Corriere della Sera, 08.04.2009
La ricerca Bari e Pisa: i sistemi efficaci esistono, mancano i soldi per perfezionarli
Gli atenei «credono» nel radon: previsioni possibili
MILANO - Ventitrè gennaio 1985: per la prima (e unica) volta in Italia scatta l’allarme terremoto. L’Istituto nazionale di geofisica prevede una «scossa pericolosa ». E il ministro della Protezione civile Giuseppe Zamberletti, oggi presidente della Commissione grandi rischi e sostenitore dell’impossibilità di prevedere i terremoti, ordina lo stato d’allerta per dieci comuni della Garfagnana: scuole chiuse per due giorni, case vecchie o in cattivo stato evacuate.
Centomila persone abbandonarono le proprie abitazioni, ma il terremoto non arrivò. Allora la previsione di un sisma distruttivo fu formulata, dopo una scossa premonitrice, sulla base di un’analisi storico-statistica. Oggi, tra gli indicatori sismici, c’è anche il radon. Giampaolo Giuliani non è solo. Sono diversi i ricercatori che studiano questo gas: l’università di Bari ha messo a punto un sistema di 25 centraline fermo per mancanza di fondi; quella di Pisa ha elaborato un progetto per il monitoraggio nelle acque sotterranee della Garfagnana e della Lunigiana allo studio degli enti locali. Ricerche sono in corso anche all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Pier Francesco Biagi è docente di Fisica all’Università di Bari. Studia il radon e i disturbi sui segnali radio. «I sistemi per prevedere un terremoto già esistono - dice -, è che mancano i soldi per perfezionarli. A differenza dei miei colleghi sono convinto che non è impossibile prevedere un sisma, ci riusciremo. Fu proprio Boschi, oggi nemico dei precursori, a fare la previsione del 1985». E spiega: «Nel 2005 abbiamo presentato un progetto alla Regione per l’installazione di 25 centraline per il rilevamento di radon e stazioni radio a bassa frequenza (alcune anche nel Gran Sasso). Per un punto siamo stati esclusi dalla graduatoria e le prime centraline sono state disattivate».
All’università di Pisa si studia invece il radon nelle acque sotterranee della Garfagnana e della Lunigiana. Il team di Giorgio Curzio, docente di Misure nucleari, ha elaborato uno studio di fattibilità per il monitoraggio del radon: stazioni prototipo che ogni sei ore dovrebbero trasmettere al dipartimento e alla Protezione civile i livelli.
Tra i ricercatori che studiano il radon c’è anche Calvino Gasparini, dell’Istituto nazionale di geofisica. Nel 1985 fu uno degli esperti a formulare la previsione della Garfagnana. Oggi è direttore del Museo geofisico di Rocca di Papa dove da quattro anni una centralina misura il radon. «Sappiamo che questo gas è un precursore dello stress sismico, ma per ora non ci dice il ’dove’ e il ’quando’ avverrà un terremoto». Più attendibile l’analisi storico-statistica: «Sulla base della quale scattò l’allerta del 1985. Nel caso di Giuliani non esistevano parametri consolidati, ma un censimento a setaccio grande degli edifici più vecchi e una maggiore informazione, forse...».
Nel 1985 la «scossa pericolosa» non arrivò. E l’ex ministro Zamberletti finì sotto inchiesta per procurato allarme. Forse per questo da allora ha sempre chiamato i centomila sfollati «un test». E oggi ribadisce: «I terremoti non sono prevedibili ». Ma poi spiega: «Allora il radon non c’entrava, lì ci trovavamo davanti a dati statistici particolari. Davanti a una previsione della comunità scientifica come quella di 24 anni fa, proprio Boschi e Barberi mi avvertirono del rischio, farei la stessa cosa: ordinerei lo stato d’allerta».