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"VINCERE". Il film di Marco Bellocchio sarà presentato a Cannes. Racconta un duce inedito. Di una donna perseguitata e del figlio Benito Albino

MUSSOLINI, IDA DALSER, E BENITO ALBINO MUSSOLINI: UNA TRAGEDIA ITALIANA. Sul film di Marco Bellocchio, una nota di Michele Anselmi, un’intervista al regista di Aldo Cazzullo, e una nota di Malcom Pagani - a cura di pfls

Ida fu sua moglie, sempre. «Accusò il fratello Arnaldo». Lo stesso che sulla Gazzetta Ufficiale mutò l’identità di Albino «Gli fece assumere un altro cognome. Cambiò la vita di una persona e quella di una nazione».
giovedì 7 maggio 2009 di Federico La Sala
[...] Racconta Bellocchio che il finale è cambiato rispetto al progetto. «Pensa­vo di chiudere il film con una scena am­bientata dopo la Liberazione: il cogna­to di Ida Riccardo Paicher, l’uomo che non aveva saputo difenderla, esce da un cinema richiamato dalle sirene del­la polizia, assiste agli scontri di un cor­teo politico con le bandiere rosse e tut­to, e soccorre una ragazza ferita. Poi mi sono detto che il film non meritava un finale consolatorio. È una tragedia, e così deve finire» (...)

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> MUSSOLINI, IDA DALSER, E BENITO ALBINO MUSSOLINI: UNA TRAGEDIA ITALIANA. --- Un tragico lessico famigliare. Il figlio del Migliore fu l’agnello sacrificale. Il ragazzo fragile che Togliatti “dimenticò” a Modena in clinica psichiatrica per 31 anni.

sabato 18 giugno 2016

Un tragico lessico famigliare

Il figlio del Migliore fu l’agnello sacrificale

Il ragazzo fragile che Togliatti “dimenticò” a Modena in clinica psichiatrica per 31 anni

di Sergio Pent (La Stampa, TuttoLibri, 18.06.2016)

Documento storico dettagliato e sofferto, esplorazione del passato attraverso i luoghi oscuri della politica e delle utopie sociali. Un’altra parte del mondo di Massimo Cirri, si colloca in queste dimensioni di studio postumo che raggruppa la Storia in un blocco compatto di accadimenti necessari a suggellare un’epoca, e stenta - proprio per questo - a trovare la collocazione ideale in una collana di narrativa. Non è, infatti, una rivisitazione romanzata del Partito Comunista Italiano, ma si basa su precise ricostruzioni che - questo si può condividere - rendono vivo come un romanzo l’impegno politico di Palmiro Togliatti, uno degli ultimi grandi utopisti del secolo veloce. Un’altra parte del mondo, a dire il vero, è quella che cerca oltre l’orizzonte del mare Aldo Togliatti, il figlio fragile e imbelle del «Migliore», quello che nasce timido e cresce solo e infine si perde in un disagio estremo che lo vedrà trascorrere gli ultimi trentun anni della sua vita appartata in una clinica privata di Modena per malati psichici.

La storia raccontata da Cirri avrebbe potuto davvero essere un romanzo, ma l’autore si intrufola come un oscuro visitatore del futuro negli angoli - pubblici e privati - di una storia familiare che è innanzitutto storia collettiva, comune e comunista. L’ombra di Aldo Togliatti segna le stagioni di impegno del padre, ma anche della madre Rita Montagnana, rampollo di una bella stirpe di idealisti borghesi di Torino. Il destino è spesso nel nome che ci portiamo addosso, e il destino di Aldo - fin da subito - è quello dell’agnello sacrificale immolato sull’altare del Partito.

Le vicende procedono in parallelo, e la minuziosa ricostruzione degli accadimenti ci consente di mettere in luce un periodo storico di enormi fermenti crollati con la caduta del mito di Stalin e con l’avvento di un’epoca di pesanti contraddizioni politiche. Ma il percorso di Aldo Togliatti è un filo di memorie discrete che attraversano tutti i grandi eventi, dai quali lui fu sempre tenuto in disparte, anche se la famiglia lo obbligò a frequentare la rigida scuola di Ivanovo in Russia, destinata ai figli dei leader comunisti del mondo.

Cirri ricostruisce con diligenza - talvolta un po’ didascalica - quel lungo periodo, in cui Aldo riuscì a trovare una sua dimensione di esile confronto con altri giovani «espatriati». Ma il ritorno in Italia, nella Torino del dopoguerra, coincide con le prime avvisaglie della sua indole solitaria, prevale la paura delle responsabilità, l’assenza - e l’ombra comunque incombente - del padre contribuiscono a creare in lui una bolla di diffidenza nella quale gradualmente rimarrà imprigionato.

Una volta lo trovano sul molo a Civitavecchia, un’altra addirittura a Le Havre, scambiato per un barbone, ma il coraggio di abbandonare quella vita di sacrifici e di rinunce non lo trova mai, ed è inevitabile, per «Aldino», seguire la parabola politica - anche quella discendente, anche quella della sua «scandalosa» unione con Nilde Iotti - del glorioso genitore, esiliandosi definitivamente dal mondo, spegnendosi nel silenzio di Villa Igea nel 2011, a 86 anni.

Ciò che colpisce, in questo intenso vagabondaggio tra le pieghe della Storia, è l’elenco di personaggi ormai dimenticati che hanno sfiorato la gloria, lottato, sognato un futuro diverso e migliore, anch’essi alla ricerca di un’altra parte del mondo, come Aldo Togliatti che, però, si limitò a immaginarlo dal suo eremo di silenzi e di paure. In questo, il coraggioso impegno documentale di Cirri è un suggello definitivo e privo di omissioni su un momento storico che avrebbe potuto modificare, chissà come, chissà quanto, le prospettive politiche del futuro. Quello in cui stiamo annaspando rassegnati.


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