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ITALIA. LA CLASSE DIRIGENTE (INCLUSI I GRANDI INTELLETTUALI) CEDE (1994) IL "NOME" DEL PAESE AL PARTITO, ALL’ AZIENDA DI UN PRIVATO ... E COSI’ , OGGI (2009), NASCE LA "FATTORIA" DEL "POPOLO DELLA LIBERTA’" ...

NOTTE CULTURALE E CRISI COSTITUZIONALE. BIAGIO DE GIOVANNI, CITTADINO DI SINISTRA E FILOSOFO PERSO NELLA FORESTA, CERCA DI RICORDARE DOVE ABITAVA E COSA SIGNIFICAVA "ITALIA"!!! Una sua riflessione

giovedì 26 marzo 2009 di Federico La Sala
[...] Il viandante ... il cittadino italiano di sinistra (...) ha perduto il senso delle cose, vede oggetti che non sa nominare, si esprime per gesti o parole in disuso, incomprensibili agli altri, nomi senza corrispondenza nella realtà, e nomina le cose, e quelle, non sapendo più di chiamarsi così, non rispondono, e rimangono "cose", immobili, indifferenti. Se potessero, ma sono cose, si girerebbero dall’altra parte.
Poi, se all’improvviso avviene quel miracolo, e qualcosa o qualcuno (...)

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> NOTTE CULTURALE E CRISI COSTITUZIONALE. ---- Scontro Fini-Berlusconi: «Il Parlamento non può essere irriso».

giovedì 26 marzo 2009

Scontro Fini-Berlusconi: «Il Parlamento non può essere irriso» *

I deputati? Sono lì a “fare numero” e votano emendamenti di cui “non sanno nulla”: “Non si irrida il Parlamento, un’istituzione essenziale in ogni democrazia”: è uno scontro a muso duro quello tra Berlusconi, sempre più insofferente verso la dialettica democratica, e Gianfranco Fini, nella veste di presidente della Camera. Il tema è lo snellimento delle procedure legislative, ma sul piatto c’è ben altro: c’è l’attacco di Berlusconi ad un Parlamento vissuto come un peso e un impaccio, c’è il suo desiderio di avere mani libere su ogni tema, ma c’è anche la questione dell’egemonia all’interno del neonato Pdl, o meglio la volontà finiana di non apparire totalmente subalterno davanti allo strapotere berlusconiano.

La cronaca dello scontro parte dalla tarda mattinata, quando il premier, dopo l’inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra, si intrattiene coi giornalisti, parlando di tutti gli argomenti all’ordine del giorno, con qualche escursione su territori scivolosi. Così, tra una battuta e l’altra, tra una gaffe e l’altra (”Io sono più pallido” di Obama “anche perché è tanto che non vado al sole”) prima torna maldestramente sul tema dei cassintegrati («Io non starei lì, avendo la cassa integrazione a non far niente, cercherei di trovarmi un’altra possibilità diversa, magari qualcosa nel commerciale, oppure di fare comunque qualcosa anch’io»), infine parte all’assalto del Parlamento. Si parla di abbreviare l’iter legislativo e il premier commenta: «Ci sono troppe procedure, bisogna ammodernare lo Stato, per questo siamo indietro su tutto, anche in Parlamento. Adesso sei lì con due dita (e mima il gesto della votazione, ndr) ad approvare tutto il giorno emendamenti di cui non si conosce nulla. Quando ho fatto il paradosso del capogruppo che vota per tutti era per dire che gli altri sono veramente lì non per partecipare ma per fare numero».

La parole del premier non sfuggono alle agenzie stampa, e in un batter d’occhio arrivano dappertutto, anche a Montecitorio. Fini replica dopo pochi minuti. Glaciale: “La democrazia parlamentare ha procedure e regole precise che devono essere rispettate da tutti, in primis dal capo del governo. Si possono certo cambiare, ma non irridere”.

“Non è vero che i deputati sono qui a fare numero”, continua il presidente della Camera, e bisogna stare attenti a non “alimentare un qualunquismo e senso di sfiducia nelle istituzioni di cui credo che nessuno oggi in Italia ravvisi la necessità”. “Lo dirò con chiarezza al presidente del Consiglio - conclude Fini - prendendo spunto anche da questo pre-dibattito che c’è stato adesso in aula”.

Ad aprire il dibattito in aula sulle frasi del presidente del Consiglio era stato il capogruppo del Pd, Antonello Soro, secondo il quale ci troviamo davanti a “pulsioni autoritarie del premier mai del tutto mascherate, contro le quali è necessario che il Parlamento tutto reagisca”. Il centrodestra reagisce accusando l’opposizione di “polemica pretestuosa” (Cicchitto”) e attribuendo a Berlusconi solo un “eccesso verbale” (Bocchino). Ma è una sterile difesa d’ufficio, sono parole scontate che non riescono a nascondere imbarazzo e difficoltà, sensazioni che si toccano anche in Senato. Qui, Anna Finocchiaro chiede che le istituzioni siano rispettate. Nessuno le dà torto.

* l’Unità, 26 marzo 2009


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