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A FRANCESCO E CHIARA DI ASSISI. A DANTE E ALL’ ITALIA. "Deus charitas est: et qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo" (1 Gv., 4.1,21).

SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. Una nota di Federico La Sala

DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA
giovedì 28 febbraio 2013 di Federico La Sala
[...] Il grande discendente dei mercanti del Tempio si sarà ripetuto in cor suo e riscritto davanti ai suoi occhi il vecchio slogan: con questo ‘logo’ vincerai! Ha preso ‘carta e penna’ e, sul campo recintato della Parola, ha cancellato la vecchia ‘dicitura’ e ri-scritto la ‘nuova’: “Deus caritas est”
[Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006]!
Nell’anniversario del “Giorno della memoria”, il 27 gennaio, non poteva essere ‘lanciato’ nel ‘mondo’ un (...)

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> SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA ---- COME SI ELEGGE UN PAPA. Le consolazioni «celesti» del politologo (di Michele Prospero)

martedì 28 febbraio 2012

Le consolazioni «celesti» del politologo

di Michele Prospero (l’Unità, 28 febbraio 2012)

Sull’inserto domenicale del Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia, turbato per gli aspri scontri di potere che si odono nei paraggi delle segrete stanze del Vaticano, suggerisce di mutare il sistema elettorale della Chiesa.

Il tema di come si elegge il Papa non è nuovo. Appassionò anche Marsilio da Padova. Quando nel 1343 il Papa Clemente VI annunciò la sopraggiunta morte del grande padovano, con un punto di malizia affermò «osiamo dire di non avere mai conosciuto un eretico peggiore di lui». Ma non è sulla strada della democratizzazione tracciata da Marsilio che Galli della Loggia intende muoversi nel suo disegno riformatore. Egli schiva le insidie dell’eresia (disprezza i «duecento anni di secolarizzazione» che hanno privato la Chiesa del diritto ad avere ragione a prescindere) ma sfida anche la sobria logica della non contraddizione.

Sostiene che il carisma non sopporta la democrazia, ma poi invoca l’ampliamento del corpo elettorale chiamato ad eleggere il Pontefice fino a comprendere 6 mila vescovi. Sostiene anche che il dibattito pubblico è del tutto sconveniente per i pastori del sacro, ma poi dichiara che il compito prioritario di una grande riforma istituzionale è proprio quello di garantire alcune sedi stabili in cui i contrasti dottrinali possano svolgersi senza spargimenti (metaforici) di sangue.

Lamenta una grave eclisse del sacro, a causa di un perfido «mondo anglosassone» ostile alla tradizione che impone il chiacchiericcio dei media ma per liberare il mistico dai media anche lo storico si avvale dei media, naturalmente. Galli della Loggia scorge che anche oltreTevere l’amore della carriera prevale sulle idee e ciò determina un «peggioramento qualitativo del personale dirigente». Contro la patologia dell’organizzazione del potere e il suo «discredito profondo», egli reclama le superiori istanze del merito, delle capacità. Oddio, i tecnici anche in Vaticano? Ma lì non serve fedeltà, tradizione?

Per assicurare il ritorno del sacro, e per far contare meno i conformismi delle carriere, della Loggia ha una ricetta sicura: una nuova legge elettorale per l’elezione del Papa. Il principio di maggioranza (anticamera del relativismo) è tendenzialmente pericoloso per chi si prefigge di puntellate il carisma ma, ancora incurante della logica, lo storico propone che ai grandi elettori si presentino diverse candidature tra le quali scegliere. I segreti del sacro sono nelle formule elettorali e allora non il maggioritario secco all’inglese ma il maggioritario alla francese (a doppio turno) per della Loggia è la comprovata garanzia della riscoperta della missione profetica.

Anche qui la logica è ballerina: se davvero «dove il potere è personale tutti i contrasti diventano personali» che senso ha poi prevedere il gran duello tra aspiranti pontefici? Con candidati in lizza e tutti con un bel po’ di firme a sostegno (le primarie no?), il soglio pontificio poggerà finalmente su tradizione, carisma, lealtà.

Molto deluso per come sono andate le cose nella prosaica terra della politica dopo la stagione dei referendum maggioritari, della Loggia si prefigge ora di disegnare la nuova mappa dei poteri nelle istituzioni celesti. Vent’anni fa egli guardava con gli occhi estasiati della teologia la terra promessa del maggioritario all’inglese e si candidava nelle liste Giannini. Ora scruta con le ruggini della battaglia politica le antiche dispute teologiche sulla natura del sacro e si pone alla ricerca di un cesarismo democratico, dimenticando che proprio nel disprezzato mondo anglosassone ne esistono le versioni più antiche.

Come aspirante riformatore ecclesiastico, Della Loggia non sembra avere migliori carte di quanto si proponeva come riformatore secolarizzato delle istituzioni.


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