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RADICI EU-ROPEE. AMORE EU-ANGELICO (" CHARITAS"), IN FRANCESE E’ "CHARITÉ", MA IN VATICANO SCRIVONO "DEUS CARITAS EST" E "DIEU EST AMOUR". CHE CONFUSIONE!!! E CHE "LATINORUM"!!!

CHARITÉ : BERLINO RICORDA A PAPA RATZINGER IL NOME ESATTO DELL’ OSPEDALE E DELLA FACOLTÀ DI MEDICINA. Una nota a margine di un evento - di Federico La Sala

giovedì 4 giugno 2009
STORIA E MEMORIA DELLA LIBERTÀ E DELLA LIBERAZIONE
ROSA LUXEMBURG (1870/71), ASSASSINATA A BERLINO NEL 1919, RITROVATA. IL SUO CORPO NELL’OBITORIO DELL’OSPEDALE "CHARITÉ" DELLA CITTÀ.
«Ora è sparita anche la Rosa rossa.
Dov’è sepolta non si sa.
Siccome disse ai poveri la verità
I ricchi l’hanno spedita nell’aldilà"»
(Bertolt Brecht, Epitaffio, 1919)
SCUOLE CATTOLICHE: A BERLINO (E NON SOLO), UN ORRORE SENZA FINE.
MESSAGGIO CRISTIANO E TRADIMENTO STRUTTURALE. La chiesa non ha più il (...)

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> CHARITE’: BERLINO RICORDA ---- Jorge Semprun (Madrid 1923 - Parigi 2011). Quale Europa per sentirsi a casa (di David Bidussa)..

martedì 23 ottobre 2012

Quale Europa per sentirsi a casa

di David Bidussa (Il Sole - 24 Ore, 14.10.2012)

La crisi attuale dell’Europa si riassume nella sfiducia verso un progetto costruito venti anni fa intorno a una moneta. Cresce l’area degli euroscettici e si diffonde l’opinione che l’Europa sia un danno, piuttosto che un’opportunità.

Jorge Semprun (Madrid 1923 - Parigi 2011) una figura intellettuale e politica che ha attraversato tutte le esperienze significative del Novecento (la guerra civile di Spagna, la resistenza in Francia, l’internamento a Buchenwald, la militanza comunista e poi l’espulsione nel 1964, l’impegno culturale per una nuova Europa a partire dagli anni 70) tra il 1986 e il primo decennio di questo nuovo secolo in molte conferenze pubbliche e ora raccolte in volume, ha insistito sui fattori culturali e politici, prima ancora che economici, che potevano consentire la nascita di una nuova Europa.

Il corpo di quelle conferenze vale la pena leggerlo. Tre i punti qualificanti della sua riflessione. Il primo ha come ispiratore il filosofo tedesco Edmund Husserl. Semprun ricorda in molte occasioni i temi di una conferenza che Husserl tiene a Vienna nel maggio 1935 dal titolo La crisi dell’umanità europea e la filosofia. In quel testo Husserl metteva in guardia la cultura europea più aperta dal pericolo della stanchezza, di una visione naturalistica della politica. Superare la visione naturalistica, per Semprun, significa avere una dimensione universale, dimensione che l’Europa ha perduto nel corso del Novecento.

Quello spirito, ricorda Semprun, nell’epoca in cui in Europa sono imperversati i totalitarismi, ha avuto vita lontano dall’Europa: negli Stati Uniti oppure nelle colonie europee che hanno assimilato lo spirito dell’Europa e che vivono in quegli anni un risveglio di libertà. In breve: il futuro del l’Europa a lungo è stato «fuori dall’Europa». Realizzare l’Europa della Ue implica riportarlo «a casa».

Il secondo motivo riguarda la storia dei totalitarismi in Europa: sia quello fascista e nazista, sia quello comunista. È un’omologia che Semprun legge soprattutto nelle pratiche concrete che si strutturano nel corso del corso degli anni 30: l’eliminazione delle proprie ali interne di sinistra; i grandi processi epurativi interni; l’antisemitismo; la lotta alla libera espressione artistica e letteraria.

Sostiene Semprun nel 1986 in un discorso pubblico a Weimar - negli stessi mesi del confronto tra Habermas e Nolte a proposito del nazismo e del «passato che non passa» - che sia la costruzione dello stalinismo tra gli anni 20 e gli anni 30 fino alle grandi purghe del 1937-1938 sia il consolidamento del potere del nazismo in Germania tra 1933 e 1938 fino alla "Notte dei Cristalli" (9 novembre 1938) si strutturano sulle stesse dinamiche, scatenano gli stessi odi, hanno come fine l’eliminazione degli stessi tipi di avversari, si attuano attraverso l’assunzione dello stesso gergo culturale. Un processo che sfocia nel patto Hitler-Stalin del 1939-1941 che non rappresenta né una scelta tattica né un voltafaccia, ma un incontro tra simili, che hanno più punti in comune che non divergenze.

È una dinamica che Semprun legge anche nelle forme di persecuzione attuate dopo il 1945 nei "socialismi reali". È un passaggio in cui Semprun mette consapevolmente in gioco e in discussione anche la sua autobiografia facendo in pubblico un’analisi del proprio processo di revisione e di distacco.

La sua espulsione dal movimento comunista a metà degli anni 60, infatti, non nasce da una divergenza tattica, bensì da una culturale. Una insensibilità che Semprun rimprovera a gran parte delle sinistre europee del "dopo Muro": sia alle socialdemocrazie europee (pagg. 175-183), sia alle altre aree della sinistra che a lungo avevano avuto un rapporto «ambiguo», più che doppio, con il mondo sovietico (il riferimento è al Pci e a tutto ciò che a quel partito è seguito dopo il 1989) convinte che fosse arrivato il loro momento. La realtà politica dell’Europa è stata diversa.

Infatti, la realtà attuale dell’Europa politica, la forza magnetica, con il supporto della spiegazione complottista e vittimista della storia e della politica, che riprendono ad avere i movimenti neoetnicisti, e neonazionalismi, negli anni 90 del Novecento nonché il loro radicamento in questo inizio secolo, fanno dire a Semprun che la retorica che è stata la forza di quei totalitarismi nei momenti della loro massima espansione e della loro diffusione di massa, è tornata a battere alle porte dell’Europa e che soprattutto, nessuno ha la proposta per contrastarli efficacemente.

Il terzo motivo riguarda a chi riconoscere il ruolo di rappresentare un progetto culturale di tipo universalistico.

Semprun è stato un intellettuale cosmopolita. A lungo ha scritto e pensato "spagnolo", poi a partire dagli anni 70 ha pensato e scritto prevalentemente in francese. In una dimensione in cui si è "a casa" in molti posti ma non si ha una sola casa, Semprun pensa che sia la Germania il perno del possibile progetto europeo.

Lo dice in molte occasioni, soprattutto lo dice al Parlamento federale tedesco il 27 gennaio 2003, lo dice a Francoforte nel 1994, lo ripete e forse è l’occasione simbolicamente più significativa al Teatro Nazionale di Weimar il 9 aprile 1995 nel cinquantenario della liberazione del campo Buchenwald - il suo campo di concentramento - da parte delle truppe anglo-americane.

In quei discorsi pubblici, Semprun sottolinea come nel secondo dopoguerra solo la Germania di Bonn abbia avuto la forza e la volontà di affrontare criticamente il proprio passato e come solo il crollo del Muro abbia aperto un processo di analisi collettiva coinvolgendo anche l’altra Germania.

La Germania riunificata diviene così quel soggetto capace di pensare l’Europa non in virtù della sua forza economica, bensì per la consistenza della sua riflessione pubblica e ciò è possibile perché la scelta per l’Europa da parte sua significa sfidare la sua stessa storia: superare quei due totalitarismi che ha sperimentato dentro di sé.

La riunificazione tedesca così per Semprun non è una costruzione nazionalistica, bensì la definizione di un’autocoscienza dell’Europa che altri non possono candidarsi a rappresentare o che comunque si sono rifiutati di rappresentare perché non hanno fatto in conti radicalmente con la propria storia.

È forse il più "spudorato" riconoscimento di missione della Germania che sia stato dichiarato da un "non tedesco" e anche il più significativo, perché espresso da uno che è stato anche vittima del totalitarismo tedesco. Ma è anche l’opportunità per pensare una ipotesi europea che finora in molti hanno messo da parte. E che la crisi invita a considerare, oltre la dimensione economica, in funzione di una fondazione politica, questa volta. Ammesso che la si voglia per davvero.

* Jorge Semprun, Une tombe au creux des nuages. Essais sur l’Europe d’hier et d’aujourd’hui, Climats, pagg. 330, € 19,00


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