Ama il prossimo tuo
Il decimo comandamento che illumina «tutta la Legge e i Profeti» secondo Enzo Bianchi e Massimo Cacciari
Con l’agape l’impossibile è la misura dell’amore
"Un appello costante a uscire da se stessi, ogni uomo considerato prossimo per l’altro uomo Oltre il concetto greco di philia, che non esclude che sia meglio fare il bene che riceverlo"
Enzo Bianchi Massimo Cacciari AMA IL PROSSIMO TUO Il Mulino, pp.141, 12
di Federico Vercellone (La Stampa/TuttoLibri, 21.01.2012)
C’è un comandamento che riassume compiutamente l’insegnamento di Gesù, ed è l’ultimo: «Ama il prossimo tuo». Il decimo comandamento realizza il mandatum novum, suggella il nuovo patto tra Dio e il suo popolo. Quello che così si configura è un cammino che travolge i confini. Su questa via il cristianesimo si configura come religione universale. A ricordarcelo sono Enzo Bianchi e Massimo Cacciari in Ama il prossimo tuo, il magnifico libretto dedicato al decimo comandamento che hanno scritto per Il Mulino. Il volume si compone di due saggi. Il primo, di Enzo Bianchi, è intitolato Farsi prossimo come amore, e il secondo di Cacciari, Drammatica della prossimità. I testi compendiano il versante storico-religioso e teologico e quello filosofico della questione. Enzo Bianchi ci guida attraverso la tradizione ebraica e quella cristiana. Il decimo è un comandamento che suona sempre come una sfida; e lo è forse a maggior ragione in un’età come la nostra che è stata definita anche come l’epoca della «morte del prossimo». L’amore, ricorda Enzo Bianchi, è un appello costante a uscire da se stessi; e il comandamento ammonisce, come ricordava già S. Girolamo, che ogni uomo va considerato prossimo per l’altro uomo. L’insegnamento ad amare il prossimo come te stesso, nell’Antico Testamento, compare nel Levitico: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Non abbiamo a che fare con una concezione individualistica dell’ amore, poiché, come si evince dal contesto, l’intento del passo del Levitico è quello di fare di Israele una comunità giusta e solidale fra i suoi membri. Ciò nondimeno avviene nel quadro di un’equilibrata interazione tra responsabilità individuale e dimensione collettiva Al di là del modo in cui si può intendere nella Bibbia ebraica il comandamento, non è possibile non riscontrare come il mandatum novum rappresenti una delle grandi fratture prodotte da Gesù nei confronti del giudaismo, uno dei punti in cui egli si allontana dalla religione dei padri per esprimere una nuova interpretazione della Legge fondata sull’ermeneutica dell’ amore. Come insegna il Vangelo di Matteo, il decimo comandamento diventa il punto di vista attraverso il quale bisogna leggere la Bibbia, un fuoco che illumina «tutta la Legge e i Profeti», un esempio incarnato da Gesù che fa della sua vita un capolavoro d’amore. «Da questo», dice il Vangelo di Giovanni, «tutti sapranno che siete miei discepoli».
Tutto ciò è assolutamente drammatico. Abbiamo a che fare, come magistralmente sottolinea Massimo Cacciari, con un sentimento del tutto paradossale, «con una compassione che non conosce gelosia, e che non ha altro scopo che liberare l’amato». Ogni traduzione risulta arrischiata nel confronto con il contenuto assolutamente paradossale del messaggio evangelico.
Con il decimo comandamento si va ben oltre il concetto greco di philia, che non esclude che sia meglio fare il bene che riceverlo. Con il cristianesimo abbiamo a che fare con un passo che va decisamente oltre ogni amore antico. Quello che qui si annunzia è l’agape, l’amore che non ha innanzi tutto da fare con le relazioni umane ma con il rapporto che Dio intrattiene con se stesso attraverso il Figlio. In quanto il Padre si realizza nell’unità con il Figlio abbiamo a che fare con un amore che sfonda ogni limite, per accogliere entro di sé la sofferenza che affligge l’amato. E’ un amore che sceglie dunque l’impossibile come propria misura. E mostra così che l’amore è ogni volta un obolo infinito che riconosce l’altro prima di noi stessi. Che lo assegna alla sua singolarità assoluta. Realizzandosi l’amore del prossimo si dimostra di volta in volta come il più potente degli impossibili.