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A FRANCESCO E CHIARA DI ASSISI. A DANTE E ALL’ ITALIA. "Deus charitas est: et qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo" (1 Gv., 4.1,21).

SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. Una nota di Federico La Sala

DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA
giovedì 28 febbraio 2013 di Federico La Sala
[...] Il grande discendente dei mercanti del Tempio si sarà ripetuto in cor suo e riscritto davanti ai suoi occhi il vecchio slogan: con questo ‘logo’ vincerai! Ha preso ‘carta e penna’ e, sul campo recintato della Parola, ha cancellato la vecchia ‘dicitura’ e ri-scritto la ‘nuova’: “Deus caritas est”
[Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006]!
Nell’anniversario del “Giorno della memoria”, il 27 gennaio, non poteva essere ‘lanciato’ nel ‘mondo’ un (...)

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> SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ---- Il Papa: la Scrittura può essere compresa soltanto nella Chiesa.

venerdì 24 aprile 2009

Ieri mattina Benedetto XVI ha ricevuto in u­dienza i membri della Pontificia Commis­sione Biblica.

Di seguito il testo del discor­so pronunciato dal Papa. (Avvenire, 24.04.2009)

-  Il Papa: la Scrittura può essere compresa soltanto nella Chiesa

-  Alla Pontificia Commissione Biblica: lo studio scientifico dei testi sacri non basta

-  Tre i criteri indicati dal Vaticano II per una retta interpretazione: attenzione al contenuto e all’unità di tutta la Sacra Scrittura, l’inserimento nel contesto della Tradizione vivente della Chiesa, e l’analogia della fede, ossia «la coesione delle singole verità tra di loro e con il piano complessivo della Rivelazione»

-  «L’interpretazione delle Scritture non può essere solo uno sforzo scientifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla Tradizione vivente della Chiesa. L’esegeta cattolico non nutre l’illusione individualista che, al di fuori della comunità dei credenti, si possano comprendere meglio i testi biblici»

Signor cardinale, cari membri della Pontificia Commissione Biblica, sono lieto di accogliervi ancora una volta al termine della vostra annuale Assemblea plenaria. Ringrazio il signor cardinale Wil­liam Levada per il suo indirizzo di saluto e per la concisa esposizione del tema che è stato oggetto di attenta riflessione nel cor­so della vostra riunione. Vi siete nuova­mente radunati per approfondire un argo­mento molto importante: l’ispirazione e la verità della Bibbia. Si tratta di un tema che riguarda non soltanto il credente, ma la stessa Chiesa, poiché la vita e la missione della Chiesa si fondano necessariamente sulla Parola di Dio, la quale è anima della teologia e, insieme, ispiratrice di tutta l’e­sistenza cristiana. Il tema che avete af­frontato risponde, inoltre, a una preoccu­pazione che mi sta particolarmente a cuo­re, poiché l’interpretazione della Sacra Scrittura è di importanza capitale per la fe­de cristiana e per la vita della Chiesa.

Come ella ha già ricordato, signor pre­sidente, nell’enciclica Providentissi­mus Deus papa Leone XIII offriva a­gli esegeti cattolici nuovi incoraggiamenti e nuove direttive in tema di ispirazione, ve­rità ed ermeneutica biblica. Più tardi Pio XII nella sua enciclica Divino afflante Spi­ritu raccoglieva e completava il preceden­te insegnamento, esortando gli esegeti cat­tolici a giungere a soluzioni in pieno ac­cordo con la dottrina della Chiesa, tenen­do debitamente conto dei positivi apporti delle scienze profane. Il vivo impulso dato da questi due Pontefici agli studi biblici ha trovato piena conferma nel Concilio Vati­cano II, cosicché tutta la Chiesa ne ha trat­to beneficio. In particolare, la Costituzione conciliare Dei Verbum illumina ancora og­gi l’opera degli esegeti cattolici e invita i pa­stori e i fedeli ad alimentarsi più assidua­mente alla mensa della Parola di Dio.

Il Concilio ricorda, al riguardo, innanzitutto che Dio è l’Autore della Sacra Scrittura: «Le cose divinamente rivelate che nei libri del­la Sacra Scrittura sono contenute e pre­sentate, furono consegnate sotto l’ispira­zione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le lo­ro parti, perché, scritti sotto ispirazione del­lo Spirito Santo, hanno Dio per autore e co- D me tali sono stati consegnati alla Chiesa» ( Dei Verbum, 11). Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asserisco­no è da ritenersi asserito dallo Spirito San­to, invisibile e trascendente Autore, si de­ve dichiarare, per conseguenza, che «i libri della Scrittura insegnano fermamente, fe­delmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse conse­gnata nelle sacre Lettere» ( ibid., 11).

Dalla corretta impostazione del con­cetto di divina ispirazione e verità della Sacra Scrittura derivano alcu­ne norme che riguardano direttamente la sua interpretazione. La stessa Costituzione Dei Verbum, dopo aver affermato che Dio è l’autore della Bibbia, ci ricorda che nella Sacra Scrittura Dio parla all’uomo alla ma­niera umana. Per una retta interpretazio­ne della Scrittura bisogna dunque ricerca­re con attenzione che cosa gli agiografi han­no veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare con le loro pa­role. «Le parole di Dio infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al lin­guaggio degli uomini, come già il Verbo del­l’eterno Padre, avendo assunto le debolez­ze dell’umana natura, si fece simile agli uo­mini » ( Dei Verbum, 13).

Queste indicazio­ni, offerte per una corretta interpretazione di carattere storico-letterario, richiedono un indispensabile collegamento con le pre­messe della dottrina sull’ispirazione e ve­rità della Sacra Scrittura. Infatti, essendo la Sacra Scrittura ispirata, c’è un sommo prin­cipio di retta interpretazione senza il qua­le gli scritti sacri resterebbero lettera mor­ta: la Sacra Scrittura deve «essere letta e in­terpretata con l’aiuto dello stes­so Spirito mediante il quale è sta­ta scritta» ( Dei Verbum, 12).

Al riguardo, il Concilio Va­ticano II indica tre criteri sempre validi per una in­terpretazione della Sacra Scrittu­ra conforme allo Spirito che l’ha ispirata. Anzitutto occorre pre­stare grande attenzione al conte­nuto e all’unità di tutta la Scrit­tura. Infatti, per quanto siano dif­ferenti i libri che la compongo­no, la Sacra Scrittura è una in forza dell’u­nità del disegno di Dio, del quale Cristo Ge­sù è il centro e il cuore (cfr Lc 24,25-27; Lc 24,44-46). In secondo luogo occorre legge­re la Scrittura nel contesto della Tradizio­ne vivente di tutta la Chiesa. Secondo un detto dei Padri « Sacra Scriptura principa­lius est in corde Ecclesiae quam in mate­rialibus instrumentis scripta » ossia «la Sa­cra Scrittura è scritta nel cuore della Chie­sa prima che su strumenti materiali». Infatti la Chiesa porta nella sua Tradizione la me­moria viva della Parola di Dio ed è lo Spiri­to Santo che le dona l’interpretazione di essa secondo il senso spirituale (cfr Orige­ne, Homiliae in Leviticum, 5,5). Come ter­zo criterio è necessario prestare attenzio­ne all’analogia della fede, ossia alla coe­sione delle singole verità di fede tra di loro e con il piano complessivo della Rivelazio­ne e la pienezza della divina economia in esso racchiusa.

Il compito dei ricercatori che studiano con diversi metodi la Sacra Scrittura è quello di contribuire secondo i suddet­ti principi alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittu­ra. Lo studio scientifico dei testi sacri non è da solo sufficiente. Per rispettare la coe­renza della fede della Chiesa l’esegeta cat­tolico deve essere attento a percepire la Pa­rola di Dio in questi testi, all’interno della stessa fede della Chiesa. In mancanza di questo imprescindibile punto di riferi­mento la ricerca esegetica resta incomple­ta, perdendo di vista la sua finalità princi­pale, con il pericolo di diventare addirittu­ra una sorta di mero esercizio intellettua­le.

L’interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scien­tifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla Tra­dizione vivente della Chiesa. Questa nor­ma è decisiva per precisare il corretto e re­ciproco rapporto tra l’esegesi e il Magiste­ro della Chiesa. L’esegeta cattolico non nu­tre l’illusione individualista che, al di fuori della comunità dei credenti, si possano comprendere meglio i testi biblici. È vero invece il contrario, poiché questi testi non sono stati dati ai singoli ricercatori « per soddisfare la loro curiosità o per fornire lo­ro degli argomenti di studio e di ricerca» ( Divino afflante Spiritu, EB 566). I testi i­spirati da Dio sono stati affidati alla comu­nità dei credenti, alla Chiesa di Cristo, per alimentare la fede e guidare la vita di carità. Il rispetto di questa finalità condiziona la validità e l’efficacia dell’ermeneutica bi­blica. L’enciclica Providentissimus Deus ha ricordato questa verità fondamentale e ha osservato che, lungi dall’ostacolare la ri­cerca biblica, il rispetto di questo dato ne favorisce l’autentico progresso.

Essere fedeli alla Chiesa significa, in­fatti, collocarsi nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero, ha riconosciuto gli scritti ca­nonici come parola rivolta da Dio al suo popolo e non ha mai cessato di meditarli e di scoprirne le inesauribili ricchezze. Il Concilio Vaticano II lo ha ribadito con gran­de chiarezza: «Tutto quello che concerne il modo di interpretare la Scrittura è sotto­posto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino manda­to e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio» ( Dei Verbum, 12).

Come ci ricorda la summenzionata Costituzione dogmatica esiste una inscindibile unità tra Sacra Scrittura e Tradizione, poiché en­trambe provengono da una stessa fonte: «La sacra Tradizione e la Sacra Scrittura so­no strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dal­la stessa divina sorgente, formano, in un certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la Sacra Scrittura è parola di Dio in quanto è messa per iscrit­to sotto l’ispirazione dello Spirito Santo; in­vece la sacra Tradizione trasmette inte­gralmente la parola di Dio, affidata da Cri­sto Signore e dallo Spirito Santo agli apo­stoli, ai loro successori, affinché questi, il­luminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano. In questo mo­do la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose ri­velate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l’una e l’al­tra devono esser accettate e venerate con pari sentimen­to di pietà e di riverenza » ( Dei Verbum, 9). Soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura di essere compresa come autentica Parola di Dio che si fa guida, norma e regola per la vita della Chiesa e la crescita spirituale dei cre­denti. Ciò comporta il rifiuto di ogni in­terpretazione soggettiva o semplicemen­te limitata a una sola analisi, incapace di accogliere in sé il senso globale che nel corso dei secoli ha guidato la Tradizione dell’intero popolo di Dio.

Cari membri della Pontificia Com­missione Biblica, desidero conclu­dere il mio intervento formulando a tutti voi i miei personali ringraziamenti e incoraggiamenti. Vi ringrazio cordialmen­te per l’impegnativo lavoro che compite al servizio della Parola di Dio e della Chiesa mediante la ricerca, l’insegnamento e la pubblicazione dei vostri studi. A ciò ag­giungo i miei incoraggiamenti per il cam­mino che resta ancora da percorrere. In un mondo dove la ricerca scientifica assume una sempre maggiore importanza in nu­merosi campi è indispensabile che la scien­za esegetica si situi a un livello adeguato. È uno degli aspetti dell’inculturazione della fede che fa parte della missione della Chie­sa, in sintonia con l’accoglienza del miste­ro dell’Incarnazione. Cari fratelli, il Signo­re Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato e di­vino Maestro che ha aperto lo spirito dei suoi discepoli all’intelligenza delle Scrit­ture (cfr Lc 24,45), vi guidi e vi sostenga nelle vostre riflessioni. La Vergine Maria, modello di docilità e di obbedienza alla Parola di Dio, vi insegni ad accogliere sempre meglio la ricchezza inesauribile della Sacra Scrittura, non soltanto attra­verso la ricerca intellettuale, ma anche nella vostra vita di credenti, affinché il vo­stro lavoro e la vostra azione possano con­tribuire a fare sempre più risplendere da­vanti ai fedeli la luce della Sacra Scrittu­ra. Nell’assicurarvi il sostegno della mia preghiera nella vostra fatica, vi imparto di cuore, quale pegno dei divini favori, l’a­postolica benedizione.

Benedetto XVI


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