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PLATONE: ILLUMINISTA O TOTALITARIO?! Al di là dell’illuminismo e del platonismo per il popolo

PLATONE E NOI, OGGI. Una nota di Federico La Sala, seguita da un’intervista a Mario Vegetti di Antonio Gnoli e la risposta di Dario Antiseri.

mercoledì 6 maggio 2009
[...] il discendente di Codro e di Solone afferra
l’anima dell’Agorà, le regole (le categorie) dello scambio
e del dialogo, della discussione delle opinioni e
dell’esame delle merci, le forme-valori dei pensieri (idee)
e delle merci (valori di scambio) e la loro Misura,
la Forma-Valore del Bene-Denaro (l’equivalente generale),
e li riporta in cielo, sull’Acropoli, nelle mani del
Dio degli dei e delle dee: la bilancia è nelle mani del retto
filosofo, re e papa, che sa indicare con senno (...)

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> PLATONE E NOI, OGGI. ---- V libro della "Repubblica". Spetta ai saggi il compito di governare. Una concezione perfezionista e autoritaria (di Corrado Ocone)

giovedì 12 aprile 2012

Platone: spetta ai saggi il compito di governare

Una concezione perfezionista e autoritaria

di Corrado Ocone (Corriere della Sera, 11.04.2012)

È un Platone che genera molti problemi da un punto di vista contemporaneo, diciamo pure liberale, quello del V libro della Repubblica. La stessa «rivoluzionaria» apertura ai diritti delle donne si inserisce in un discorso teso a «regolare» e «normalizzare», secondo un astratto ideale di bene e perfezione, i rapporti umani, la famiglia, la procreazione, l’allevamento e l’educazione dei figli, il governo della comunità.

Non c’è dubbio che sulle donne Platone rompa con la tradizione misogina della società greca. Ed è particolarmente rilevante che lo faccia contestando ogni forma di naturalismo o biologismo: le donne non vanno considerate come un insieme unico, predeterminato, immodificabile. Anche in una concezione funzionalistica, come è quella prospettataci nella Repubblica, in cui cioè ognuno deve svolgere nella società il ruolo che gli riesce meglio, i compiti vanno stabiliti in base alle capacità individuali, non per genere. A tutti, uomini e donne, va data la stessa educazione, vanno offerte le stesse possibilità. Tanto che anche i lavori più pesanti o tradizionalmente maschili possono essere in linea di principio appannaggio di donne, se mostrano di esserne all’altezza. È vero che Platone scrive che le donne sono più deboli degli uomini, ma si tratta chiaramente di una affermazione empirica e non teorica.

Tuttavia, per quanto audace sia la presa di posizione «femminista» di Platone, un primo centro del suo discorso è più avanti: allorquando cioè, sempre in questo libro, egli afferma che nello Stato ideale non deve esistere la famiglia, deve anzi esserci comunione di donne e figli, e l’educazione deve essere affidata alla collettività. Ad essa va anche affidata la regolamentazione dell’attività riproduttiva, attraverso un programma biopolitico o eugenetico che porti all’accoppiamento dei migliori. Ancora una volta il bios è sottomesso a superiori ed esclusive esigenze spirituali. Compito della società è infatti selezionare e coltivare l’eccellenza spirituale.

L’abolizione della famiglia è motivata in virtù del suo essere portatrice di interessi particolari e, quindi, tendenzialmente conflittuali con quelli della polis. Fra l’individuo singolo e la comunità non deve esserci mediazione alcuna: i genitori non devono sapere chi fra i pargoli allevati discende da loro geneticamente, né viceversa ai figli deve interessare il nome dei loro genitori. L’antinaturalismo porta così a enfatizzare il ruolo dell’educazione nella creazione di un’aristocrazia spirituale che governi la città. Tutte le parti di essa, così come gli organi di un corpo sano e funzionante, devono muoversi armonicamente in vista del vero bene, che per Platone è conoscenza o «amore del sapere» (filosofia). Il razionalismo etico (virtù è conoscenza) è l’ideale che sottende tutta la sua costruzione.

Si arriva così al vero centro dell’argomentazione: il potere deve essere affidato ai filosofi, o i governanti devono farsi tali, perché solo chi esercita questa disciplina sottomette gli istinti e le passioni - ciò che è legato alla corporeità - alla ragione. Solo il filosofo ha poi una visione del tutto, non possiede cioè un sapere solo specialistico o settoriale che tende per sua natura a farsi unilaterale. Solo il filosofo sa qual è il vero bene. Ed egli, fattosi governante, può anche mentire e ingannare per il bene o l’utilità di tutti. Sono qui presenti, sembrerebbe in modo paradigmatico, i due elementi politici più antiliberali che sia dato concepire: il perfezionismo e il paternalismo.

Non stupisce perciò che Popper abbia dedicato il primo corposo tomo della sua opera La società aperta e i suoi nemici (1945) alla giustificazione della tesi che fa di Platone il progenitore dello Stato totalitario. Bisogna tuttavia non tanto invitare, come si è fatto, a storicizzare le tesi esposte dall’autore, quanto piuttosto a tener presente che la Repubblica è concepita come una sorta di esperimento mentale. Platone afferma esplicitamente, ad un certo punto del V libro, di non essere ben sicuro di quanto sta dicendo in quanto procede per tentativi (con un metodo, potremmo azzardare, non dissimile da quello del trial and error dell’epistemologia popperiana). C’è poi sotteso a tutto il suo discorso un filo di ironia che, come ha sottolineato Gadamer, non sempre il lettore moderno coglie. E che, mostrando l’ampia gamma dei mondi possibili, svolge comunque una funzione critica rispetto all’esistente.


Il capostipite degli utopisti

Corriere della Sera 11.4.12

Testo fondamentale in cui si trattano problemi centrali sull’ordinamento politico ideale, sulla libertà dell’uomo, sulla condizione femminile, sulla pedagogia e sull’organizzazione dello Stato, La Repubblica di Platone (libro V) è in edicola il 12 aprile con la prefazione inedita di Pierluigi Battista. «Non avremmo Thomas More, Campanella, Morelly, Fourier senza la lezione di Platone», spiega appunto Battista, mettendo in risalto uno degli aspetti più interessanti del testo platonico, che fonda sostanzialmente «il fascino dell’utopia politica» per tutti i pensatori successivi. Ma «la radicalità con cui viene proposto un modello di Stato ideale storicamente inaudito prima della stesura della Repubblica», continua Battista, ne fa un testo interpretato di volta in volta nei secoli fino ai nostri giorni come ispiratore filosofico di una quantità di ideologie diverse, dai totalitarismi di destra al collettivismo burocratico. Anche applicando, come ricorda il prefatore, «al mondo greco classico categorie che invece sono figlie della nostra epoca». (i.b.)


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