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PER L’ABRUZZO. I SOLDI DEL REFERENDUM, SUBITO PER I TERREMOTATI...

I 460 milioni del referendum vadano ai terremotati. Appello al governo - L’Unità rilancia con forza questo appello

All’iniziativa aderisce anche il comitato promotore del referendum di Giovanni Guzzetta e Mario Segni.
mercoledì 8 aprile 2009 di Federico La Sala
[...] in queste ore nessuno ha voglia dei tatticismi politici di fronte alle immagini e alle storie drammatiche che arrivano dall’Abruzzo. Quello che si chiede allo Stato è una risposta concreta. Quei 460 milioni possono essere un primo, importante, passo.
FIRMA L’APPELLO [...]

Appello al governo, i 460 milioni del referendum vadano ai terremotati
FIRMA L’APPELLO
Il tam tam sta crescendo sempre di più. La domanda è semplice e le (...)

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> I 460 milioni del referendum vadano ai terremotati. --- Election day, il premier apre sul referendum. Il Pd: aspettiamo i fatti. Gelo della Lega.

venerdì 10 aprile 2009


-  Ma Palazzo Chigi studia l’abbinamento coi ballottaggi del 21 giugno
-  Franceschini: non unificare le date equivale a imporre una "Bossi tax" di 400 milioni

-  Election day, il premier apre sul referendum
-  Il Pd: aspettiamo i fatti. Gelo della Lega

di CARMELO LOPAPA *

ROMA - Si apre un varco per l’accorpamento del referendum elettorale - quello che spianerebbe la strada al bipartitismo - con le elezioni di giugno. Il premier Berlusconi, a sorpresa, dopo la riunione di governo e il vertice "riparatore" con la Lega, si dice disposto a una "riflessione" nel prossimo consiglio dei ministri sulla richiesta insistente che proviene dal Partito democratico ("Si risparmierebbero 400 milioni di euro") e dal comitato referendario di Segni e Guzzetta.

La Lega è pronta ad alzare le barricate di fronte allo spettro della consultazione che d’un colpo rischia di cancellarla dal sistema politico, assieme agli altri partiti che non siano i due principali. Ma se dopo l’annuncio del capo del governo in conferenza stampa non è partito il fuoco di fila del Carroccio è perché sembra che, neanche tanto sotto traccia, Berlusconi abbia garantito a Bossi, Maroni e Calderoli che se accorpamento ci sarà, ebbene, non sarà con le Europee e il primo turno delle amministrative del 7 giugno, ma con la tornata del 21, col ballottaggio per sindaci e Province. Ipotesi ammessa pubblicamente un mese fa anche dal ministro Maroni. Non a caso. Perché in questa seconda opzione le probabilità di raggiungere il fatidico quorum sarebbero molto, ma molto ridotte.

Ad ogni modo, l’apertura del premier ha sparigliato. "Il referendum è una cosa di cui parleremo al prossimo Consiglio dei ministri - risponde a chi in conferenza stampa gli chiede se non sia il caso di risparmiare quei soldi per destinarli all’emergenza Abruzzo - Penso che valga la pena fare un’ulteriore riflessione perché le argomentazioni che sono state esposte sono degne di approfondimento". Il segretario Pd, Dario Franceschini, resta cauto. "Sono settimane che chiediamo l’election day, che spieghiamo come sia assurdo buttare dalla finestra più di 400 milioni, ancora più assurdo - insiste - in piena emergenza terremoto. Ma vorremmo capire se si tratta solo di parole o fatti concreti". Il no del governo per il Pd equivarrebbe a una "Bossi tax imposta agli italiani". Ed è proprio questo tormentone che Berlusconi intende disinnescare con un accoglimento parziale della richiesta. I referendari invece sono soddisfatti. "Parole sagge dal premier, i nostri appelli non sono stati vani" commenta Giovanni Guzzetta, estensore dei quesiti.

Ma è chiaro che i problemi il referendum li crea in seno alla maggioranza. L’area An del Pdl, che ha raccolto le firme per la consultazione, plaude al premier. Per il ministro La Russa "Berlusconi ha fatto bene, perché quando si parla di possibili vantaggi per chi è in difficoltà non bisogna scartare nulla". I leghisti restano sul chi vive. Bossi fiducioso, con il Cavaliere "una soluzione si trova sempre". E poi, butta acqua sul fuoco il vicecapogruppo Luciano Dussin, "la legge elettorale non importa, contano i voti e noi ce li abbiamo". Quel che è certo è che il premier ha voluto tenere il punto. Quasi un avvertimento alla Lega, il secondo dopo quello sul ddl sicurezza. Anche perché, avverte il berlusconiano Osvaldo Napoli, "la Lega non può pensare di dettare le condizioni su tutte le questioni. È un alleato importante, ma le carte le distribuisce il premier. I nodi vanno sciolti insieme altrimenti tutti insieme si aggrovigliano".

* la Repubblica, 10 aprile 2009


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