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EDIPO RE E GIUSEPPE (E I SUOI FRATELLI): PESTE E CARESTIA. Un confuso raffronto per mostrare "quanto dista il mito dalla bibbia" ...

René Girard continua a confondere ’ciecamente’ i livelli e a negare l’immortale acquisizione di Sigmund Freud. L’"edipo completo" permette di capire la rivalità dei fratelli (e delle sorelle) e lo stesso messaggio evangelico, non viceversa - a cura di Federico La Sala

L’incomprensione della lezione di Freud lo spinge ad una cieca apologia del cattolicesimo costantiniano e dell’ideologia ratzingeriana. Il cristianesimo non è un cattolicismo
lunedì 27 aprile 2009 di Federico La Sala
[...] Si può affermare che le comunità a cui appartenevano Edipo e Giuseppe abbiamo agito giustamente nell’espellerli? Credo che questa sia la domanda predominante in entrambi i testi, ma che rimane implicita nel mito di Edipo, poiché la risposta silenziosa del mito è sempre sì. Quello che Edipo dovrà soffrire è la giusta punizione per i suoi crimini. Nella Bibbia la domanda si fa del tutto esplicita, perché la risposta è un riecheggiante no. Quello che Giuseppe dovrà soffrire è (...)

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> René Girard continua a confondere ’ciecamente’ i livelli e a .... vedere ’doppio’, apocalitticamente!!!

mercoledì 27 gennaio 2010


-  Apocalisse
-  La violenza dell’uomo e la furia di Dio

-  di René Girard (la Repubblica, 25.01.2010)

-  Le riflessioni dell’antropologo francese dopo l’11 settembre
-  Alle origini del Cristianesimo era una promessa, adesso è una forza distruttiva
-  Se studiamo i capitoli del Libro scopriamo che annunciano rivoluzioni e guerre

L’apocalisse non ha una connotazione storica ma religiosa, per questo non possiamo farne a meno. E’ questo che il cristianesimo moderno non capisce. Nel futuro apocalittico, il buono e il cattivo sono mischiati insieme in modo che, da un punto di vista cristiano, non si può parlare di pessimismo, si tratta di essere semplicemente cristiani.

Equivale a dire che i testi sacri fanno tutti parte di un unico organico. Per capirlo, basti citare la Prima Lettera ai Corinzi: se «i poteri», intendendo con essi chi gestiva il potere terreno, avessero saputo quello che sarebbe successo, non avrebbero mai crocefisso Gesù, perché sarebbe stato come firmare la propria condanna. Perché, mettendo sulla croce il Re della Gloria, il meccanismo del potere, quello della persecuzione ingiusta, viene rivelato.

Mostrare la crocifissione come il sacrificio di una vittima innocente equivale a rivelare la natura collettiva dell’omicidio, permettendoci di capire che si tratta di un fenomeno mimetico. E «i poteri» che l’hanno messo in scena sono destinati a estinguersi a seguito di questa rivelazione.

E la storia non è altro che la realizzazione di questa profezia. Chi dice che i cristiani sono anarchici ha in un certo senso ragione. I cristiani obliterano «i poteri» di questo mondo cancellando la legittimità di qualsiasi forma di violenza. Lo Stato vede il cristianesimo come forza anarchica. Ogni volta che il cristianesimo recupera vigore spirituale, questo aspetto riemerge.

Di conseguenza il conflitto con i musulmani è davvero ben più significativo di quanto pensino gli stessi integralisti. I fondamentalisti pensano che l’apocalisse sia l’ira violenta di Dio. Ma se leggiamo con attenzione i capitoli sull’Apocalisse, capiamo che in realtà parlano della violenza dell’uomo liberata dalla distruzione dei poteri secolari, e cioè degli Stati, che è quello a cui stiamo ora assistendo. (...)

Se studiamo i capitoli sull’Apocalisse, scopriamo che ci annunciano proprio questo: ci saranno rivoluzioni e guerre; gli stati si solleveranno gli uni contro gli altri, e così faranno le Nazioni. Questi sono i doppi. Questo è il potere anarchico presente oggi, dotato di una forza capace di distruggere il mondo. Così che è possibile vedere l’apocalisse avvicinarsi come mai in precedenza. Alle origini del cristianesimo l’apocalisse era considerata in termini magici: il mondo finirà, andremo tutti in paradiso e tutto sarà apposto. «L’errore» dei primi cristiani fu quello di credere che l’apocalisse sarebbe stata questione di un attimo.

I primi testi cristiani, cronologicamente parlando, sono le lettere ai Tessalonicesi ed esse sono una risposta alla domanda: perché il mondo continua quando la sua fine è stata annunciata? San Paolo dice che qualcosa trattiene i poteri, i katochos. L’interpretazione più comune è che si riferisca all’Impero Romano. La crocifissione non ha ancora completamente dissolto tutti gli ordini. Se consideriamo i capitoli sull’apocalisse, essi descrivono una situazione simile al caos dei nostri giorni, che tale non era invece all’inizio dell’Impero Romano: come poteva finire il mondo se era così saldamente tenuto insieme dalle forze dell’ordine? (...)

Fondamentalmente è la religione che annuncia il mondo che verrà. Non si tratta di combattere per questo mondo. E’ il cristianesimo moderno che dimentica le sue origini e la sua vera direzione. L’apocalisse alle origini del cristianesimo era una promessa, non una minaccia, perché i primi cristiani avevano fiducia nel mondo ultraterreno. (...)

Ognuno di noi può vedere che l’apocalisse si fa sempre più concreta ogni giorno che passa: una forza distruttiva capace di cancellare il mondo, armi sempre più potenti e altre minacce ancora si moltiplicano davanti ai nostri occhi. Continuiamo a credere che tutti questi problemi siano gestibili dall’uomo, ma quando poi li consideriamo unitamente vediamo che non è così.

Acquistano una sorta di valore soprannaturale. Come per i fondamentalisti, i capitoli dei Vangeli sull’Apocalisse ricordano a chi li legge la situazione in cui viviamo. Ma i fondamentalisti credono che la violenza finale arriverà da Dio, e non danno per tanto il giusto valore a ciò che sta accadendo ora tutto intorno a noi: la rilevanza degli eventi dei nostri tempi dal punto di vista religioso.

E questo dimostra quanto poco siano cristiani sotto certi aspetti. E’ la violenza degli uomini a minacciare il mondo oggigiorno; e tutto ciò è molto più in conformità con i temi apocalittici del Vangelo di quanto loro non si rendano conto. (...)

Nell’islamismo l’uso della violenza fa inevitabilmente del martire uno strumento di Dio. Questo in realtà equivale a dire che la violenza apocalittica viene da Dio. Negli Stati Uniti è lo stesso per i fondamentalisti cristiani, ma non per le grandi confessioni religiose. Tuttavia, non c’è abbastanza coerenza da pensare che se la violenza non viene da Dio allora viene dagli uomini, e che quindi noi uomini ne siamo responsabili. Infatti, accettiamo che le nostre vite siano protette da ordigni nucleari. Questo è probabilmente il peccato più grave dell’Occidente, basti pensare a quello che comporta. (...)

Bisogna distinguere fra sacrificio dell’altro e sacrificio di sé. Cristo dice al Padre: «Non volevi né un olocausto né un sacrificio e io ho risposto «Eccomi»». In altre parole: preferisco sacrificare me stesso piuttosto che un altro. Ma questo rimane un «sacrificio». Nelle lingue moderne la parola «sacrificio» è intesa solo nel suo significato cristiano, la passione, quindi, è assolutamente giustificata. Dio dice: se nessuno è abbastanza buono da sacrificarsi al posto di suo fratello, lo farò io. Così facendo porto a compimento quello che Dio richiede all’uomo: preferisco morire che uccidere. Tutti gli altri, però, preferiscono uccidere, piuttosto che morire. (...)

Nel cristianesimo non ci si martirizza. Non si diventa volontari della morte. Ma, osservando i precetti di Dio (porgi l’altra guancia, ad esempio), ci si mette nella condizione di essere uccisi. E il cristiano morirà solo perché sono i suoi simili a volerlo uccidere non perché si è offerto volontariamente alla morte. Non è il kamikaze giapponese.

Il concetto cristiano implica di essere pronti a morire piuttosto che a uccidere. E’ l’atteggiamento della prostituta buona nel giudizio di re Salomone che dice: «Da’ mio figlio alla mia rivale ma non ucciderlo». Il sacrificio del figlio equivale al proprio sacrificio: accettando l’equivalente della morte, lei sacrifica se stessa. E quando Salomone riconosce in lei la vera madre del bambino, parla non tanto di madre biologica ma di madre spirituale. Questa parabola è tratta dal libro dei Re, che è un libro piuttosto cruento. Ma direi che non vi è simbolo pre-cristiano dell’atto sacrificale di Cristo superiore a questo.

-  © 2010 Robert Doran, Jean-Pierre Dupuy
-  © 2010 Pier Vittorio e associati, Transeuropa


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