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PIANETA TERRA. SULLE ALI DELLO SPIRITO DI FILADELFIA E DI GIOACCHINO DA FIORE, PER IL DIALOGO E LA PACE ...

AGENDA G8 DELL’AQUILA. PER L’AFRICA: OBAMA ("Per la mia terra è l’ora del riscatto"), CARDINALE MARTINI ("L’Africa in questo momento ha grande bisogno di aiuto disinteressato"). Attesa per il discorso del presidente Usa ad Accra - a cura di Federico La Sala

venerdì 10 luglio 2009 di Federico La Sala
[...] L’Africa in questo momento ha grande bisogno di aiuto disinteressato, che le permetta di ricostruire le istituzioni venute meno e la provveda di uomini politici attenti al benessere del continente e del loro Paese, al di là degli interessi puramente tribali. Ci si augura che il prossimo G8 sia attento anche a queste realtà, come lo sarà per tante altre in difficoltà, in particolare per la città e la regione dell’Aquila. Un mondo che proceda in unità e corresponsabilità è un mondo che (...)

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> AGENDA G8 DELL’AQUILA. --- Ban Ki-moon: «Gli impegni sull’Africa devono essere mantenuti». Intervista al segretario generale dell’Onu (di Mara Gergolet)

lunedì 6 luglio 2009

«Abbia­mo bisogno di una partnership globale»

Ban Ki-moon: «Gli impegni sull’Africa devono essere mantenuti»

Intervista al segretario generale dell’Onu: «Di fronte alle crisi globali il G8 non basta»

GINEVRA - «La modestia non è molto ap­prezzata in Occidente», dice Ban Ki-moon. Biso­gna saper «leggere» lo stile. Perché quando que­sto diplomatico sudcoreano di lungo corso, og­gi 65enne, è succeduto al carismatico e fascino­so Kofi Annan come segretario generale del­l’Onu, in molti si chiesero se fosse - così meto­dico, dimesso, e, appunto, modesto - la perso­na giusta per guidare le Nazioni Unite attraverso un’epoca di grandi riforme. Adesso incassa elo­gi, ultimo quello del New York Times. «Da noi si dice che per sorridere ci vuole molta forza. E io sorrido molto». È appena tornato dalla Birma­nia, e concede quest’intervista nella suite del­l’hotel Intercontinental che guarda sul lago di Gi­nevra, la sua «seconda residenza». Dimostra una memoria prodigiosa, quando ricorda gli an­ni passati da ambasciatore in Slovenia.

Segretario generale, lei ha appena scritto una lettera ai leader dei G8. Chiede loro di ri­spettare gli impegni presi negli aiuti ai Paesi poveri. Molti non lo fanno, tra questi l’Italia.

«Sì, ci sono stati molte iniziative in questo senso. Però in questo momento, rispetto agli im­pegni del G8 di Gleaneagles, per fare un esem­pio, mancano all’appello 20 milioni per l’Africa. Per questo sono intervenuto. Se l’Africa non si unirà agli altri Paesi nel perseguire gli Obiettivi del Millennio (dimezzare l’estrema povertà en­tro il 2015, lottare contro la mortalità infantile, ndr), non c’è nessuna speranza di raggiungerli. E questi obiettivi sono un imperativo politico e morale».

C’entra la crisi globale?

«Temo che la crisi finanziaria globale abbia abbassato il livello di impegno. Eppure, mi inco­raggia pensare che al G20 a Londra tutti i leader abbiano offerto il loro sostegno».

Un messaggio per l’Italia?

«Al primo ministro Berlusconi dico: come si riuscirà a mobilizzare le risorse e come si trove­rà un accordo, questo dipenderà proprio dalla sua leadership».

Le istituzioni internazionali sono entrate in una fase di profondo ridisegno. Quale ruolo ha ancora il G8?

«In passato i Paesi del G8 si riunivano tra lo­ro, ma da tempo non è più così. L’Italia ha invita­to un’ampia rete di Paesi africani o Paesi toccati dai cambiamenti climatici. Bene».

Il G8 non basta più?

«No. Di fronte a tutte queste crisi - la pover­tà, la crisi alimentare, quella energetica, la salu­te pubblica - nessun Paese, per quanto potente e ricco di risorse, si può muovere da solo. Abbia­mo bisogno di una partnership globale. Questo è ciò che io chiamo il nuovo multilateralismo, sorretto da principi, risorse e volontà politica. Come segretario generale, ho cercato di creare questa consapevolezza e consolidare la volontà politica per realizzarla».

Ha trovato una maggiore attenzione nel­l’Americadi Obama?

«Sì. Il presidente Obama è un grande sosteni­tore dell’Onu. ’Lei troverà in me un partner for­te’, mi disse. È serio, costruttivo, molto incorag­giante. E le sue iniziative, come quella sulla ridu­zione degli standard delle emissioni CO2, han­no un forte appeal per i Paesi con problemi d’in­quinamento ».

Lei è appena stato in Birmania. Ha trovato qualche cambiamento nella giunta?

«Credo che abbiano ricevuto il messaggio. Se vogliono dimostrare un profondo impegno per la democratizzazione del Paese devono indire elezioni libere, trasparenti, inclusive di tutti, le­gittime nel 2010. Poi ho chiesto di liberare tutti i prigionieri politici, inclusa Aung San Suu Kyi».

Ma non le hanno permesso di vederla.

«Credo che abbiamo perso un’ottima occasio­ne. Però sarebbe stato ingenuo aspettarsi cam­biamenti dopo una sola visita: questo è un Pae­se chiuso in se stesso da decenni».

Anche in Iran ci sono migliaia di persone scomparse, o finite in prigione: studenti, inse­gnanti attivisti.

«Ho chiesto di liberarli. Tutti».

Nei giorni scorsi ci sono state 34 esecuzioni a Teheran. Gruppi di diritti umani chiedono all’Onu di intervenire.

«Cercherò prima di trovare dov’è la verità, poi prenderò tutte le azioni necessarie. Ma in principio, è inaccettabile se hanno mandato a morte così tante persone. Tutti i processi do­vrebbero essere tenuti in modo trasparente e li­bero ».

Crede che il Consiglio di Sicurezza debba di­scutere di nuove sanzioni contro l’Iran?

«Gli iraniani sono già sotto sanzioni. Mentre la situazione evolve, il Consiglio potrebbe dover­le considerare. Ora però è più importante che il governo iraniano rispetti le risoluzioni che già gli sono state imposte».

È vero che ha deciso di fare il diplomatico incontrando il presidente Kennedy?

«Sì, ero un ragazzo, l’incontro con lui è stato un momento d’ispirazione».

E oggi a quali leader si ispira?

«Mentre mi incontro con i leader stranieri, cerco di imparare da loro, di studiarli. Ma ogni leadership ha un suo stile. Il mio è di armonizza­re le differenze. Il segretario generale, a differen­za di altri, non difende un interesse nazionale. Gli serve molta pazienza. E molto studio».

Mara Gergolet

* Corriere della Sera, 06 luglio 2009


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