Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
BRP1 - ESAME DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE
CORSO SPERIMENTALE - Progetto “BROCCA”
Indirizzo: SOCIO - PSICO - PEDAGOGICO
Tema di: PEDAGOGIA
Il candidato svolga, a scelta, due dei seguenti temi proposti:
I
«L’espressione “visione del mondo” si riferisce, in generale, all’universo che ogni popolo, ogni cultura,
ogni epoca e ogni individuo si costituiscono conferendo al mondo un determinato senso e un
determinato valore. Tale visione non è mai definita e conclusa, ma sempre dinamica e aperta, perché
dipende dall’attribuzione di senso (Sinngebung) che l’uomo di volta in volta dà al mondo. In questa
attribuzione consistono la libertà dell’uomo e le radici ultime del suo modo di essere strettamente
dipendente dalla visione che egli ha del mondo. Questa concezione, già presente nella cultura tedesca di
fine Ottocento, è stata filosoficamente tematizzata da Dilthey, che col termine Weltanschauung ha
indicato la generalizzazione dei dati culturali, artistici e filosofici che incarnano lo spirito di un’epoca, e
da Jaspers, che nella visione del mondo ha distinto il versante soggettivo costituito dagli atteggiamenti e
il versante oggettivo rappresentato dalle immagini con la precisazione che “atteggiamenti e immagini
del mondo sono astrazioni, che separano ciò che in pratica coesiste”.»
U. GALIMBERTI, Dizionario di Psicologia, Milano, 1999
Il candidato esponga le sue riflessioni sull’argomento del brano sopra riportato e si soffermi, in particolare, sulle seguenti questioni: − che cosa si intende per visione del mondo? − c’è nell’educando l’esigenza di costruirsi una visione del mondo? e, in caso affermativo, da che cosa nasce tale esigenza? − quale rapporto intercorre fra processo educativo e costruzione di una visione del mondo da parte dell’educando? − quale ruolo deve svolgere l’educatore in riferimento a tale processo di costruzione?
II
«Io avevo definito la classe non come un luogo dove il ragazzo viene per apprendere dati conosciuti, ma
come una struttura sociale nella quale si sviluppino comunicazioni e interazioni tali da far maturare la
sua personalità. Oggi, per un insegnante, è difficile intuire le varie interazioni negative che si creano e si
modificano all’interno di una classe. Questa è formata da individui diversi per estrazione sociale,
sviluppo intellettivo ed educazione, rispetto alle grandi e alle piccole cose; e la scuola è considerata
anche come frutto del pensiero genitoriale, che non si capisce mai del tutto in che modo viva la figura
dell’insegnante. Dico questo perché in molti casi di cronaca si riscontrano le difficoltà degli insegnanti a
scoprire certe situazioni drammatiche e a evitarle. Di certo non sono esigue le difficoltà attuali, loro e di
tutto il sistema, riguardo alle classi dagli otto ai tredici-quattordici anni.
Segni indiretti come disattenzione, indifferenza, apprendimento ondulatorio, insicurezza o spavalderia,
impulsi e situazioni sessuali eccessivamente ansiogeni, autosufficienza, o al contrario passività e
dipendenza, possono essere campanelli d’allarme. Soprattutto se improvvisi.»
G. BOLLEA, Genitori grandi maestri di felicità, Milano 2010
Il candidato, seguendo il ragionamento dell’autore del testo sopra riportato, sviluppi il concetto di classe scolastica come struttura sociale, rilevando le possibili dinamiche comunicative e formative che si aprono fra gli alunni. Pag. 2/3 Sessione ordinaria 2011
III
«Si è spesso sottolineato l’effetto positivo che l’interazione sociale ha sul ragionamento dei bambini;
l’interazione fornisce infatti un sistema di supporto sociale, in modo particolare per quanto riguarda
le acquisizioni di tipo procedurale. [...] Le caratteristiche sociali e costruttive dei processi di
apprendimento sono ancora largamente sottovalutate o non considerate nella maggior parte dei
contesti educativi: per questa ragione, volendo studiare i processi sociali di acquisizione delle
conoscenze abbiamo costruito (e inserito in un contesto scolastico) contesti di apprendimento
innovativi che abbiamo definito «discussioni». [...]
Le discussioni a scuola infatti possono
costituire un potente contesto per praticare e imparare nuove strategie di pensiero e ragionamento, a
patto che vengano salvaguardate alcune condizioni per la loro realizzazione: ad esempio, partire da
un’esperienza comune e condivisa e disporre di un oggetto di discussione realmente problematico
anche per gli studenti.
È inoltre necessario cambiare i ruoli «sociali» del discorso a scuola: anche
l’insegnante può imparare e anche gli studenti possono partecipare attivamente al processo di
insegnamento/apprendimento. Come pratica di discorso collettivo una discussione è basata inoltre
su abilità conversazionali di tipo più generale che i bambini hanno già imparato quando arrivano a
scuola, addirittura quando arrivano alla scuola materna. Quello che devono ancora imparare è a
dirigere e utilizzare in modo consapevole queste abilità all’interno delle pratiche di discorso tipiche
dei processi di istruzione.»
C. PONTECORVO, H. GIRARDET, C. ZUCCHEMAGLIO, Forme di ragionamento condiviso nella comprensione di argomenti storici, in La Condivisione della conoscenza, a cura di C. Pontecorvo, Firenze, 1993
Il candidato esponga le sue riflessioni sull’argomento del brano sopra riportato e, in particolare, si soffermi sui seguenti punti: − lo sviluppo del linguaggio nella preadolescenza; − l’utilizzo della pratica argomentativa in una classe della scuola primaria; − la discussione come strumento di miglioramento delle acquisizioni cognitive.Pag. 3/3 Sessione ordinaria 2011 Seconda prova scritta Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
IV
«Io cominciai la mia opera come un contadino che avesse a parte una buona semente di grano e al quale fosse stato offerto un campo di terra feconda per seminarvi liberamente. Ma non fu così; appena mossi le zolle di quella terra, io trovai oro invece che grano: le zolle nascondevano un prezioso tesoro. Io non ero il contadino che credevo di essere: io ero piuttosto un Aladino che aveva tra le mani, senza saperlo, una chiave capace di aprire quei tesori nascosti.
Infatti, la mia azione sui bambini normali mi portò una serie di sorprese. È logico intendere che
quei mezzi che avevano prodotto nei deficienti un grande risultato educativo, potessero costituire
una vera chiave per aiutare lo sviluppo dei bambini normali e che tutti i mezzi che avevano avuto
successo nel fortificare le menti deboli e nel raddrizzare le intelligenze false, contenessero i principi
di una igiene dell’intelligenza, ottima per aiutare le menti normali a crescere forti e diritte. [...]
I primi risultati mi gettarono nella più grande meraviglia e spesso nell’incredulità. [...] Il bambino
normale attratto dall’oggetto vi fissava intensamente tutta la sua attenzione e continuava a lavorare
e a lavorare senza posa, in una concentrazione meravigliosa. E dopo aver lavorato, allora appariva
soddisfatto, riposato e felice. Il riposo era ciò che si leggeva su quei piccoli visi sereni, in quegli
occhi di bambino brillanti di contentezza, dopo che era stato compiuto un lavoro spontaneo. Dopo
aver lavorato il bambino era più forte, più sano mentalmente di prima.»
P. GIOVETTI, Maria Montessori. Una biografia, Roma, 2005
Il candidato, alla luce delle sue conoscenze ed esperienze, illustri:
− le linee fondamentali del metodo montessoriano;
− la funzione del maestro nella pedagogia montessoriana;
− la pedagogia scientifica: teorie, movimenti ed esperienze tra Ottocento e Novecento.
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Durata massima della prova: 6 ore.
È consentito soltanto l’uso del dizionario di italiano.
Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema