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LO SCAMBIO SIMBOLICO E LA MORTE (J. Baudrillard). LA CAVERNA PLATONICA E UNA MACCHINA PER NARCISO, LA FOTOGRAFIA ....

"OMBRE ET PHOTO": IN ITALIA, NELLA PRIMA REPUBBLICA "PLATONICA" A LUCI ROSSE E A CIELO APERTO. UNA GRANDE LEZIONE (E GLI SCATTI) DI BAUDRILLARD. Una mostra a Reggio Emilia - a cura di Federico La Sala

Il testo, inedito per l’Italia, è la base teorica su cui la vedova del filosofo, Marine, ha allestito la mostra fotografica che si inaugura oggi a Reggio Emilia
giovedì 30 aprile 2009 di Federico La Sala
[...] Vi è qui invece un errore totale sulla ripresa e sull’essenza dell’immagine, considerata uno stereotipo oggettivo. Infatti non si tratta affatto di una registrazione, ci sono tante cose che fotografiamo mentalmente, senza necessariamente usare una macchina fotografica (del resto le più belle sono forse quelle che avremmo potuto fare in sogno, ma, ahimè, non avevamo la macchina!). È di una visione fotografica del mondo che si tratta nella fotografia, una visione del mondo nel suo (...)

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> "OMBRE ET PHOTO": IN ITALIA, NELLA PRIMA REPUBBLICA "PLATONICA" A LUCI ROSSE ---- Dal vecchio Playboy a Playsilvio ...Hefner non si sarebbe mai immmaginato che la vergogna del maschio un giorno si sarebbe trasformata in un Paese come l’Italia in strumento politico e orgoglio nazionale (di Francesco Bonami).

venerdì 1 maggio 2009


-  Dal vecchio Playboy a Playsilvio
-  Meglio l’originale

-  di Francesco Bonami (il Riformista, 01.05.2009)

Un tempo ci trinceravamo dietro la patetica scusa di averlo comprato per la «bellissima» intervista con Kissinger o con Garcia Marquez, oggi è più probabile che il candidato/a alle europee si vanti di non sapere chi sono Kissinger o Garcia Marquez

Caro Bob - Il battibecco fra la prima signora italiana e il primo signore italiano la dice lunga sullo stato in cui versano la politica e la società italiane. Un tinello suburbano dove il compito di chi ci governa è quello di intercettare gli umori e le frustrazioni di una classe sociale sempre più amorfa che sogna la ragazza del canale accanto anziché quella della porta accanto come aveva capito il fondatore della rivista Playboy Hugh Hefner nel 1953.

Non stupiamoci se presto da Palazzo Chigi uscirà il mensile Playsilvio. Hugh Hefner pensò alla sua rivista per addolcire la noia domenicale. Così, sul tavolo della sua cucina di Chicago, inventò il primo numero di Playboy, una rivista per il "young single man", il giovane scapolo, contemporaneo.

Playboy, che prendeva il nome da un concessionario di auto fallito, non solo fu una coraggiosa, sovversiva, intuizione, in un momento in cui il sesso non andava certo per la maggiore, ma fu anche una vera e propria rivoluzione culturale e sociale. Ancora oggi, che culi e poppe, con tutto quello che sta davanti, dietro, sotto e dentro si possono guardare su Internet gratis, Playboy continua a vendere nel mondo tra i quattro e i cinque milioni di copie, con un 14 per cento di lettrici donne.

Il nostro premier deve essersi ispirato al creatore delle famose conigliette. Il segreto del successo di Playboy e del suo coniglietto simbolo - che nel 1989 fu dichiarato, dopo quello della Coca Cola, il logo più famoso del mondo - non fu solo quello di aver capito che al maschio, giovane o vecchio, solo o sposato , che sia, ogni tanto la mano da quelle parti scappa, ma l’aver intuito che di quella mano tentatrice l’uomo si sarebbe sempre vergognato, tentando di nasconderla dietro bisogni e necessità diverse.

Hefner non si sarebbe mai immmaginato che la vergogna del maschio un giorno si sarebbe trasformata in un Paese come l’Italia in strumento politico e orgoglio nazionale. Se un tempo davanti a un ospite inatteso, che vedeva Playboy spuntare da sotto il divano, ci trinceravamo dietro la patetica scusa di aver comprato il famoso mensile per la «bellissima» intervista con Henry Kissinger o quella con il premio Nobel Gabriel Garcia Marquez, oggi è più probabile che vada sotto il divano la rivista culturale e che il candidato o la candidata alle elezioni europee si vanti di non sapere nemmeno chi sono Kissinger o Garcia Marquez.

Se Hefner ha costruito un impero sulle proprie ossessioni vivendo la maggior parte della sua vita in vestaglia, trasformando il suo letto circolare, nella villa di Los Angeles, in una redazione, non meravigliamoci se seguendo i propri istinti il nostro primo ministro inizierà a tenere il Consiglio dei ministri in vestaglia (gli incarichi della Rai d’altronde già si decidono attorno al camino del suo salotto ad Arcore).

Ma se Playboy aveva una sua dignità, ingenua, banale ma particolare, Playsilvio la dignità, maschile e femminile, l’ha già messa nel tritacarne da tempo. La doppia pagina centrale con la coniglietta del mese si è trasformata nel manifesto elettorale affisso per le strade delle nostre città. L’innegabile, perfida, genialità del nostro premier è comunque quella di aver capito che ha a che fare con un popolo sempre più ritornato allo stato dei primati.

Hefner il suo impero e i suoi soldi li ha usati anche per aiutare i politici democratici a combattere la crociata reazionaria di Edward Meese che, alla metà degli anni Ottanta, nel pieno dell’era reaganiana, con miopia talebana, faceva leggi contro la pornografia che mandarono in crisi le innocue conigliette senza risolvere la vera pornografia prodotta dal degrado sociale.

Da noi invece un impero economico e mediatico è stato ed è utilizzato come strumento per governare una società diventata culturalmente pornografica e degradata. Se per Berlusconi non è giusto escludere dalla politica uno o una solo perché è diventato famoso grazie alla televisione, è vero esattamente il contrario: se uno non è stato santificato dalla televisione in Italia avrà poche possibilità di essere preso in considerazione come leader politico.


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