IL G8: ovvero il falò delle vanità
Riflessioni sparse di un abruzzese sul G8 dell’Aquila
di don Aldo Antonelli
"Il falò delle vanità", lo ha chiamato qualche tempo fa Curzio Maltese; ma potremmo definirlo anche "Teatro dei burattinai", "Ostentazione di vuota potenza", "Vetrina delle illusioni", "Body building della politica impotente", "Messinscena beneficentista di pratiche cannibalistiche". Questo e nient’altro è il G8. I grandi sostenitori e applicatori delle politiche liberiste, i grandi inquinatori, i grandi devastatori, i grandi responsabili del declino inarrestabile del Pianeta e dell’oppressione dei suoi abitanti si interrogano sul futuro della Terra e parlano di "ecologia". I fabbricatori di povertà, gli artefici dell’emarginazione di gran parte dell’umanità si interrogano sulla crisi da loro creata e supportata. Gli sfruttatori dell’Africa, i suoi rapinatori, coloro che la defraudano delle sue ricchezze e la riempiono delle loro monnezze si fanno suoi samaritani.
"I grandi vertici di potenti della terra, in questi ultimi anni, si sono segnalati soltanto per la miseria dei contenuti", scrive sempre Curzio Maltese su Il Venerdì del 3 luglio scorso. E continua: "A rileggere ora le dichiarazioni degli uomini che avevano in mano i destini del Pianeta, cascano le braccia. Non c’era un singolo tema sul quale loro non avessero torto e invece ragione i ragazzi che fuori manifestavano e venivano massacrati dalla polizia". La coscienza del cristiano e quella del cittadino vengono come strozzate da questo litotritore fantasmagorico che di tutto fa strame: L’immagine di potenza.
"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re perché essi sono sudditi" scriveva Karl Marx. Quello che manca oggi è il senso della propria dignità da parte di un popolo sempre pronto a correre in soccorso del vincitore, per dirla con le parole del conterraneo Ennio Flaiano. Contro questa deriva populista grido ad alta voce: "Non mi inginocchierò al suolo, permettendo ai carnefici di apparire più alti" (Bei Dao- dissidente cinese).
“Un amore della giustizia che prescinda dalle pace diventa inevitabilmente terrorismo. Ma un amore della pace senza giustizia diventa la menzogna insediata nel mondo” scriveva l’indimenticabile caro padre Ernesto Balducci.
Non sembra che sul tavolo della discussione nella caserma della guardia di Finanza di Coppito si sia parlato di giustizia, di liberazione, di diritti umani. Attorno ad altri tavoli, nel passato e di recente, sono state decise, da questi stessi "Grandi", norme spietate per quanti fuggono da realtà atroci di fame e di guerre che rendono urgentemente necessaria una nuova narrazione.
E’ solarmente patente la spudorata ipocrisia di un governo, Berlusconi imperante ed il Vaticano benedicente, le cui scelte spregiuticate assecondano la privatizzazione di beni comuni come l’acqua, attuano ostili processi di militarizzazione della sicurezza, espropriano il territorio alle stesse popolazioni (Sigonella, Vicenza e quant’altro....), si accingono a progettare e costruire, con costi altissimi, macchine di morte come inceneritori, rigassificatori e centrali nucleari, realizzano il grande carcere per migranti a cielo aperto di Lampedusa e altri "guantanamo" nostrani e semisegreti.
La fine della seconda guerra mondiale aveva ridato all’umanità la speranza in un mondo che non avrebbe rivissuto una esperienza crudelmente funesta. La guerra sarebbe stata messa al bando, gli imperialismi rovesciati per sempre, la giustizia avrebbe trionfato rendendo inalienabili i diritti di tutte le persone, di tutti i popoli. Ma il sogno è durato ben poco: l’umanità ha corso il rischio di essere distrutta dalla sua stessa scienza, dall’arma atomica. La morte del diritto è stata decretata dal terrorismo da una parte e dalla menzogna che governa il mondo dall’altra, entrambi responsabili di enormi spargimenti di sangue. La società divenuta globale rendeva globale anche la guerra. Coloro che leggono lo stesso Libro in cui si trova il diritto alla giustizia e alla pace vi trovavano invece le ragioni per portare la morte. L’ONU, nata dalla volontà di pace dei popoli perché decidesse misure diverse dall’azione militare, finiva invece per diventare la copertura del gendarme unico del mondo. L’Europa, da parte sua, ha mancato l’obiettivo: il riconoscimento e l’accoglienza dell’ Altro, il mondo sconfinato degli esclusi di cui l’Islam è “l’avamposto geopolitico”. La guerra, figlia di una concezione “eurocentrica”, è stata assunta come strumento permanente della strategia della “civiltà occidentale” da esportare.
Sulle macerie di una calamità naturale che ricorda all’ umanità la precarietà della sua esistenza il G8 dell’Aquila avrebbe potuto garantire al mondo una pace costruita sulla giustizia, su un rapporto tra le civiltà, le culture e le religioni, frutto di dialogo, di scambio, di reciproca accoglienza. Una “ convivialità delle differenze”, come diceva don Tonino Bello. Invece così non è stato. Ci si è accontentati di far bella mostra di sè, in quella vetrina mediatica che è diventato il G8. Con la soddisfazione dei narcisi di turno, l’ammirazione beota dei servi contenti e la delusione rabbiosa dei sognatori di sempre.
L’ultima chicca
"Ad Agosto starò qui a L’Aquila perché sappiamo cosa fa l’occhio del padrone...." dice Lui.
Noi non abbiamo bisogno di padroni, dico io.
In carcere! In carcere deve andare: è l’unico luogo in cui deve stare un ladro!
Aldo Antonelli