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MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. Ai francescani - e alle clarisse, un omaggio. Per il Capitolo internazionale delle Stuoie ...

FRANCESCO E CHIARA A SANTA MARIA DEGLI ANGELI, UN FUOCO GRANDE.

Come santa Chiara mangiò con santo Francesco e co’ suoi compagni frati in Santa Maria degli Agnoli.
lunedì 20 aprile 2009 di Federico La Sala
[...] gli uomini da Sciesi e da Bettona e que’ della contrada dintorno, vedeano che Santa Maria degli Agnoli e tutto il luogo e la selva ch’era allora allato al luogo, ardeano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e ’l luogo e la selva insieme.
Per la qual cosa gli Ascesani con gran fretta corsono laggiù per ispegnere il fuoco, credendo veramente ch’ogni cosa ardesse. Ma giugnendo al luogo e non trovando ardere nulla, entrarono dentro e trovarono santo (...)

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> FRANCESCO E CHIARA A SANTA MARIA DEGLI ANGELI, UN FUOCO GRANDE. ---- San Francesco - e il ’68. Un inedito: la trascrizione di una lezione di Ezio Franceschini

giovedì 30 settembre 2010


-  l’inedito

-  Il santo d’Assisi fu rivoluzionario, anzitutto perché cambiò la vita religiosa; creò infatti il primo «istituto secolare», solo di laici.

-  Ma i tempi non erano maturi e la Chiesa lo trasformò in Ordine
-  Una lettura di Ezio Franceschini

San Francesco che contestatore

«Il Poverello contesta tutto: il padre, che disconosce; la società, che abbandona; gli istituti religiosi, che rispetta ma in cui non vuole entrare»

DI EZIO FRANCESCHINI (Avvenire, 30.09.2010)

Vediamolo, san Francesco, come contestatore. Badate che questo non faccio per una condiscendenza ai tempi. Negli ultimi anni anche le maggiori riviste francescane, abbandonato il tradizionalismo, si sono accorte che san Francesco era un contestatore, e i maggiori studiosi di san Francesco han cominciato a vederlo da questo punto di vista. Anzitutto fu un rivoluzionario, perché cambiò totalmente la vita religiosa, quale da secoli si intendeva, ed era. In realtà san Francesco voleva fondare, e fondò, un primo «istituto secolare».

All’inizio i suoi compagni primi erano laici; frate Leone, che fu l’unico sacerdote (ed era nello stesso tempo confessore e medico di san Francesco) venne più tardi. Ma l’intenzione di Francesco era veramente quella di fondare - diremmo oggi - un Istituto secolare. Il VII capitolo della Prima regola di san Francesco descrive alla lettera l’intenzione di san Francesco, e la conclusione non è che questa: raccogliere intorno a sé dei laici, laico egli stesso. Che cosa avvenne dopo?

Avvenne che i tempi non erano maturi - ci vorranno altri sette secoli prima che appaiano gli Istituti secolari - e allora la Chiesa, sapientemente, prese questa istituzione e la trasformò in un Ordine religioso; in un periodo di secca come quello in cui si trovava, essa, avendo bisogno di santi religiosi e di santi sacerdoti, come nei tempi antichi aveva trasformato il monachesimo - che era un fenomeno laico - in un fatto religioso, così trasformò questo istituto secolare fondato da san Francesco in un Ordine religioso: naturalmente con idee completamente diverse da quelle correnti, che erano quelle agostiniane e benedettine.

Che cosa contesta Francesco? Contesta tutto. Tutto, nulla escluso. Contesta la famiglia, che abbandona. Contesta il padre, che disconosce (e la storia ci dice che non ci fu più nessun rapporto fra padre naturale e figlio). Contesta la società, che lascia completamente. Contesta gli Ordini religiosi tradizionali, che rispetta, ma nei quali non vuole entrare («Non parlatemi di Agostino, di Benedetto», eccetera: qui sono nominati i due Ordini principali di monaci che esistevano ai suoi tempi fino dall’Alto Medioevo).

Allora cos’è che riconosce quest’uomo? Riconosce solo il sacerdote. Anche quando è cattivo, anche quando è perverso, anche quando è simoniaco, anche quando è macchiato di qualunque macchia... Perché? Perché egli solo distribuisce i sacramenti del Signore e in modo particolare l’Eucaristia. E nella violenta lotta che allora il laicato fedele - fedele! - faceva contro i preti simoniaci, Francesco è dalla parte dei preti. Riconosce i vescovi, che rispetta; il «signor Papa», a cui si inchina. E riconosce soprattutto Dio. Dio.

Si dà tutto a Dio. Tutto! Persona, tempo, azioni, pensiero. E qui è la differenza con gli altri uomini; anche con gli altri santi. Tutto, senza riservare niente a se stesso. Niente piani umani. Niente.

Deus meus et omnia: «Dio mio e mio tutto». Nei rapporti con i fratelli, vede solo Dio. Solo, solo Dio. Ora nessun altro santo ha fatto così. Gli altri santi hanno avuto più o meno pensieri umani, sia pure per far progredire l’azione di Dio fra gli uomini; hanno avuto una professione...

La professione di Francesco è quella di amare Dio e di far amare Dio: nient’altro. Diventa così conforme a Gesù Cristo come nessun altro. In una cosa sola non riuscì a imitare Gesù Cristo: nella morte; Gesù fu ucciso dai sacerdoti fedeli all’antica legge, perché era il primo rivoluzionario e il primo contestatore, mentre san Francesco ebbe sorte più benigna, visse fino a 44 anni e morì - dopo aver ricevuto le stimmate, «l’ultimo sigillo» - consunto dall’amore di Dio. Ora dobbiamo intenderci: leggendo la vita e le opere di lui, occorre tener presente ciò che è legato ai tempi, e quindi caduco, e ciò che è perenne. Bisogna trarre da san Francesco, cioè, tutto ciò ch’è utile a uomini del Duemila, uomini spaziali e dell’era atomica. Ciò che è utile, dobbiamo dirlo, è moltissimo.

Badate che di tanti santi si ricorda solo il nome, oggi. Dico anche santi importanti: san Benedetto Labre, san Vincenzo de’ Paoli, san Francesco da Paola, eccetera. Passiamo pure in rassegna il calendario dei santi: il novanta per cento ci sono ignoti. Perché? Perché hanno detto una parola per il loro tempo; la storia va avanti, continua, come una fiumana, e ogni periodo ha i suoi santi.

Hanno trasmesso agli uomini una parola del Vangelo, hanno trascinato all’amore di Dio gli uomini e le donne del loro tempo: del loro tempo. Passato questo, la loro funzione cessa. Francesco finora no. Finora no. Anche in lui, beninteso, una parte è legata al tempo, e questa cade; ma la parte maggiore resta.


IL PERSONAGGIO

Il rettore del Sessantotto cattolico

Ezio Franceschini (1906-1983) può essere ricordato sotto tanti aspetti: illustre studioso di latino medievale (fu il primo titolare di cattedra in Italia); patriota partecipante alla Resistenza in una rete per l’espatrio dei profughi; rettore della Cattolica dal 1965 al 1968, proprio nel pieno della contestazione; cristiano a tutto tondo che diresse a lungo l’Istituto secolare voluto da padre Gemelli. Ora «Vita e Pensiero» ne rende disponibili in 4 volumi le carte, col titolo «Il dono di povere parole. Orientamenti di vita spirituale» (pp. 1500, euro 60): appunti, conferenze, lettere e documenti che illuminano la biografia del professore, ma anche un po’ di Novecento cattolico italiano. Proponiamo qui la trascrizione di una lezione sul diletto san Francesco.


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