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’NDRANGHETA: SAPREMO MAI COME SONO SCOMPARSI I SOLDI PUBBLICI DESTINATI AI DEPURATORI?

CALABRIA; UN MARE DI DENARO PUBBLICO DA BERE

’NDRANGHETA: INTANTO A CROTONE SI MUORE DI TUMORE E TURISTI E CITTADINI IGNARI IN CALABRIA NUOTANO FRA ARSENICO E SCORIE RADIOATTIVE
martedì 21 luglio 2009 di Francesco Saverio Alessio
Non posso accettare, dopo aver letto tutti gli atti resi pubblici delle sparenti inchieste di Catanzaro, le celebri “Poseidone”, “Why not”, “Toghe Lucane”.
Dopo aver letto più volte il decreto di perquisizione e sequestro dei pm di Salerno Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, controfirmato dal capo Luigi Apicella a carico di magistrati e faccendieri di Catanzaro indagati per corruzione giudiziaria e altro, dopo essermi sfondati gli occhi su molti altri (...)

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> CALABRIA; UN MARE DI DENARO PUBBLICO DA BERE

sabato 4 luglio 2009

Destinazione Obbligata

Fra il lusco e il brusco la tua insofferenza a tracimare in sdegno e vera stizza. Si fa presto a trovare giustificazioni più o meno accettabili al proprio status esistenziale di calabrese doc, strenuamente difeso dalle insidie dell’oggettiva limitazione di sentirsi incollato anima e corpo alle mura, angoli, spiazzi, del propria città, anestetizzata, senza sale, incrollabilmente abulica. Un’estate da ricordartela finché campi, l’ultima. Le temperature saldamente oltre i 40 ºC e i condizionatori al massimo. I getti d’aria calda a sorprenderti per strada, appena girato l’angolo. La calura a sfiancarti. L’asfalto a liquefarsi. I giornali a darti in pasto le verità rivelate. Anzi no. E ti domandi che fine abbiano fatto l’inchiesta poseidone, l’inchiesta why not, l’operazione omnia, l’orrore dell’istituto papa giovanni XIII° di serra d’aiello, la malasanità imperitura, la malapolitica tout court... i magistrati all’assalto. Senza scomporti più di tanto, a rammentarti delle parole che don fabrizio corbera principe di salina riferiva al cavaliere aimone chevalley di monterzuolo, ne il gattopardo di giuseppe tomasi di lampedusa, in un’edizione conforme al manoscritto del 1957: “sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia.” La calabria meglio... peggio della sicilia, ...ma la calabria è la calabria, vergine maria! Come a dire: un caso a parte. Per niente, in verità. L’indole calabrese così incline alla commiserazione parossistica o all’adulazione più totale ad elargire il meglio di sé. L’indole calabrese così incline alla celebrazione esasperata o alla denigrazione più totale a non ammettere tentennamenti. ...Miserabile terra bruzia, hôpital des incurables! Chiangitari nati noi calabresi. La calabria. ...La calabria! La calabria degli alti lai e dell’indignazione facile. La calabria in ginocchio, gambe all’aria, culo a terra, prona. La calabria in idea o come metafora. Iperbole e de profundis. La calabria di vincenzo padula, di corrado alvaro e mario alcaro. La calabria di otello profazio che così cantava e canta: “il sud è ‘nu paese bello assai: /il sole è caldo, e non si fredda mai. /Il mare è azzurro verde sperlucente:/ qui non si vide mai roba inquinante. /Siamo genti felici e stracontente: /non abbiamo bisogno mai di niente!” La calabria che s’arrabatta fra sprechi e lassez faire, assistenzialismo e privilegi, sotto il giogo d’una classe politica immutabile e corrotta. La calabria dei POR 2001/2007. La calabria dei POR 2007/2013. La calabria della destra & sinistra srl. La calabria di 33 o forse più inquisiti nel consesso regionale. La calabria che impunemente brucia, di anno in anno, in un sol rogo. La calabria degli incendiari, degli arsi vivi eroi alla memoria, degli scampati, degli strascichi, delle ferite incancrenite. La calabria delle cave abusive, delle colline brulle a sfarinarsi a vista d’occhio, degli alvi dei fiumi sventrati e depredati senza requie. Dei fiumi canalizzati, deviati, ridotti a latrine. Del territorio stuprato senza pietà. Delle alluvioni, delle frane, degli smottamenti. Di soverato e cavallerizzo. La calabria della mano pubblica meglio d’una mano santa, che solo per le sue comunità montane, nell’anno domini 2005, ha ricevuto 19.584.739,83 €. ...Secondi solo alla campania, per dirindindina! La calabria degli assessorati alla forestazione di giovanni palamara degli operai idraulici-forestali un esercito, men che meno della salvezza. La calabria dei depuratori che ci stanno, non ci stanno, che bastano, non bastano, perché a monte... a valle... in mare... forse. La calabria delle mucillagini, delle meduse urticanti, delle coste in erosione, d’un mare d’acqua sporca con vista su termitai di cemento, delle spiagge magnificate, delle solite canzonette e dei ricordi da vantare: ...un’estate al mare/ voglia di remare/ fare il bagno al largo /per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-oni. La calabria delle troppe discariche abusive, del commissario all’emergenza ambientale e di (ness)un, due, tre(cento) termovalorizzatori d’approntare. La calabria della storia al macero. La calabria dei palazzinari, delle concessioni edilizie facili, delle varianti ai piani regolatori, delle varianti alle varianti, dei conflitti d’interessi e dell’interesse pecuniario sic et simpliceter. La calabria del chini fravicari e sfravicari ‘un perda mai tiempu. La calabria ‘i ru bisuognu ‘mparar’a via ad illustrare l’inclinazione di far anticamera in sacrestie, segreterie, astanterie pur d’acciuffar un mezzo di sostentamento a tutti i costi o un lavoro purché sia, per intercessione del politico di giro, di padre pio, della vergine maria. Una via crucis in grazia di dio preclusa ai politici bidonati, agli amici degli amici, ai figli di papà e ai figli i ‘ntrocchia. L’unical, sviluppo italia, l’ospedale dell’annunziata, la banca sotto casa. Ogni anfratto, ogni ente, ogni baraccone in cui la politica s’intrufola, gozzoviglia, fa corpo. ...E i concorsi? Il merito? I titoli? ...Suvvia, gente! È l’arte d’arrangiarsi. È l’arte di restarsene a galla. È l’arte di mandar la calabria al lupanare. La calabria dell’etica passepartout, del bussare e chiedere, del chiedere e bussare, alla ricerca disperata d’un santo cui votarsi. «...Non puoi rimanertene con un straccio di lavoro in un call-center o come commessa/o, sia pure d’una boutique in pieno centro.» «Devi mettere su famiglia. ...Devi chinar la testa. E pensare che stai ancora a casa con mamma e papà!» La calabria dei senza lavoro, del lavoro per cui sperare e per cui dannarsi, senza o con laurea in tasca. La calabria del fatalismo congenito, del mammismo innato, dei bamboccioni sfaticati. La calabria delle consorterie, dell’insufficiente ethos civile, della diffidenza connaturata per la cosa pubblica, del disprezzo dei beni collettivi, dell’attività pubblica del rivendicare, dell’accidia e dell’autodisprezzo, della solita, assillante, assordante domanda senza requie: «...ma chini cazzi ta fa fari? ...Chi cazzo te lo fa fare, crist’iddio!» Solerte la risposta: si vu campari cuntientu, chiru chi viri, viri e chiru chi sienti, sienti, culu cusutu e ‘un diri nenti. Contenti delle proprie sventure, perdinci! La calabria del familismo amorale di edward c. banfield e del familismo umorale tout court. La calabria di giuseppe nisticò, di giuseppe chiaravalloti, d’agazio-il-gran-nocchiero. La calabria dei mancini, dei gentile, dei principe, l’un contro gli altri armati. Delle famiglie, delle generazioni, dell’aurea mediocritas dei rampolli e delle fortune degli avi da uguagliare, La calabria di pietro mancini che, maiuscole incluse, di suo pugno così scriveva:“...Quando nei primi mesi del 2006, venni contattato da due autorevoli dirigenti di Forza Italia, /.../ manifestai la mia disponibilità a scendere in campo, come indipendente, nelle liste del partito di Silvio Berlusconi. Ai miei cortesi interlocutori, spiegai che avrei gradito una candidatura fuori dalla Calabria, per non creare attriti o comunque motivi di scontro con mio figlio, Giacomo mancini Jr. che il 10 aprile è stato riconfermato rappresentante della Calabria alla Camera dei deputati. .../.../ La fumata non è stata bianca, e il diniego mi è stato comunicato, a poche ore dalla chiusura delle liste, .../.../. Non l’ho presa, ovviamente, molto bene e ho scritto questa missiva a Sandro Bondi: «Egregio Onorevole Bondi, .../.../ Costava a Lei molto, onorevole Bondi, invece di rivolgermi, insincere e continue assicurazioni, comunicarmi, per tempo, e non farmelo sapere, neppure direttamente, domenica mattina, che in Forza Italia, non c’era, né s’intendeva dare, alcuno spazio all’ex sindaco di Cosenza figlio di uno degli statisti più illustri e stimati del nostro Paese, che avrebbe portato, lustro alle vostre liste?[1]” La calabria dell’informazione a mezzo servizio. La calabria del mancato decollo industriale, dell’arretratezza economica congenita: via d’uscita, giustificazione, appiglio. La calabria del disastroso funzionamento dei servizi pubblici. La calabria dei campanili, delle contrade, dei quartieri. La calabria del modello cosenza e dell’ora locale. La calabria del legame di sangue - c’u sangu unn’er’acqua! -- della famiglia, degli amici, del vicinato, della porta di casa blindata, dei soldi in banca, ...pienamente soddisfatti di sé: beniricari, beniricàmi, cchiù picca simu cchiù miegliu jamu. La calabria della mafia, delle mafiette, della mafiosità, della corruzione, delle clientele, della mancanza di senso d’appartenenza ad una collettività ordinata secondo precise regole. La calabria degli omicidi fortuiti e dell’assassinio fortugno. La calabria dell’eccidio di duisburg. La calabria della ‘ndrangheta e della santa così presentata nel film-documentario: La santa - viaggio nella ‘ndrangeta sconosciuta -: “Cinquemila affiliati, un giro d’affari di 36 miliardi di euro l’anno, è la ’ndrangheta la mafia italiana più potente, la più ricca, la più agguerrita militarmente, la più protetta dalla politica e dalle istituzioni, la meno combattuta, perchè sottovalutata per anni. /.../ Nell’indifferenza generale dei mass media, delle istituzioni e della politica italiana, la ‘ndrangheta è diventata la mafia più forte e spietata. Nel silenzio e nell’omertà generali, i suoi capi sono riusciti a conquistare il mondo intero.” La calabria dell’immigrazione con cui far di conto: ...maledetti cinesi della malora! Facilmente intercambiabile con: ...maledetti romeni della malora! La calabria dell’emigrazione passata, presente e futura: ...stativi bbuoni amici e parienti cari,\ ghiu vaju adduvi vo’ la mia sbintura. La calabria che dimentica. La calabria della consuetudinaria pratica del dono e del cliché sull’ospitalità meridionale: vieni cumpari ca ti mmitu! /Portati a seggia c’a mia è sciullata, /portati u piattu c’u miu è squatratu, /portati u panu c’u miu è lamatu, /portati u vinu c’u miu è acitu, /vieni cumpari ca ti mmitu![2] La calabria terra del pianto e delle donne in nero. La calabria di... adduvi c’è gustu un c’è pirdenza. Ficcatevela nel culo questa vostra benamata fottutissima calabria!

Rosario Lombardo

[1] Pietro mancini, la questione immorale. Luigi pellegrini editore. 2006. Pag133 [2] Accetta compare il mio invito!\ Portati la sedia che la mia e rotta\ portati il piatto che il mio è rigato\ portati il pane che il mio è ammuffito,\ portati il vino che il mio si è fatto aceto,\ accetta compare il mio invito!


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