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TRENITALIA, INTERROTTA DIRETTRICE TIRRENICA ... L’ITALIA, AL TEMPO DEL MACCHINISTA UNICO.

VIAREGGIO, ALLA STAZIONE UN INFERNO: DERAGLIAMENTO DI UN MERCI ED ESPLOSIONE DI DUE VAGONI CARICHI DI GAS. Aggiornamenti

Sono salite a 19 le vittime dell’esplosione di Viareggio. Una donna è infatti morta oggi nel reparto di rianimazione dell’Ospedale Versilia.
mercoledì 1 luglio 2009 di Federico La Sala
[...] Racconti dall’inferno della Versilia. Dalle Alpi Apuane, che imbiancano del marmo di Carrara le montagne, dicono di aver visto il cielo diventare arancione.
E’ poco prima di mezzanotte quando in stazione transita un treno merci, che si muove da nord verso sud, da La Spezia in direzione di Pisa, col suo convoglio di quattordici vagoni cisterna carichi gas. "Non è che andasse proprio piano, almeno a 90 all’ora" racconta qualcuno. "Il treno sferragliava sui binari, ho visto delle (...)

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> VIAREGGIO, ALLA STAZIONE UN INFERNO --- La nostra Cernobyl quotidiana (di Marco Belpoliti)

mercoledì 1 luglio 2009

La nostra Cernobyl quotidiana

di MARCO BELPOLITI (La Stampa, 1/7/2009)

Passano rasente le case, vicino a scuole e ospedali, a fabbriche e depositi. Ogni notte e tutte le notti, piccole Cernobyl ci sfiorano senza che noi lo sappiamo, senza che nessuno lo sappia. Al mattino non ci sono più. Sono arrivate a destinazione. Attraversano l’Italia, da costa a costa la visitano tutta; transitano sotto tunnel, s’infilano sulle tangenziali, entrano nei paesi, lambiscono chiese e basiliche, viadotti e sottopassi.

Nessuno, salvo pochi o pochissimi, sa davvero cosa trasportano. Il destino è scritto in una bolla di consegna, in una fattura, in un file illeggibile. Un destino inesorabile, a volte benigno, a volte infausto. Sono in movimento. Sono il movimento stesso, indaffarato, inesausto, inesorabile. Il terrore è la realizzazione della legge del movimento, ha affermato una volta Hannah Arendt. Mentre scriveva questa frase la filosofa tedesca non poteva certo alludere al treno partito l’altra notte, come molte altre notti, carico di gas, da Trecate, vicino a Novara, per raggiungere più a sud, molto più a sud, Gricignano, in provincia di Caserta, attraversando la pianura e visitando le coste, dal Piemonte alla Liguria, e poi giù per la Toscana, il Lazio, la Campania. Voleva la Arendt riferirsi alla guerra-lampo, all’accelerazione progressiva di ogni attività umana iniziata negli anni dieci del XX secolo, e mai cessata. La nostra epoca sembra segnata proprio da questa accelerazione estrema che riguarda ogni evento, per cui il trasporto delle persone e delle cose si presenta come uno dei suoi tratti salienti.

Un sociologo e architetto, Paul Virilio, sostiene da tempo che il futuro, come è stato concepito negli ultimi due secoli e mezzo, fondato sull’attesa del cambiamento, è stato sostituito da una serie di eventi che culminano con l’incidente, in cui l’accadimento naturale (terremoto o tromba d’aria, alluvione o frana) è superato dall’avvenimento artificiale prodotto dall’uomo stesso. L’incidente sarebbe l’effetto della nostra stessa tecnologia, dalla caduta imprevista e imprevedibile di un aeromobile nelle acque dell’Atlantico al deragliamento di un treno o di un’autobotte nel bel mezzo di un abitato, come è accaduto ieri a Viareggio. Ora lo sappiamo, i treni che trasportano liquidi velenosi o infiammabili, sostanze chimiche, o misteriose composti, che alimentano i cicli inarrestabili della produzione, passano nella notte, rumori secchi e subito lontani. Virilio, che conosce per mestiere l’infinita sequenza dei disastri, sostiene che l’incidente è ciò che accade a noi tutti, propriamente l’incidente sarebbe il tempo stesso che passa, un tempo sempre più veloce, sempre più incalzante: il tempo è l’incidente degli incidenti.

La velocità ha trasformato radicalmente la vita umana, così che ci muoviamo di incidente in incidente. In tutto questo, la catastrofe divoratrice di vite umane di Viareggio, con le sue fiamme alte sopra palazzi e case, si presenta nella forma di un evento quasi inevitabile. L’esplosione delle cisterne di gas è la rivelazione della potenzialità stessa dei nostri combustibili, così come le inondazioni evidenziano le potenzialità distruttive dell’acqua e i terremoti la forza del movimento della Terra. Una visione che rovescia la visione consueta delle cose, per cui l’incidente non è più l’eccezione e il controllo del mondo la norma, bensì l’incidente la sua regola. C’è una soluzione a tutto questo? Possiamo sperare di rovesciare l’incidente imponendogli di essere una possibilità remota e non la normalità? Difficile dirlo, visto che la stessa realtà delle nostre città, come ebbe a dire negli anni venti Le Corbusier, dopo aver visitato New York, è quella di essere un «cataclisma al rallentatore».

Virilio sostiene da tempo l’urgenza di uno studio filosofico del disastro, il tentativo di istituire forme di pensiero che rovescino l’andamento apocalittico. Nel visionario film di Kubrick, Il dottor Stranamore, la soluzione contro l’accidente nucleare, effetto della follia imprevedibile di un generale qualsiasi, era proposta da Peter Sellers: rifugiarsi nel fondo di una caverna per ripopolare di una nuova umanità la nostra esausta Terra Madre, mentre l’ingenuo ed esaltato comandante del bombardiere scendeva a cavallo della Bomba per coerenza con il proprio passato di cow boy. Ma un’altra soluzione è possibile. Adesso non ci basta più vivere sicuri nelle nostre tiepide case in attesa del disastro prossimo e venturo, tornare a sera e trovare cibo caldo e visi amici quando catastrofe è anche per noi.


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