`Italia. Non si sta ricostituendo la Dc, partito di centro che guarda a sinistra, e nemmeno (non varrebbe la pena dirlo, ma meglio esser precisi: Eugenio Scalfari non parla, da tempo, di puzza di fascismo?) assistiamo a una riedizione in chiave XXI secolo del partito fascista. E piuttosto l`idea di un partito che emerge dalla storia del pre-fascismo, e che allora fu sommerso dal trasformismo.

E il partito dei moderati italiani quello che si va formando, con una forza che non ha precedenti nella nostra storia politica e che potrebbe non aver bisogno di diventare il nucleo di un nuovo trasformismo, che sarebbe la sua tomba. E il partito della borghesia italiana, e questa espressione oggi ha rotto i suoi vecchi confini e in essi può entrare anche una parte del "popolo". Ma sono i moderati a tenere il filo nelle mani, e moderatismo non coincide né con conservatorismo né con radicalismo.

La ragione della sua formazione è dunque profonda, non congiunturale, risponde a una domanda inevasa da anni lunghissimi e, se riuscirà, contribuirà a un cambiamento di lungo respiro del sistema italiano. Essa potrà dare perfino alla sinistra dei motivi in più per ricostituire un proprio tessuto ideale, secondo un elementare principio dialettico che mi spinge a prevedere che la formazione del Pdl sarà ragione di rafforzamento pure per il Pd. La cosa, insomma, va presa molto sul serio, e tutti quelli che hanno a cuore l`Italia dovrebbero auspicarne il successo, perché potrebbe esser la premessa per una normalizzazione in forma inedita della dialettica politica, e Dio sa il Paese ne ha bisogno.


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