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KARL MARX NON ERA UN "MARXISTA" E "IL CAPITALE" DI KARL MARX E’ UNA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA CAPITALISTICA E DELLA TEOLOGIA CATTOLICO-MAMMONICA (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006).

IL CAPITALE DI REINHARD MARX: UNA ENNESIMA APOLOGIA DEL "PLATONISMO PER IL POPOLO" E DEL RAPPORTO SOCIALE DI PRODUZIONE CAPITALISTICO. Una recensione di Vito Punzi - a cura di Federico La Sala

lunedì 18 maggio 2009 di Federico La Sala
[...] Dif­ficile trovare in questo testo elementi che lo distinguano in maniera sostanziale dalla lunga tradizione di dottrina sociale così co­me è nata e si è costituita all’interno della Chiesa cattolica (si vedano per esempio le frequenti citazioni dagli scritti «sociali» di Giovanni Paolo II). Tanto che anche sulla questione delle regole, seppur invocate con forza, l’arcivescovo richiama l’uomo al suo essere «soggetto morale», dunque alla sua facoltà di assumersi delle responsabilità (...)

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> Germania. Il cardinale Marx ha presentato le dimissioni. --- Vaticano. Un giugno nero per la dimensione istituzionale della Chiesa (di A. Melloni).

venerdì 18 giugno 2021

Vaticano

Il giugno nero della Chiesa

di Alberto Melloni (la Repubblica, martedì 15 giugno 2021)

Che nel papato di Francesco ci sia un’autenticità cristiana ineguagliata, lo si vede a occhio nudo. Più difficile è vedere se c’è un filo che lega fatti che si inanellano in questo giugno nero per la dimensione istituzionale della Chiesa. In principio c’è il cardinale Marx. Dimettendosi per denunciare l’inerzia della Chiesa, ha di fatto chiesto le dimissioni del Papa. Insegnando a Francesco come si "assume la colpa", gli ha imputato impotenza in quei metodi spicci che, diventati l’unica cura dell’omertà sui crimini pedofili, non possono più discernere fra calunnie e denunce. La risposta del Papa è stata pubblicare la missiva "personale" di Marx il 3 giugno e il 10 respingere le dimissioni. Mescolando Lc 5 e Gv 21, ha ricordato a Marx che nella Chiesa pasce chi ama e non chi mena.

Il 3 giugno Francesco aveva fissato per decreto generale il limite di 10 anni consecutivi al mandato dei capi e degli organi dei movimenti ecclesiali, salvo deroghe: una norma che comprime i diritti dei fedeli, fissa la liquidazione dei capi in carica (Carrón, Impagliazzo, Martinez, ecc.), mette sub iudice i fondatori viventi (Amirante, Kiko, ecc.): in nome di un bene definito ideologicamente.

Il 7 giugno Enzo Bianchi partiva per l’esilio dalla sua comunità: il Papa aveva cercato di spiritualizzare il (suo) decreto che lo disponeva; ma ora che gli psicologismi che lo avevano ispirato si sono rivelati invincibili, resta un danno alla credibilità ecumenica della Chiesa e un monastero in frantumi. Lo stesso giorno Francesco ha chiesto a monsignor Egidio Miragoli di "ispezionare" la congregazione del clero: gesto inedito e inutile, giacché quattro giorni dopo è stato nominato prefetto monsignor You Heung-sik che una recognitio poteva farsela da sé; ma che dice della ruvidità con cui viene trattato anche chi - ad esempio il prefetto uscente cardinale Stella - ha servito il Papa lealmente.

È coevo l’audit del vicariato di Roma affidato dal Papa a Alessandro Cassinis Righini - ex Deloitte e ora revisore della Santa Sede. Anche qui un atto che rincara la sfiducia palesatasi il 25 aprile in San Pietro, quando il Papa aveva puntato il dito contro il segretario generale del vicariato monsignor Pedretti e gli aveva imputato la morte per crepacuore di un collaboratore, e dato credito ad altre chiacchiere.

Intanto il 9 giugno un’altra puntata dell’affaire del cardinale Becciu, contro cui si sta preparando un rinvio a giudizio che si dice voluminoso. Per trovare documentazione "indispensabile per la dimostrazione della sussistenza delle ipotesi di distrazione di fondi pubblici" (così la pm Gerace) la polizia giudiziaria italiana e vaticana ha perquisito la diocesi di Ozieri.

Figlia di una rogatoria diplomaticamente suicida, perché impedirà d’ora in poi alla Chiesa di invocare le proprie immunità, la perquisizione potrebbe voler dire che l’impianto accusatorio è ancora fragilissimo ed evitare che una difesa puntuta mandi in mondovisione un processo al governo centrale; oppure potrebbe essere un modo per mettere pressione al porporato, sottovalutando l’antropologia sarda.

Infine il 6 giugno il Papa ha fatto cenno all’Angelus all’eucarestia come «pane dei peccatori». Una frase indirizzata alla conferenza episcopale americana che deve votare su se o chi possa negare a Joe Biden la comunione per la sua posizione pro choice, in materia di aborto. Forse la segreteria di Stato ha già disinnescato la bomba: ma se il Papa non lo avesse ordinato o permesso il rischio che il secondo presidente cattolico sia bersaglio della sua Chiesa c’è.

C’è un filo fra questi atti? Alcuni vi vedono l’influsso eccessivo di consiglieri grossolani; altri il piglio autoritario già rimproverato al giovane papa Bergoglio nella compagnia. Non cambia. Fossero anche eventi slegati, il loro accumularsi è un fatto che (per stare a Lc 5) prepara una tempesta.


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