Le due facce dell’Italia
di GIAN ENRICO RUSCONI (La Stampa, 27/5/2009)
Ci sono due Italie. C’è l’Italia che tratta al massimo livello con la politica tedesca e internazionale. Rappresenta il lavoro e l’iniziativa imprenditoriale in un momento difficile. Rischia grosso.
E poi c’è l’Italia provinciale, impantanata nelle ambizioni, nelle idiosincrasie e nelle miserie personali del leader del suo «popolo». Queste due Italie si vedono con nettezza da un osservatorio diventato inaspettatamente privilegiato: Berlino. Ma l’immagine più sconcertante è offerta dalla classe politica nel suo insieme, che dovrebbe rappresentare la realtà complessa del vero popolo italiano, quello che lavora (o cerca lavoro) ed è in seria difficoltà. Invece si presenta impotente, incattivita, immiserita culturalmente, ossessionata dal leaderismo, prigioniera di un sistema mediatico autoreferenziale.
Se ne è accorta anche la Chiesa, nei suoi massimi rappresentanti della gerarchia che pure hanno ampiamente sfruttato tutte le debolezze di questa stessa classe politica. Naturalmente so di fare affermazioni ingiuste nei confronti di singoli uomini/donne in politica o gruppi che cercano di fare bene il loro mestiere. Ma loro stessi ammetteranno che la loro fatica è sterile. Lo straordinario, inarrestabile successo dell’espressione «casta» per indicare sprezzantemente tutti i professionisti della politica ne è un sintomo evidente.
Torniamo all’osservatorio berlinese. Non intendo qui entrare nel merito specifico, tecnico delle trattative Fiat-Opel. Rappresentano un caso esemplare della nuova tensione tra economia, imprenditoria, mondo del lavoro da un lato e una politica attenta alle grandi prospettive del futuro, dall’altro. Ma è una politica che non perde di vista gli equilibri politici interni e gli appuntamenti elettorali a breve termine. La democrazia funziona così. In questo quadro va collocata la vicenda Fiat-Opel. Non va isolato un singolo fattore - sia esso quello strettamente imprenditoriale-finanziario o della salvaguardia dei posti di lavoro -. Sullo sfondo ci sono le grandi prospettive geo-energetiche. Dietro l’America direttamente interessata al problema, si profila indirettamente la Russia, potenza energetica con la quale la Germania ha ormai stretti vincoli di dipendenza. Mi chiedo quanto peso nella vicenda abbia davvero l’ex cancelliere (socialdemocratico) Gerhard Schroeder che notoriamente ha stretti rapporti professionali e personali con la Russia putiniana. Nei commenti che si leggono a questo proposito non sono sempre chiari i confini tra fantapolitica e audace anticipazione di una politica futura.
Da ultimo - perché no? - verso il nostro Paese è riaffiorata l’antica ambivalenza e mescolanza di sentimenti di simpatie e diffidenze («questi imprevedibili italiani...»). Naturalmente è politicamente scorretto insistervi, almeno in pubblico. Ma intanto in poche settimane è diventato evidente al grande pubblico tedesco che ci sono appunto due Italie. Non c’è soltanto l’Italia berlusconiana, numericamente maggioritaria, provincialissima nei suoi vizi e nelle sue virtù, oggetto di continua ironia. Ma c’è anche l’Italia che rilancia internazionalmente alcuni suoi simboli che incarnano alte prestazioni tecniche e iniziativa manageriale. È importante che questo rimanga nella percezione e nella memoria dei tedeschi e degli europei, comunque vada a finire la vicenda Fiat-Opel.