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GESU’, GIUSEPPE, SACRA FAMIGLIA?! RESTITUIRE L’ANELLO DEL PESCATORE A GIUSEPPE... E ANNUNCIARE LA BUONA NOTIZIA!!!

PER LA CHIESA CATTOLICA, SAN GIUSEPPE E’ ANCORA UN "GOJ", UNO STRANIERO. La ’buona’ novella di Luigi Pirandello - a cura di Federico La Sala

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" E FA IL SANTO "PADRINO".... CON "MAMMASANTISSIMA".
lunedì 19 marzo 2012
"Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in quello zigote stava il Verbo di Dio"(dichiarazione del Cardinale Dario Castrillon Hoyos alla XV conferenza internazionale del Pontificio consiglio, la Repubblica del 17 novembre 2000, p. 35)
AL DI LA’ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO: "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono (...)

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> PER LA CHIESA CATTOLICA, SAN GIUSEPPE E’ ANCORA UN "GOJ", UNO STRANIERO. --- Galeotto fu il Natale e chi lo scrisse. Non è epurando i vocabolari che si migliorano le cose, caso mai è integrandoli.

venerdì 10 dicembre 2021

IL BLOG

Galeotto fu il Natale e chi lo scrisse

Non è epurando i vocabolari che si migliorano le cose, caso mai è integrandoli

di Paolo Borzacchiello (HuffingtonPost, 03/12/2021)

Giorni di fuoco, questi che precedono il Natale: la Commissione Europea, ispirata all’idea virtuosa di promuovere l’utilizzo di un linguaggio che eviti discriminazioni di qualsiasi sorta, in un documento ufficiale invita a evitare l’utilizzo di alcune frasi e parole, fra le quali, per l’appunto, “Natale”.

Apriti cielo: bufere a destra e a manca (soprattutto a destra, in effetti) e Commissione che fa un passo indietro, dicendo che “gli esempi potevano essere migliori”. Il che è un pacato eufemismo. La commissione, per esempio, sconsiglia di utilizzare nomi che possano in qualche modo rimandare a tradizioni religiose tipiche: la frase ‘Maria e John sono una coppia internazionale’ andrebbe sostituita ‘Malika e Giulio sono una coppia internazionale’.

Nessuna indicazione, invece, su nomi come Muhammad: a quanto pare, solo chi si chiama Maria dovrebbe cambiare il proprio nome, per non offendere nessuno. E se state pensando ai vostri parenti anziani che a Natale potrebbero sentirsi soli, rischiate di essere in errore: secondo il documento, ora ritirato, non li potete chiamare “anziani” (più maturi, semmai) e non potete dire nemmeno Natale (giorno di festa, semmai).

Ovviamente, quindi, bufera, soprattutto da destra. Del resto, confesso (confesso si può dire?), se io mi chiamassi Maria e leggessi una circolare del genere, qualche pensiero poco natalizio verrebbe probabilmente pure a me e, anzi, aspetto con trepidazione il giorno in cui mi diranno che, visto che mi chiamo Paolo, come il celebre fondatore della Chiesa Cattolica, sarebbe meglio se mi chiamassi Astolfo, nome che non dovrebbe offendere nessuno.

Ora, facciamo finta per un attimo che chi scrive questi documenti sia realmente animato dalle migliori intenzioni e non scriva cose a caso, acciecato da un sacro fervore (ho scritto “sacro”, che i laici mi perdonino se li ho offesi): se così fosse, prima di metter mano alla penna, dovrebbe leggersi almeno un paio di libri che parlano di linguistica cognitiva, partendo da quel Lakoff tanto amato dai democratici americani che con un lapalissiano “evocare un frame lo rinforza, negare un frame lo rinforza” ci spiega tutto quel che c’è da sapere al riguardo.

Ovvero: posizionarsi contro un determinato concetto ne rinforza la pregnanza. Ogni volta che vi schierate “contro” qualcosa, cioè, ne rinforzate l’esistenza. Nel caso di specie, dire che si dovrebbe evitare di usare la parola “Natale” porta inevitabilmente e prevedibilmente a una serie di reazioni ostili, che spaziano dal salviniano “Viva il Natale” al meloniano “la nostra identità non si tocca” fino al diffuso “e allora proibiamo di usare Ramadan e offendiamoci se a Istanbul costringono le donne a mettere il velo prima di entrare in una moschea”.

Non è epurando i vocabolari che si migliorano le cose, casomai è integrandoli. Proibire parole come “marito” e “moglie” non è inclusivo, perché esclude chi “marito” o “moglie” lo è e ci si sente. Entriamo in un campo pericoloso e, infatti, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: battaglie per utilizzare il maschile e il femminile, battaglie per non usarli, battaglie per qualsiasi parola.
-  La lingua si evolve, e deve farlo, per rispondere alle mutate esigenze della società nel suo complesso e per soddisfare le legittime istanze da chi si sente in qualche modo escluso: anzi, cambiare modo di parlare determina nel cervello un cambiamento di percezione e ne plasma il funzionamento e questo è un gran bene, se sappiamo come funzionano le cose. Se, appunto, sappiamo come funzionano le cose, altrimenti non si fa altro che alimentare chi strumentalizza le parole per farne una battaglia politica o raccattare qualche voto in più.

La commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli, supervisor delle indicazioni per la comunicazione esterna e interna dell’Ue, ha dunque fatto un pasticcio, e di quelli grossi. Quando dice che il testo pubblicato “non è un documento maturo e non va incontro ai nostri standard qualitativi. Quindi lo ritiro e lavoreremo ancora su questo documento”, dichiara di aver approvato un testo di basso standard e di non aver dedicato abbastanza tempo a riflettere sulla portata di quel che ha pubblicato, il che mi porta a pensare a quale competenza abbia una persona che faccia una dichiarazione del genere.

“Ognuno in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale” senza riferimenti di “genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale”, dice ancora Dalli. E sono parole da sposare in pieno, ma che almeno chi le scrive si legga qualcosa al riguardo. Parlare di “Natale”, infatti, in nessun modo implica “trattare qualcuno in maniera diversa”. Trattare qualcuno in maniera diversa a causa delle sue credenze religiose significherebbe, ad esempio, costringerlo ad andare a Messa, o a festeggiare qualcosa in cui non crede. Non è così e se così fosse saremmo tutti in piazza per evitare il perpetrarsi di questa ingiustizia.

La questione, qui, è che stiamo percorrendo un momento in cui, applicando all’estremo i ragionamenti della Commissione, chiunque si potrebbe offendere per qualsiasi cosa e arriveremo a un punto in cui la neolingua di Orwell non sarà più fantascienza, e allora dovremo metterci le mani nei capelli. Anzi no, che magari i calvi poi si offendono.


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