È in Italia il terapeuta familiare Jesper Juul per lanciare il Family-lab a sostegno dei genitori
Alla base di tutto la critica ai metodi pedagogici che mirano a creare cittadini obbedienti
W la famiglia senza tetto né legge
Si chiama Jesper Juul, è danese e si batte contro
i tradizionali metodi pedagogici. È in Italia
col nuovo libro «La famiglia che vogliamo» e col progetto «Family-lab» (www.family-lab.com.)
di Manuela Trinci (l’Unità, 21.6.10)
Una voce morbida, calda, dal ritmo veloce. Mani grandi come uno zio d’America e una bella pancia rotonda, accogliente come un cuscino. Jesper Juul si presenta così, placido e rassicurante, come un abitante del paese dei cerchi. Danese, terapeuta della famiglia, autore di vari libri, tra cui gli imperdibili long-seller: Il bambino è competente (Feltrinelli, 2001), e Ragazzi, a tavola! (Feltrinelli 2005), Juul è da un paio di mesi in Italia per presentare la sua ultima fatica La famiglia che vogliamo (Urra) e lanciare i Family-lab (www.family-lab.com), un progetto familiare al servizio dei ge- nitori, peraltro già molto diffuso in Europa (Germania, Austria, Danimarca, Svezia ecc...).
PER MAMMA E PAPA’
Con una premessa importante. Il celebre terapeuta non crede affatto che esistano metodi «educativi» esterni che garantiscono il successo o che sia possibile istruirsi o qualificarsi come padre e madre frequentando corsi. Tuttavia, questa «officina di famiglia», a fronte della grande solitudine dei genitori di oggi, tra conversazioni, dialoghi, serate a tema, riescono ad offrire «ispirazione, counselling e soprattutto condivisione».
Un progetto elastico, dove ai genitori, «costruttivamente insicuri e consapevoli», si propone la ricerca di altri modi di fare, di altre scelte possibili e si valorizzano sogni e voglie per raggiungere la famiglia che si desidera. Perché la famiglia che Juul vuole è un luogo di mediazione, di negoziati, di rispetto reciproco, di incoraggiamento dell’individualità. Un luogo senza recinzioni, di soggetti imperfetti e volenterosi, di errori, di incontri e di scontri.
ABBASSO LE REGOLE
Alla base di tutto, una fortissima critica sia ai metodi pedagogici più tradizionali basati su regole e regolamentazioni con l’obiettivo di creare futuri cittadini obbedienti quanto acefali, sia all’attuale potentissima manipolazione che, a tutto tondo, viene usata sui bambini tanto da violarne l’integrità emozionale ed esistenziale. E via anche dal vocabolario del versatile analista il sostantivo «educazione», sostituito dall’ espressione «guida empatica».
Il bambino, sostiene Juul, nasce competente e dispone già di nozioni, valori e criteri di valutazione che orientano concretamente la sua esperienza. Il neonato è un sentimentale: neuroscienze e osservazioni psicoanalitiche lo confermano da anni. Comunemente, invece, ci si comporta con lui come se fosse una specie di tabula rasa su cui i genitori devono imprimere le conoscenze necessarie per un regolare sviluppo umano e sociale. Sembra difficile impostare da subito un rapporto paritario, fra soggetti.
Il piccolo è un «centro attivo di competenze», collabora. Occorre osservarlo. E non basta incoraggiare, sostenere, facilitare il bambino; è indispensabile anche aiutarlo in situazione sociale come la nostra, più orientata verso il «fare» e il «non pensiero» a «esistere», a «sentirsi bene con se stesso».
Quelle di Jesper Juul sono idee semplici: stare di più tutti insieme, con cellulari, televisioni e computer spenti! Nessuno è un’isola, e allora cucinare, in maniera attenta e creativa, con i figli si rivela una gran risorsa. Le famiglie hanno bisogno di valori più sostanziali del «veloce, a buon mercato e facile». Anche per affrontare i problemi individuali c’è necessità di valori: pari dignità, integrità, autenticità, responsabilità come pure il ruolo di leadership dei genitori o la solidarietà sociale, nella scuola, dappertutto.
Ma non disdegna Juul di sovvertire bonariamente, di conferenza in conferenza, tanti luoghi comuni: la paghetta? E perché mai! Nelle relazioni gratuite d’amore, in cui c’è rispetto, l’aiuto lo si dà volentieri senza chiedere nulla in cambio! E i genitori? Che dire? Sempre d’accordo di fronte ai ragazzini? Solo se la famiglia è autoritaria replica, ancora, Juul. Diversamente non c’è alcun bisogno di essere d’accordo. I bambini non sono turbati dalle nostre differenze ma dai nostri litigi sulle differenze!
In ogni modo tranquilli: né i family-lab né i suoi libri si presentano come un prontuario terapeutico, anzi. Jesper Juul è il primo a suggerire, sornione, che «se con i vostri figli fate qualcosa che funziona e che è diverso da quello che dico io, continuate a fare come state facendo!»