Stasera la finale del più seguito reality inglese, tra le polemiche
Susan Boyle, in crisi, si confronta con una bimba che ha commosso la platea
Troppo stress nei talent show
e il sogno diventa un incubo
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - Ognuno può avere i suoi quindici minuti di celebrità, prima di rientrare nell’anonimato, diceva Andy Warhol negli anni Ottanta, agli albori dell’era in cui la vita è diventata show-business. Un quarto di secolo più tardi, di minuti per conquistare la fama ne bastano tre, quelli di un’apparizione in un reality show televisivo, come è accaduto a Susan Boyle, bruttina, stramba, provinciale, trasformata in una star mondiale, vista da 100 milioni di persone su "YouTube", dalla sua interpretazione di "I dream a dream" (VIDEO), la canzone dal musical "I miserabili", a "Britain’s got talent" (La Gran Bretagna ha talento), versione britannica di "X Factor" e di altre trasmissioni analoghe. Ma lo stress del passaggio dall’oscurità alle luci del palcoscenico, e della paura di tornare presto al buio, può essere micidiale.
In attesa della finale di "Britain’s got talent", che va in onda questa sera, Susan ha perso la testa. Prima ha cambiato look, tingendosi i capelli, cambiando vestiti, cercando di ringiovanire e apparire perfino sexy, lei che aveva confessato candidamente di non avere mai avuto un boyfriend né mai baciato un uomo. Poi, nei giorni scorsi, ha cominciato a dire parolacce in pubblico: non accipicchia, accidenti o cavolo, ma una sequela di "fuck" questo e "fuck" quello, degna di uno scaricatore di porto (per usare un modo di dire poco rispettoso di un mestiere in cui la testa, di solito, non la perde nessuno). Infine si è sparsa la voce che si sarebbe ritirata dalla trasmissione, perché stava troppo male. Sono circolate voci che si era illusa di avere una sorta di relazione con Pierce Morgan, giornalista belloccio che è uno dei giurati di "Britain’s got talent" e che l’aveva ricoperta di elogi. Quando gli ha sentito dire, in un’altra puntata, che il dodicenne Shaheen Jafargholi era "il cantante più bravo" che lui avesse mai sentito, la 48enne Susan è esplosa di rabbia e frustrazione.
E non è la sola a dare segni di stress. A proposito di ragazzine, un’altra bambina, Hollie Steel, anni 10, stava cantando per giocarsi l’accesso in finale, quando la tensione ha avuto il sopravvento, ha interrotto una strofa a metà e si è messa a piangere, singhiozzando in diretta davanti alla mamma, ai presentatori e a milioni di telespettatori. La musica si è fermata, familiari e addetti al programma l’hanno abbracciata, consolata, calmata, i giudici hanno deciso di darle una seconda opportunità, e questa volta lei ha cantato senza più commuoversi. Naturalmente, è stata ammessa alla finale di stasera, dove si ritrova di fronte, tra gli altri concorrenti, Susan Boyle.
Il reality show, solitamente materia da prima pagina dei tabloid scandalistici, è così approdato sulle pagine della stampa più autorevole. Il quotidiano Guardian di Londra interpella vari psicologi, i quali dicono più o meno questo: lo stress di essere proiettati da una vita normale e perfino banale a una da stella del varietà, è immenso. E’ normale che uno perda la calma. E le conseguenze di un’eliminazione, di una sconfitta, possono essere pericolose per la salute fisica e mentale dei concorrenti. Una diagnosi non sorprendente. Ma che mette sotto accusa il meccanismo guida della società odierna, il culto della celebrità, l’idea che vivere senza diventare famosi, almeno per un po’, sia come non vivere, la prospettiva che l’esistenza di tutti noi sia diventata un reality show, un concorso a premi, con vallette, veline, comici, giuria, spiritosaggini, scandali, discese e risalite. Dice Jo Hemmings, psicologa consulente di "Britain got talent", intervistata dal Guardian: "A questo punto sarebbe meglio per Susan se non vincesse". La vincitrice, in effetti, incasserà 100 mila sterline (ma nel suo caso si prevede che le arriveranno comunque, vincente o sconfitta, contratti per almeno 5 milioni di sterline) e dovrà cantare al Royal Variety Performance, uno spettacolo davanti alla regina: lo stress potrebbe aumentare a dismisura.
Ma con tutte queste piccole e grandi tragedie personali, tra un "fuck" e un pianto a dirotto, aumentano anche gli indici di ascolto. Sembra improbabile che i reality show scompariranno dai palinsesti.
* la Repubblica, 30 maggio 2009 (ripresa parziale).