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A FRANCESCO E CHIARA DI ASSISI. A DANTE E ALL’ ITALIA. "Deus charitas est: et qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo" (1 Gv., 4.1,21).

SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. Una nota di Federico La Sala

DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA
giovedì 28 febbraio 2013 di Federico La Sala
[...] Il grande discendente dei mercanti del Tempio si sarà ripetuto in cor suo e riscritto davanti ai suoi occhi il vecchio slogan: con questo ‘logo’ vincerai! Ha preso ‘carta e penna’ e, sul campo recintato della Parola, ha cancellato la vecchia ‘dicitura’ e ri-scritto la ‘nuova’: “Deus caritas est”
[Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006]!
Nell’anniversario del “Giorno della memoria”, il 27 gennaio, non poteva essere ‘lanciato’ nel ‘mondo’ un (...)

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> E’ ORA CHE TORNI A CASA --- Benedetto XVI ha già detto che non si dimetterà mai per paura. Ma le tensioni possono logorarlo ulteriormente (di MArco Politi - Il Papa debole ha deluso la vecchia guardia) .

martedì 29 maggio 2012

Il Papa debole ha deluso la vecchia guardia

di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 29 maggio 2012)

In un groviglio di veleni, tradimenti e scontri sotterranei si avvia al tramonto il pontificato di Benedetto XVI. Perché di questo si tratta. Per la prima volta ci si chiede davvero in Vaticano se è stato giusto eleggerlo. Mai era accaduto che in piazza San Pietro risuonasse il grido “vergogna, vergogna”, lanciato domenica dai dimostranti per Emanuela Orlandi. Mai la tiara papale era stata disegnata, in una vignetta, quale gabbia di lugubri corvi. Mai si era visto in tempi moderni un traditore annidato nel suo appartamento. Non si era mai sentito a Roma, al centro dell’impero cattolico, che uno dei più sfrenati fautori di Ratzinger lo bollasse come “professore tra le nuvole” e ne chiedesse le dimissioni. Segno che Giuliano Ferrara fiuta il vento.

Il Papa impolitico, come lo definì il sociologo cattolico Franco Garelli, assiste impotente alla rivolta di una parte della Curia contro il suo Segretario di Stato ed è costretto a incassare ogni giorno un’ondata mediatica negativa, che finisce per lambire il suo ruolo di pontefice.

La divisione di funzioni che Benedetto XVI sembrava vagheggiare all’inizio del suo pontificato - riservando a sé la missione di predicare e ispirare teologicamente i fedeli e lasciando al suo stretto collaboratore Bertone il compito di gestire la macchina curiale - è entrata irrimediabilmente in crisi. Perché un’organizzazione di oltre un miliardo di aderenti come la Chiesa cattolica ha comunque bisogno di un leader dotato di polso geopolitico: e non è nel temperamento di Ratzinger. Di qui le crisi a catena. Con l’Islam, con l’Ebraismo, con il mondo della scienza a proposito dell’Aids e del preservativo, con il mondo cattolico a causa dei ripetuti cedimenti al movimento anti-conciliare di Lefebvfre. Di qui la stasi generale sul fronte dell’ecumenismo.

Assieme alla conclamata sfiducia di Ratzinger nelle riforme strutturali, questa assenza di leadership sta portando alla generale inerzia della Chiesa dinanzi al fenomeno planetario della mancanza di parroci nelle parrocchie e al crollo delle vocazioni negli ordini religiosi femminili. L’accumularsi dei problemi irrisolti rende i problemi sempre più incancreniti. E la situazione è aggravata dal fatto che accanto al pontefice non funziona nessun organo collegiale, nessuna camera di compensazione di analisi, idee, proposte: fosse almeno il collegio cardinalizio.

La deriva odierna (che preoccupa gli ambienti del cattolicesimo italiano e mondiale più fedeli all’istituzione) e l’immagine di caos vaticano che si sta diffondendo sono prodotti di questa assenza di leadership. Mentre il Papa via via rinunciava al contatto diretto e sistematico con i nunzi e i vescovi (a causa della stanchezza li vede solo collettivamente), il Segretario di Stato diventava sempre più accentratore e intollerante verso posizioni diverse dalle sue. Fino al punto da esigere che i cardinali debbano passare attraverso di lui, se vogliono parlare con il pontefice. Il nocciolo dei conflitti sotterranei, deflagrati nella diffusione di documenti segreti all’esterno, si ritrova nell’intreccio tra soldi e potere e sempre lì riappare la figura del cardinale Bertone . Nello scontro con il cardinale Tettamanzi per la presidenza dell’Istituto Toniolo. Nella cacciata di mons. Viganò. Nei conflitti con il cardinale Nicora per la trasparenza dello Ior. Nello scontro sotterraneo con Gotti Tedeschi per le manovre avventurose intorno al San Raffaele.

Un’assenza di leadership si svela paradossalmente anche nella caccia agli autori di Vatileaks, scatenata in queste settimane. Né il Papa né il suo Segretario di Stato sembrano rendersi conto che anche la repressione deve ubbidire a un disegno di governo. La gendarmeria perquisisce e arresta, la commissione cardinalizia interroga: ma con quale obiettivo? Per colpire la piccola manovalanza? Per bloccare le domande scomode che nascono dai documenti stessi? I dissidenti clandestini (che sono ben altro che folcloristici corvi...) hanno portato alla luce del “marcio”. Lo dicono e lo ripetono.

L’impressione, che si sta diffondendo, è che l’azione repressiva nei loro confronti serva per mettere un coperchio e non per ripulire le stanze vaticane dalla sporcizia affaristico-finanziaria, come vorrebbe idealmente Benedetto XVI quando delinea il ritratto puro dei “servitori della Chiesa”. Non sarà la testa di Paolo Gabriele a risollevare le sorti del pontificato. Anzi, i futuri processi sono destinati a disseminare altre rivelazioni esplosive. E ancor più devastanti sarebbero “interrogatori” di prelati e cardinali.

Gotti Tedeschi sta già meditando di chiedere una commissione d’inchiesta sul suo operato per sbugiardare il rozzo comunicato sul suo licenziamento. Un’indagine sulla corruzione negli appalti la potrebbero esigere anche i fautori di mons. Viganò.

E se un guerrigliero del fax “imputato” chiederà domani un giurì d’onore per stabilire chi ha ragione tra Dino Boffo ex direttore dell’Avvenire e Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano (accusato da Boffo in una lettera al segretario papale di aver orchestrato ai suoi danni la campagna diffamatoria di Feltri) ?

A ogni passo si aprirà un abisso. Chi osserva le mosse di questa dura lotta per rovesciare il Segretario di Stato, nota che Bertone non fronteggia un’unica fazione.

Molti gruppi in Curia sono scontenti della sua gestione. Cardinali come Sodano e Re non condividono l’improvvisazione del suo governo. Personalità come Piacenza credono ci voglia più efficienza. Molti cardinali stranieri guardano esterrefatti alla perdita dello stile di potere soft, che ha sempre caratterizzato la Santa Sede. E tutti - bertoniani e oppositori, i critici e il partito dei neutrali scontenti - proclamano la loro fedeltà al pontefice e il desiderio di salvaguardare la Chiesa. Ecco perché senza una visione di governo la gogna di possibili “colpevoli” non farà che aumentare la disgregazione. Benedetto XVI ha già detto che non si dimetterà mai per paura. Ma le tensioni possono logorarlo ulteriormente.


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