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FILOSOFIA E POESIA. Goethe e la continuità tra il pensiero greco e il cristianesimo nelle riflessioni sulla vita, sul senso del tempo umano ...

RICORDATI DI VIVERE: E IN UN ATTIMO ("AUGENBLICK") SARAI FELICE. Il filo d’oro dell’eternità nella catena del tempo. Un lavoro di Pierre Hadot, presentato da Rosita Copioli - a cura di Federico La Sala

Hadot vive le espe­rienze di cui parlano gli stoici, Epitteto, Seneca, Marco Aure­lio, gli epicurei, Lucrezio, i cristiani, Spinoza, Goethe.
domenica 7 giugno 2009 di Federico La Sala
[...] L’attimo non è solo il kairòs
del momento felice, quando il destino sorride in una strizzatina d’occhio (Augen­blick).
Il battere d’occhio è l’istante da fissare per sem­pre: «Guarda l’attimo (Au­gen-blick) negli occhi (Au­gen)», comanda l’Elegia di Marienbad. Ogni attimo ha un valore infinito perché rappresenta l’eternità nella sua interezza. Occorre ac­cettare e amare la metamorfosi dell’essere per ritrovarsi uni­ti al divino che è nell’esistenza. Così la farfalla si (...)

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> RICORDATI DI VIVERE --- L’inno alla vita di Goethe. Pierre Hadot ricostruisce gli «esercizi spirituali» del poeta tedesco (di Nuccio Ordine)

domenica 30 agosto 2009

Destino, speranza, meditazione: Pierre Hadot, del Collège de France, ricostruisce gli «esercizi spirituali» del poeta tedesco

«Ricordati di vivere». L’inno alla vita di Goethe

-  Ha scritto Goethe: «Perché dovrei, in una vita così breve, tormentarmi? Perciò ti raccomando: memento vivere»

-  Gli esercizi spirituali di Goethe sono atti dell’intelletto con i quali l’individuo si sforza di trasformare il suo modo di vedere il mondo al fine di trasformare se stesso

di Nuccio Ordine (Corriere della Sera, 30.08.2009)

«Memento mori! / perché do­vrei, in una vita così breve, / tormentarmi?»: Johann Wolfgang Goe­the, in una stupenda poesia intitolata «Genio librantesi sopra la terra», tesse un inno alla vita, mostrando i limiti di una cultura dominata dal pensiero della morte. «Perciò, come un vecchio barbo­gio, / docendo ti raccomando, / caro amico, secondo il tuo modo, / Memen­to vivere, non altro». Il genio che vola al­to, nel tentativo di abbracciare l’infinito, si commuove di fronte allo spettacolo cosmico e scoprendosi parte del tutto trasforma la sua meraviglia in un amore illimitato per la vita.

L’esistenza merita di essere vissuta di per sé senza lasciarsi distrarre dalla pro­messa di altre vite altrove. Basta un atti­mo eccezionale, un’occasione insperata, per capire che la vita che stiamo viven­do, nonostante difficoltà e pene, ci può far gioire della vita e che le cose terrene non meritano disprezzo ma possono essere fonte di un’intensa felicità, incitando l’io ad andare oltre se stesso per mettersi anche al servizio degli altri.

A queste straordinarie riflessioni di Goethe dedica pagine appassionate Pier­re Hadot, professore emerito nel Collè­ge de France e internazionalmente rico­nosciuto come uno dei più grandi spe­cialisti di filosofia antica. Nel suo ultimo libro, Ricordati di vivere. Goethe e la tra­dizione degli esercizi spirituali - edito da Cortina (pp. 174, e 19,50) nell’ottima traduzione italiana di Anna Chiara Pe­duzzi - lo studioso ci propone una pro­fonda analisi dei testi goethiani alla luce delle fonti classiche (con una particola­re attenzione per epicurei, stoici e cini­ci). E attraverso tre ricchi capitoli, ci mo­stra come Goethe abbia compiuto dei ve­ri e propri «esercizi spirituali», espres­sione più volte utilizzata da Hadot in di­versi suoi libri e che, contrariamente a quanto credono alcuni critici, non ha nessuna connotazione religiosa. «Si trat­ta - specifica l’autore nella sua introdu­zione - di atti dell’intelletto o dell’im­maginazione o della volontà caratterizza­ti dalla loro finalità: grazie ad essi, l’indi­viduo si sforza di trasformare il suo mo­do di vedere il mondo al fine di trasfor­mare se stesso».

Hadot inizia soffermandosi sull’eser­cizio che più volte ritorna nell’opera di Goethe: concentrarsi sull’istante presen­te, cercando di vivere intensamente ogni attimo dell’esistenza. Nell’avvincen­te dialogo tra Faust («L’animo allor pla­cato non guarda a ciò che è stato né a quello che sarà. Solo il presente...») ed Elena («... è la nostra felicità») si concre­tizza lo splendore dell’essere: per liberar­si dalle banalità e dalla trivialità del quo­tidiano non c’è bisogno di evadere dalla realtà rifugiandosi nel passato o nel futu­ro, ma occorre sapersi liberare dagli ego­ismi che ci impediscono di vedere lo splendore del momento presente. Pro­prio in questa magica percezione è pos­sibile cogliere il senso profondo del valo­re della vita.

Basta librarsi in volo verso il cielo stel­lato o ascendere una montagna per intra­prendere un altro esercizio spirituale ca­ro all’olimpico Goethe. E proprio nel se­condo capitolo, Hadot mostra come lo sguardo dall’alto consenta ai personaggi goethiani di vivere istanti eccezionali at­traverso la contemplazione della natura. Il sublime spettacolo delle cose che ci circondano simbolizza anche il piacere e la serenità provocati dalla poesia o dall’arte, anch’esse sospese, come l’uomo, tra il cielo e la terra.

Nell’interpretazione della poesia intitolata «Parole primordiali» è possibile, per Hadot, individuare il terzo esercizio spirituale, fondato sulla «descrizione del destino umano», in cui la speranza «fa da coronamento alla poesia», costituendo un «atteggiamento fondamentale».

Alla fine di questo percorso affascinante il lettore ritroverà l’eco dell’amore di Goethe per la vita dalla prima all’ultima pagina del libro. E non potrà fare a meno di apprezzare che il rilancio dell’in­vito a vivere del poeta tedesco sia oggi promosso da un entusiasta ottantasetten­ne. Questo Goethe, nella rilettura di Ha­dot, ci insegna che non è vero che al di fuori dell’eternità non ci possa essere feli­cità. Dire sì al vivere e al mondo significa imparare a dare un valore infinito agli istanti minimi della nostra esistenza.


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