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"VINCERE". Il film di Marco Bellocchio sarà presentato a Cannes. Racconta un duce inedito. Di una donna perseguitata e del figlio Benito Albino

MUSSOLINI, IDA DALSER, E BENITO ALBINO MUSSOLINI: UNA TRAGEDIA ITALIANA. Sul film di Marco Bellocchio, una nota di Michele Anselmi, un’intervista al regista di Aldo Cazzullo, e una nota di Malcom Pagani - a cura di pfls

Ida fu sua moglie, sempre. «Accusò il fratello Arnaldo». Lo stesso che sulla Gazzetta Ufficiale mutò l’identità di Albino «Gli fece assumere un altro cognome. Cambiò la vita di una persona e quella di una nazione».
giovedì 7 maggio 2009 di Federico La Sala
[...] Racconta Bellocchio che il finale è cambiato rispetto al progetto. «Pensa­vo di chiudere il film con una scena am­bientata dopo la Liberazione: il cogna­to di Ida Riccardo Paicher, l’uomo che non aveva saputo difenderla, esce da un cinema richiamato dalle sirene del­la polizia, assiste agli scontri di un cor­teo politico con le bandiere rosse e tut­to, e soccorre una ragazza ferita. Poi mi sono detto che il film non meritava un finale consolatorio. È una tragedia, e così deve finire» (...)

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> MUSSOLINI, IDA DALSER, E BENITO ALBINO MUSSOLINI: UNA TRAGEDIA ITALIANA. ---- L’incubo di Albino, figlio di Mussolini (di Corrado Augias).

mercoledì 27 maggio 2009

L’incubo di Albino, figlio di Mussolini

risponde Corrado Augias (la Repubblica, 27.05.2009)

Cortese dott. Augias, ho visto il bel film di Bellocchio ’Vincere’. Mi hanno disturbato le risatine da «bambini scemi» durante la prima parte quando Filippo Timi tratteggia il giovane Benito e l’atmosfera che lo circondava. Che Mussolini avesse personalità e carisma da leader non lo scopro certo io, che fosse un cialtrone lo testimonia lui medesimo, come capita a tutti i cialtroni che non possono uscire da sé stessi neanche volendo. Resta drammatico il rapporto che si instaura fra quel personaggio e un popolo che lo riconosce come guida. Accade talvolta che questi «burattinai» siano in realtà dei «burattini» che ad un certo punto si scollegano dai fili di chi crede di poterli tenere alla giusta distanza. Tutto ricade sulle spalle del popolo che non sempre ha i mezzi per riconoscerli per ciò che sono. L’attualità del film di Bellocchio è da questo punto di vista sconvolgente. Che abbia sin qui raccolto maggiori consensi all’estero, dove lo possono guardare con sereno distacco, che non in Italia, dove richiamando alla memoria il passato, si alza come un potente grido di allarme, forse è, allo stato delle cose, inevitabile.Vittorio Melandri vimeland@alice. it

’Vincere’ come ha benissimo riferito la nostra Natalia Aspesi da Cannes, racconta la vicenda di Ida Dalser, giovane donna trentina (nata nel 1880) che Mussolini avrebbe sposato con rito religioso e dalla quale nel 1915 ha avuto un figlio (Benito Albino) da lui regolarmente riconosciuto. Credo di capire da dove siano venute le ’risatine’. Nella prima parte il rapporto tra i due amanti è descritto in tutta la sua passionalità. Mentre però nella donna (interpretata da Giovanna Mezzogiorno) c’è dedizione completa. In Mussolini (Filippo Timi), all’ardore amoroso si mescola l’ambizione politica per cui lo si vede (di spalle) mentre, scioltosi da un abbraccio, si affaccia nudo su una piazza deserta che di colpo si riempie delle grida di una folla osannante come sarà poi a piazza Venezia.

Proprio perché così appassionata, la sventurata Ida diventa un impaccio per il giovane aspirante dittatore e Mussolini è costretto a disfarsene. Come? Facendo rinchiudere in un manicomio lei e in un altro asilo per alienati suo figlio Benito Albino. La donna protesta di essere sua moglie, il giovane si proclama suo figlio ma questo può solo peggiorare la loro situazione. Il controllo di Mussolini sulla polizia e sui media sta diventando totale. E quando si dispone di una stampa servile nulla può la verità. E’ questo aspetto che a buon diritto ha impressionato il signor Melandri. Mi ha scritto da Bologna Valeria Babini (babini@philo. unibo.it): «Bellocchio ci dà, attraverso il racconto di una vicenda privata, la storia di un incubo che è stato di tutti».


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