Inviare un messaggio

In risposta a:
PER LA CRITICA DEL CAPITALISMO E DELLA SUA TEOLOGIA "MAMMONICA" (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006).

"CHI" SIAMO NOI, IN REALTÀ. RELAZIONI CHIASMATICHE E CIVILTÀ: UN NUOVO PARADIGMA. CON MARX, OLTRE. Un saggio di Federico La Sala

LO SPIRITO CRITICO E L’AMORE CONOSCITIVO. MARX, IL "LAVORO - IN GENERALE", E IL "RAPPORTO SOCIALE DI PRODUZIONE - IN GENERALE".
giovedì 14 marzo 2024
"CHI" SIAMO NOI, IN REALTÀ. Relazioni chiasmatiche e civiltà. Lettera da ‘Johannesburg’ a Primo Moroni (in memoriam)
(PER LEGGERE il saggio, aprire il pdf, vedi anche allegato, in fondo.
HEGEL E L’AUTOCOSCIENZA - DALLA RELAZIONE DIALETTICA AL DIALOGO: "L’autocoscienza attraversa nella sua formazione o movimento questi tre stadi: 1. quello del desiderio [Begierde], in quanto rivolto ad altre cose; 2. quello della relazione signoria-servitù, nella misura in cui l’autocoscienza si rivolge ad (...)

In risposta a:

> CHI SIAMO NOI, IN REALTA’?! RELAZIONI CHIASMATICHE E CIVILTA’: UN NUOVO PARADIGMA. CON MARX, OLTRE. --- La nuova ’Storia del marxismo’ in Italia, a cura di Stefano Petrucciani (di P. Favilli)

mercoledì 11 maggio 2016

continuazione - fine

3) Nei primi due volumi di quest’opera l’intreccio tra dimensione teorica e sua articolazione con lo svolgimento dei lineamenti politici si manifesta, e non poteva essere altrimenti, attraverso un fittissimo insieme di problemi. Mi soffermerò, brevemente, solo su un paio di temi che mi sembra abbiano a vedere in maniera particolare con questioni di fondo relative a tale intreccio:

a) l’ «antiriformismo» di Marx, b) filosofia/non filosofia in Marx e nel marxismo.

a) Secondo Stefano Petrucciani «non c’è dubbio sull’opzione antiriformista e rivoluzionaria di Marx»[12]. Un’affermazione che, a mio parere, ha bisogno di essere meglio precisata, e, quindi, inserita in un contesto di «distinzioni», per usare un’espressione di Delio Cantimori.

Soprattutto la distinzione tra le categorie analitiche del Capitale e le posizioni politiche di Marx, in particolare nel momento in cui la Spd tendeva ad assumere una identità «marxista».

Sul piano del miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai, ad esempio, la teoria del salario veniva legata da una parte a quella del valore, dall’altra a quella dell’accumulazione, tramite la definizione dei meccanismi d’azione del saggio di plusvalore e del saggio del profitto. Perciò, per quanto concerneva le categorie strettamente analitiche, la grandezza del salario, lungi dall’essere legata ai minimi di sopravvivenza (e del resto Marx insisteva particolarmente sul carattere storico, non statico, di questi minimi), non trova limiti se non nell’insorgenza di gravi pericoli per la continuazione del processo di valorizzazione del capitale. Le variazioni del saggio del profitto tra un limite minimo ed uno massimo potevano essere assai ampie. «È chiaro - affermava Marx - che tra questi due limiti del saggio massimo del profitto è possibile una serie immensa di variazioni. La determinazione del suo livello reale viene decisa soltanto dalla lotta incessante tra capitale e lavoro»[13]. Ed è altrettanto chiaro che tra questi due limiti, nella tensione verso il limite superiore, sta tutta la storia del riformismo. Centocinquant’anni di storia economica e sociale dalla I edizione del Capitale, hanno dimostrato, ad abundantiam, la dinamica di quelle oscillazioni anche in relazione al fattore «movimento operaio».

Naturalmente non era certo questo l’orizzonte verso cui verso cui tendeva il «rivoluzionario» Marx, ma le sue principali categorie di analisi economica non possono esser considerate negatrici di percorsi gradualistici e quindi riformatori.

Per quanto riguarda, invece, la posizione politica espressa nella «importante lettera “antiriformista”»[14] del 1879, il contesto in cui si pone è, certamente, quello della «assoluta opposizione», cioè il contesto in cui, in seguito alle leggi antisocialista di Bismarck, l’ambiente socialista tedesco si trovò ad essere sottoposto a violente oscillazioni. La ricordata lettera-circolare del 1879 non è altro che una reazione nei confronti dell’oscillazione più radicale: dalla «lotta di classe» alla «filantropia». Nell’estate di quell’anno era uscita a Zurigo nell’appena fondato «Jahrbuch für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik», un articolo dal titolo Sguardi retrospettivi sul movimento socialista in Germania. Ne erano autori Höchberg, Schramm e Bernstein che però aveva aggiunto solo alcune righe secondarie. Questa una delle frasi chiave dell’articolo: « ... i tedeschi hanno commesso un errore trasformando il movimento socialista in un puro movimento operaio e attirandosi da sé, provocando inutilmente la borghesia. Il movimento dovrebbe essere portato sotto la direzione degli elementi borghesi e colti...».

In una lettera a Becker (8 settembre) Engels chiarirà il senso della circolare «antiriformista»: «Sarà ben presto tempo di farsi avanti contro i grandi e piccoli borghesi filantropici (...) che vogliono annacquare la lotta di classe del proletariato contro i suoi oppressori [trasformandola] in un istituto generale per la fratellanza umana, e questo nel momento in cui i borghesi, con i quali vogliono affratellarci, ci hanno dichiarato fuori legge, hanno distrutto la nostra stampa, disperso le nostre assemblee e ci hanno consegnati all’arbitrio poliziesco sans phrase. Difficilmente i lavoratori tedeschi parteciperanno a questo tipo di menzogna». Battaglia per l’autonomia politica e teorica del socialismo, dunque, esattamente la stessa operazione che più di un decennio dopo vedrà, in Italia, protagonista Filippo Turati contro tutti gli «affinismi».

b) «Quando si parla del rapporto tra “filosofia” e “marxismo” si viene nominando un oggetto non chiaramente intellegibile», in questi termini, del tutto condivisibili, Giorgio Cesarale imposta uno dei problemi che ha attraversato, ed attraversa, tutto il lungo percorso del «marxismo teorico».

Cesarale è ben cosciente della difficoltà (impossibilità?) di definire il sapere filosofico. Penso che potrebbe concordare con quest’affermazione di uno storico come Krzysztof Pomian: «La specificità della filosofia consiste proprio in questo, che essa non può realizzarsi se non in una pluralità di filosofie tra loro in conflitto». E gran parte di questi conflitti sono relativi al rapporto tra sapere filosofico e saperi particolari[15]. La questione del rapporto filosofia-Marx, filosofia-marxismo è del tutta interna a questo tipo di problema, la cui consapevolezza impronta di sé tutto il saggio di Cesarale.

«Karl Marx fu un filosofo tedesco»[16] afferma con decisione Kolakowski, e su questa base legge le categorie economiche marxiane come sostanziale frutto di una «antropologia filosofica»[17] e ribadisce che il Capitale «va compreso come opera filosofica»[18]. Ed, appunto, cercare una risposta alla questione della natura del sapere di Das Kapital, significa entrare nel nucleo centrale dell’operazione tanto metodologica che epistemologica del Marx maturo.

Marx è stato certamente anche un «filosofo tedesco» e alcuni dei problemi filosofici centrali del periodo giovanile, non sono certo scomparsi, nella maturità, dall’orizzonte della sua riflessione. Ma è altrettanto significativo che una volta giunto alla economia politica egli «studiò per vent’anni questa scienza (...) con un interesse assolutamente prevalente rispetto agli altri rami del sapere»[19]. Il Marx analitico della maturità è un economista politico. Il problema riguarda piuttosto la peculiarità della sua critica dell’economia politica.

Com’è noto Schumpeter insiste sulla natura «chimica» della fusione nel Capitale di sociologia, storia, economia. Diverso il caso della filosofia che, sempre secondo Schumpeter, al massimo avrebbe influenzato la «visione» di Marx, l’«atto conoscitivo preanalitico», mentre si potrebbe dimostrare che «ogni sua proposizione, economica e sociologica, come pure la sua visione del processo capitalistico in generale, o possono riportarsi a fonti non filosofiche (...) oppure considerarsi come risultato di una propria analisi rigorosamente empirica»[20]. Un’osservazione pregnante, sebbene non immune da quel fastidio nei confronti della filosofia, apportatrice di impurità nei paradigmi scientifici, tipico di una lunga tradizione di economisti per i quali nel migliore dei casi la filosofia doveva considerarsi nettamente separata dalla loro disciplina, nel peggiore considerarsi il luogo di complicate fanfaluche verbali.

In realtà la filosofia, nell’argomentazione del Capitale, ha un ruolo più rilevante di quello che Schumpeter le ha assegnato, senza che per questo l’analisi economica perda la sua specificità, e le categorie economiche appaiano come meri involucri di categorie filosofiche, così come Kolakowski le ha interpretate. La scelta del curatore della Storia del marxismo di affidare a Riccardo Bellofiore[21], uno degli economisti che con maggiore rigore e penetrazione ha indagato il rapporto filosofia/economia nel Capitale, il capitolo dedicato all’analisi il luogo sostanziale del problema (la teoria del valore), è stata, senza dubbio, lungimirante.

Cesarale, sulla questione, cita Balibar: «quella marxiana è piuttosto tanto un’antifilosofia (...) quanto una sorta si Überwindung, di oltrepassamento, della filosofia, una posizione teorica che nel suo costituirsi utilizza la filosofia, ma non la invera, non la eleva ad un grado superiore di sviluppo». Sempre dallo stesso libro cui si riferisce Cesarale si potrebbe citare anche questa tesi che l’autore definisce «un po’ paradossale»: «Non c’è e non ci sarà mai una filosofia marxista; di contro l’importanza di Marx per la filosofia è più grande che mai ( il corsivo è di Balibar)»[22].

Alla fine del XIX secolo un filosofo italiano, Antonio Labriola, proprio tramite studi economici, passa dalla «filosofia astratta»[23], alla convinzione che «la filosofia come un tutto a sé [sia] destinata a sparire»[24] (il corsivo è mio). Un lungo e intenso viaggio all’interno dell’economia politica durante il quale la sua concezione di filosofia si modifica radicalmente. Alla luce di quel viaggio, che poi fa tutt’uno con la sua adesione al marxismo, arriverà a questa conclusione: «Noi ora sappiamo che cosa la filosofia sia stata, che cosa non debba più essere, e in quali modesti confini d’ora innanzi si debba restringere»[25]. Per Labriola, in polemica con Croce proprio sulla concezione della filosofia, la scienza dei «concetti puri» si manifesta come sapere regressivo, rispetto ad un metodo, quello marxiano, che si oppone, da un lato all’assolutizzazione della scienza, sottoponendola ad una “critica” (nel Capitale, ad una “critica dell’economia politica” come scienza); dall’altro si oppone alla assolutizzazione della filosofia, rinviandola per i suoi contenuti a riflettere sulle scienze e sull’esperienza comune

Si è di fronte, direi, ad un modo d’intendere il lavoro teorico diverso dalla theoria (non è un bisticcio di parole) nelle sue implicazioni procedurali, conoscitive e pratiche, un modo che costituisce la risposta non alla classica (e infruttuosa) domanda ‘che cosa è la filosofia?’, ma alla domanda cruciale ‘come fare filosofia in mondo che cambia?’: per conoscerlo e per trasformarlo.

-  Paolo Favilli, già professore di Storia contemporanea e Teoria della conoscenza storica all’Università di Genova, già direttore del Dipartimento di Studi Umanistici di quell’Università, è studioso delle culture del socialismo. Alla storia del marxismo ha dedicato, oltre numerosi saggi, anche alcuni volumi: Il socialismo italiano e la teoria economica di Marx (1892-1902), Napoli, 1980, Herausgabe un Verbreitung der Werke von Karl Marx und Friedrich Engels in Italien, Trier, 1988, Storia del marxismo italiano. Dalle origini alla grande guerra, Milano, 1996; Marxismo e storia. Saggio sull’innovazione storiografica in Italia, Milano, 2006. Sono in corso di pubblicazione: Il marxismo e le sue storie, Milano, 2016 e The History of Italian Marxism. Leiden/Boston, 2016, traduzione inglese del libro del 1996.

NOTE

[1] «La Stampa», 3 marzo 2015.

[2] K. Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, Napoli, La città del sole, 2011. (Marx Engels Opere Complete, XXXI).

Cfr. http://ilrasoiodioccam-micromega.blogaut...

[3] A. Gramsci, Quaderni del carcere, Edizione critica, Torino, Einaudi, 1975, p. 420.

[4] R. Fineschi, Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la nuova edizione storico-critica (MEGA2), Roma, Carocci, 2008.

[5] G. Cesarale, Filosofia e marxismo tra Seconda a Terza Internazionale, in Storia del marxismo, vol. 1, pp. 169-228. La cit. p. 225.

[6]S. Petrucciani, Premessa, e Da Marx al marxismo attraverso Engels, in Storia del Marxismo, cit,, pp. 9 e 12.

[7]N. Merker, Ortodossia e revisionismo nella socialdemocrazia, ivi, pp. 33-72. La cit. p. 33.

[8] S. Petrucciani, Da Marx al marxismo, attraverso Engels, ivi, pp. 11-32. La cit. p. 24.

[9] N. Merker, L’austromarxismo e i marxismi eterodossi, ivi, pp. 147-168. Il riferimento p. 150.

[10] V. Grosssman, Vita e destino, Milano, Adelphi, 2008, p. 542.

[11] G. Carpi, Il marxismo russo e sovietico fino a Stalin, in Storia del marxismo, cit, pp. 101-145. La cit. p. 141

[12]S. Petrucciani, Da Marx al marxismo attraverso Engels, cit., p. 18.

[13]K. Marx, Salario, prezzo, profitto, MEOC, vol. XX, p. 147. Il corsivo è mio.

[14] S. Petrucciani, Da Marx al marxismo attraverso Engels, cit., p. 18.

[15] K. Pomian, Filosofia/filosofie, in «Enciclopedia», vol. VI, Torino, Einaudi, 1981, pp. 153-207. La cit. p. 155.

[16] L. Kolakowski, Nascita, sviluppo, dissoluzione del marxismo, vol. I, I fondatori, Milano, SugarCo, 1980, p. 11.

[17]Ivi, p. 349.

[18]Ivi, p. 279.

[19] Intervento di B. Jossa in Marx e i marxismi cent’anni dopo, a cura di G. Cacciatore e F. Lomonaco, Napoli, Guida, 1987, p. 423.

[20]J. A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, Torino, Einaudi,1959, vol I, p. 52, vol. II, p. 506.

[21] R. Bellofiore, Capitale, teoria del valore e teoria della crisi, in Storia del marxismo, cit., vol. III, pp. 11-50

[22] E. Balibar, La filosofia di Marx, Roma, Manifestolibri, 1994, p. 7.

[23] Lettera a Friedrich Engels del 3 aprile 1890, A. Labriola, Carteggio, III, (1890-1895), a cura di S. Miccolis, Napoli, Bibliopolis, 2003.

[24] Lettera a Friedrich Engels del 13 giugno 1894, ivi.

[25] Ivi.

(10 maggio 2016)


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: