Clandestini, il Vaticano all’attacco
«Lesi i diritti umani dei migranti»
L’Ossevatore Romano: l’Italia ci
preoccupa. Il soccorso è dovere
CITTA’ DEL VATICANO Il rimpatrio dei clandestini in Libia «ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati», e anche alcune norme del pacchetto sicurezza, come quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a «gravi difficoltà» per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia. Lo afferma il segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, Monsignor Agostino Marchetto. «La normativa internazionale, alla quale si è appellata anche l’Onu - ha ricordato monsignor Agostino Marchetto - prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati rifugiati presunti».
«Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i governi - ha aggiunto - ma c’è bisogno comunque di rendere operative le norme concordate e riaffermate più volte nelle sedi internazionali». Mons.Marchetto ha poi ribadito la sua convinzione, già espressa più volte ma non sottoscritta dalle massime autorità ecclesiastiche, che la legislazione italiana in materia migratoria sia macchiata da un «peccato originale» rappresentato dalla volontà di «criminalizzare gli emigranti irregolari», una realtà di fronte alla quale «i cittadini sono posti e devono giudicare». Il segretario del dicastero vaticano per i migranti ha poi elogiato l’azione dei movimenti cattolici che hanno criticato i recenti provvedimenti, auspicando che i loro appelli non rimangano inascoltati. Negare di fatto ai clandestini il diritto alle cure e all’educazione per i figli, pena la denuncia - ha osservato Marchetto - rappresenta «una evidente violazione dei diritti fondamentali della persona».
«Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Per quanto mi riguarda - ha concluso - cerco solo di rappresentare la dottrina sociale della chiesa che, nel valutare la soluzione ad un problema impone di verificare non solo se è efficace, ma se è giusta».
Preoccupazione per la decisione del governo italiano di rimpatriare i 227 immigrati in Libia è espressa dalla Conferenza episcopale italiana, che insiste sulla verifica del trattamento dei migranti. A farsi portavoce dei vescovi è padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’ufficio per la pastorale degli immigrati esteri in Italia e dei profughi. «Se questo presunto reato di clandestinità non viene in qualche modo modificato - afferma alla Radio Vaticana - subiremo delle conseguenze notevoli non soltanto per quanto riguarda gli immigrati, ma anche per quanto riguarda i diritti fondamentali quali quelli - appunto - della salute o dell’istruzione. Indubbiamente, nel dibattito politico - prosegue Gnesotto - sembra che questo sia un punto che alcune forze politiche tengono fermo. Forse potrebbe essere in qualche modo trovata una via di mezzo, distinguendo tra coloro che entrano nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, e coloro che - invece - essendo entrati anche regolarmente nel territorio e poi, per molte ragioni, hanno visto il loro permesso non rinnovato e in quanto tali, irregolari - ecco, per questi bisognerebbe avere forse un occhio particolare senza l’applicazione di questa fattispecie di reato».
Per il responsabile della Cei in tema di immigrazione, si tratta di casi in cui si formano delle classi. «Non soltanto di serie B, ma persone che non vengono tutelate e alle quali determinati diritti fondamentali vengono di fatto negati. Quindi, più che cittadini ’di serie B’ - spiega il vescovo - qui si tratta di una discriminante tra persone e non-persone. Ora, mi pare che il grande snodo culturale che in qualche modo è terremotato, qui in Italia, è appunto quello di guardare all’immigrato primariamente come ad una persona, in quanto tale depositaria di diritti fondamentali che non possono essere assolutamente negati perché togliere i diritti ad alcune persone, in qualche modo impoverisce tutti!».
«L’Italia respinge in Libia i migranti intercettati in mare»: questo il titolo scelto dall«Osservatore Romanò sulla vicenda degli immigrati rimpatriati in Libia. «Diverse organizzazioni umanitarie hanno espresso critiche nei confronti di questa operazione. Preoccupa il fatto - scrive il giornale vaticano - che fra i migranti possa esserci chi è nelle condizioni di poter chiedere asilo politico. E si ricorda anzitutto la priorità del dovere di soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di bisogno. I migranti - prosegue il quotidiano d’Oltretevere - devono poi essere ricoverati presso strutture che possano fornire adeguate garanzie di assistenza e di rispetto dei diritti umani».
L’Osservatore Romano riporta la dichiarazione dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), che ha espresso «grave preoccupazione» per la sorte dei migranti «soccorsi da motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza nella zona marittima Sar (Search and Rescue) di competenza maltese e ricondotti in Libia senza un’adeguata valutazione delle loro possibili necessità di protezione internazionale».
* La Stampa, 8/5/2009 (18:8)