L’amore divino, estasi della carità
DI FRANCESCO TOMATIS (Avvenire, 04.07.2009).
P roseguendo le ricerche di teologia fondamentale svolte in costante confronto con la filosofia trascendentale, rosminiana in particolare, il teologo Giuseppe Lorizio, con il suo recente volume Le frontiere dell’amore, intende estendere il dialogo fra filosofia e teologia, ragione e fede, a quello fra città e Chiesa, toccando temi come quelli della testimonianza, della bellezza, della nomadicità e marginalità del pensiero credente. Attraverso la consapevolezza del carattere di frontiera del sapere, dell’umiltà della persona, della marginalità dello stesso credere, ecco che allora emerge l’orizzonte agapico, di amore trinitario in cui si staglia ogni sforzo umano, per quanto limitato, di vera benevolenza. Come indicò sant’Agostino: se vedi la carità, vedi la Trinità.
Ma ciò non perché la Trinità cristiana sia riducibile alle relazioni interpersonali umane d’amore. Resta infatti essenziale, come sottolinea Lorizio, l’asimmetria fra Dio e uomo, fra iniziativa divina e persone umane, benché in queste si trovi la traccia dell’infinito, proprio nella loro umile marginalità. Infatti è l’amore di Dio stesso a essere estatico, come affermò lo pseudo Dionigi l’Areopagita o come nell’idea paolina di kénosis divina è profondamente inteso, tanto che l’amore kenotico umano non ne è che cristiana imitazione. L’orizzonte agapico-erotico trinitario, secondo Lorizio, ispira l’elaborazione filosofica di una vera e propria metafisica della carità, che nell’analogia charitatis coglie la possibilità di comprendere la verità della marginalità del finito.
Ma sarebbe davvero impossibile, da parte di filosofie estranee alla fede cristiana, elaborare un’ontologia trinitaria, relazionale e interpersonale agapica? Lorizio stesso sostiene, seguendo Rahner e Rosmini, che la conoscenza di Dio, il cui vertice speculativo ha per proprio ambito il mistero trinitario, si compone di un aspetto trascendentale e, al tempo stesso, di uno a posteriori, a sottolineare il primato della grazia sovrannaturale rispetto, tuttavia, a un ancoraggio antropologico. Proprio l’analisi antropologica trascendentale conduce a quell’idea rosminiana dell’essere, innata all’uomo, all’idea insensibile di bianchezza, invisibile eppure lucente fonte sintetica d’ogni colore, che nell’estaticità kenotica a cui espone rivela esperienzialmente, senza positiva prensione conoscitiva, la potenzialità di una onnicorrelazionale, agapica ontologia. Come, con profonda intelligenza esteticoteologica, coglie Lorizio nel sacrificio di Isacco raffigurato da Marc Chagall: Abramo stesso sospende la propria esecuzione, leva in alto la mano nel biancore trascendente, dunque misticamente esperibile all’uomo umile, kenoticizzato, così posto fra rosso del dramma personale e azzurro della divina Shekhinah, a comprendere la immanente trama divina nella stessa finita, amorevole interpersonalità.
Giuseppe Lorizio
LE FRONTIERE DELL’AMORE
Pontificia Università Lateranense Pagine 368. Euro 25,00