L’unico italiano in concorso "rischia" di ammaliare la giuria di Cannes
Con "Vincere" Bellocchio squarcia (di nuovo) la storia d’Italia
di Roberta Ronconi (Liberazione, 20.05.2009)
Cannes. Marco Bellocchio continua a battere sui nervi tesi della storia italiana, e lo fa con coraggio e senza sconti (nemmeno a se stesso), con una generosità che gli riconoscono più i critici stranieri che non gli italiani.
A Cannes il maestro italiano arriva con Vincere, film che sta sollevando un polverone in Italia, e questa volta polverone storicamente giustificato. La vicenda del figlio segreto del duce e della sua presunta prima moglie (scomparsi tutti i documenti ufficiali) è ferita ancora così infetta da provocare negazioni isteriche.
Dopo quelle esagitate di Alessandra Mussolini dalle solite poltroncine di Vespa, è ancora di questi giorni la pubblicazione sul settimanale Oggi di documenti sulla "follia" di Ida Dalser, malattia mentale i cui segni erano, secondo la pubblicazione, evidenti ben prima della nascita del piccolo Benito Albino. Smentiscono, qui da Cannes, con forza Fabrizio Laurenti e Gianfranco Norelli, autori del documentario Il segreto di Mussolini a cui Bellocchio si è in gran parte ispirato. Così come da oltre mezzo secolo tentano di gridare la loro contro-verità le genti delle zone del Trentino dove Ida era cresciuta e amata. Furono loro, i conterranei di Ida e della sua famiglia, tra i pochi a difenderla, anche contro la giustizia fascista. Soprattutto le donne che videro in lei una madre-martire, gettata a marcire in un manicomio come suo figlio, dove entrambi morirono senza essersi mai potuti rincontrare.
Una storia nascosta sotto il tappeto dell’ipocrisia italiana, scomparsi e distrutti tutti i documenti. Salve solo poche lettere, da cui trapela una donna disperata ma lucida, che dopo la passione travolgente per Mussolini e il suo abbandono è determinata solo a tener viva la verità. Sua e di suo figlio. A costo della libertà, della giovinezza, della vita. A costo di tutto, pur di risultare nelle pagine della Storia come la prima moglie, madre del primogenito del duce. Una avanguardista, futurista, rivoluzionaria, donna a cavallo tra un femminismo ante-litteram e l’adorante donna del capo.
Tra Antigone e Aida, «la nostra è una storia piena di eroi, soprattutto uomini, antifascisti - spiega Bellocchio -. Avevo voglia invece di raccontare la storia originale di una donna che si oppose a Mussolini fino allo stremo, dopo aver condiviso con lui le prime idee rivoluzionarie e averlo amato con passione».
Interpretato con impressionante professionalità da Giovanna Mezzogiorno e da Filippo Timi (più facile, per lui, entrare nei panni del giovane esaltato Mussolini), per il racconto cinematografico Bellocchio sceglie la strada del melodramma, privilegiando così nell’intento la follia amorosa a quella storica. Questa seconda la lascia raccontare per intero ai documenti dell’Istituto Luce che da metà film in poi sostituiscono completamente la parte del duce-finzione con quello reale. Nell’opera si crea una frattura tra la potenza dell’invenzione e la freddezza del documento. Frattura che non si sana e che - a nostro avviso - impedisce la nascita del capolavoro.
Ma poco importa, la densità di Vincere rimane in gran parte intatta. Rafforzata proprio dal soggetto, dal disvelamento storico, dall’intenzione - peccato, poi tradita - di vedere la grande tragica storia di un paese attraverso gli occhi di una piccola, fragile, potentissima, innamorata, tragica donna che alla fine delle sue pene è capace di scrivere al suo Benito: «Va’ là Duce che sei solo un pover’uomo».
Di collegamenti con il presente e con il caso Berlusconi-Lario, Bellocchio è costretto a parlare sotto sollecitazione dei giornalisti italiani: «Sono restio a fare paragoni tra Mussolini e Berlusconi, anche se le analogie sono ovvie. Il fatto è che la sinistra si è rotta i denti nello scontro frontale contro il Berlusconi brutto e cattivo. Dimenticandosi in questo accanimento del suo ruolo politico».
In realtà, nella mania tutta italiana di fare una lettura politicizzata del cinema, più che all’anti-berlusconismo, in Bellocchio pesa il profondo, inossidabile anti-clericalismo. Quello che con forza gli fa rivendicare la sua «laicità di fronte a una chiesa cattolica che ha le chiese vuote ma che ci riempie i giorni con le notizie su Ratzinger». Sanguigno come di rado, il regista si scaglia contro quei Patti lateranensi che nel ’29 vede allearsi «un’ideologia cattolica criminale - si scalda nell’intervento - con il cinico calcolo di Mussolini. Un’alleanza vergognosa che porterà il Papa a definire Mussolini come "l’uomo della provvidenza"».
Vincere esce oggi nelle sale italiane, distribuito da 01. Già venduto in Francia e osannato come pochi dalla rivista-bibbia del cinema Variety , il film scritto da Bellocchio assieme a Daniela Ceselli ha dalla sua anche l’avvolgente fotografia di Daniele Ciprì. Vederlo è il minimo, amarlo soggettivo.