El País, Madrid, 17 gennaio 2010
http://www.elpais.com/articulo/internacional/activista/Shukri/Said/huelga/hambre/ingresa/hospital/Roma/elpepuint/20100117elpepuint_11/Tes
L’attivista Shukri Said, in sciopero della fame, viene ricoverata in un ospedale di Roma
Mezzo milione di immigrati attendono per mesi il proprio permesso di residenza in Italia. Il governo finge di non vedere il digiuno di 300 persone che chiedono alla Presidenza spagnola una mediazione con l’Esecutivo Berlusconi.
di Miguel Mora, Roma - 17.01.2010 (traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)
L’attivista italiana di origine somala Shukri Said, portavoce dell’Associazione Migrare, è ricoverata da ieri nella clinica romana Madonna della Fiducia, dopo essere rimasta per 17 giorni in sciopero della fame. Said e trecento immigrati digiunano per esigere dall’Italia che si rispetti la legge vigente, nora come Bossi-Fini, in tutto ciò che riguarda concessione e rinnovo dei permessi di soggiorno per gli immigrati. La norma prevede che i permessi siano rinnovati entro 20 giorni, tuttavia attualmente la trafila burocratica dura in media fra sette e tredici mesi. In questo momento vi è mezzo milione di immigrati che aspettano una risposta dall’Amministrazione.
“Si tratta di una burocrazia xenofoba e criminale”, spiega Said dalla clinica con un filo di voce, “perché durante il periodo nel quale lo Stato ritarda nel concedere il rinnovo del permesso sono sospesi i diritti basilari degli immigrati. Non possono viaggiare, né lavorare legalmente, e in caso di necessità gli ospedali non li accudiscono”.
Gli attivisti rilevano come “il clima di razzismo istituzionale fomentato dalla Lega Nord ha aumentato la sfiducia e la paura della popolazione italiana nei confronti dello straniero, così che la cartolina che gli immigrati ricevono in attesa della concessione del permesso è soltanto carta straccia. Nessuno si fida”. Durante la trafila burocratica gli immigrati non possono nemmeno spostarsi e questo Natale migliaia di stranieri in posizione di attesa non hanno potuto visitare le loro famiglie nei Paesi di origine.
Da quando ha cominciato la sua protesta il 1 gennaio, la collaboratrice delle pagine di Opinión di El País ha perso quattro chili di peso. Il medico che la cura, Tonino Ingratta, spiega che il suo stato di salute è “preoccupante”. Said ha la pressione del sangue molto bassa e arrischia un’insuffcienza renale. L’attivista per i diritti umani, di 37 anni, è stata curata con siero ma continua a rifiutare l’ingestione di alimenti. “È un modo per gridare al mondo la rabbia e la disperazione che l’Italia sta provocando agli immigrati che cercano di mettersi nella legalità. La consegna del governo sembra consistere nel criminalizzare ed emarginare sempre più i lavoratori starnmieri, impedendo il loro ingresso nella società civile. E per ottenere ciò lo stesso governo non esita a porsi al di fuori delle sue stesse leggi.
I primi scioperanti della fame iniziarono il loro digiuno lo scorso 13 dicembre, sparsi in tutto il Paese, appoggiati dalla direzione del Partito Radicale, il cui segretario, Mario Staderini, ha reclamato “soluzioni concrete” e ha denunciato la paralisi burocratica, che “prevede la morte civile degli immigrati e alimenta il circuito della criminalità”.
Dopo essersi appellata senza risultati al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e aver constatato che la sua iniziativa non ha avuto eco fra le istituzioni e l’opposizione del Partito Democratico, Said si appella alla Presidenza della Repubblica Italiana e all’Unione Europea, perché prendano posizione su questi fatti. “Giorgio Napoletano, come Capo dello stato e garante della Costituzione italiana, e la Spagna, come presidente di turno dell’Unione Europea, devono fare udire la loro voce. I media italiani e le istituzioni hanno ignorato la nostra protesta perché gli immigrati non hanno diritto di voto”, afferma Said. “Confidiamo nell’umanità e solidarietà del Presidente spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, perché l’Europa faccia pressioni sulle autorità italiane perché rispettino i diritti civili e le leggi stesse del loro Stato”.