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Editoriale

Un giorno di pensieri

Un giovane calabrese si chiede che cosa vuole fare, in una regione dominata dalla ’ndrangheta, in un mondo schiavizzato dalle oligarchie
giovedì 3 settembre 2009 di Diego Antonio Nesci
Noi stessi siamo i garanti e i sostenitori di una società malata che vive di schifosi compromessi.
Come comportarsi allora? Vivere una vita di compromesso? Mettersi in gioco solo quando si è sicuri di non perdere o cadere? (...)
In questa terra, che non è come sembrerebbe, terra di nessuno, non è terra abbandonata ma solo semplicemente ed orribilmente terra di ‘ndrangheta, si vive da schiavi. (...)
“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti” scriveva (...)

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> Un giorno di pensieri

giovedì 3 settembre 2009

Ed io? Ed io che ci sto a fare ancora qui in Calabria? Ci sono pur nato certo, ed inevitabilmente, un giorno o l’altro, il più tardi possibile, ci creperò. Stupidamente, frattanto, ad arrancare come un cane rabbioso, orbo tra orbi/ orsi /otri in una (in)esistenza asservita, a maledire il cielo. A cercare distinzioni inossidabili: che cazzo mai ho da spartire io, sì proprio io, con voi servum pecus! A scrivere del più e del meno, sempre meno, in uno sterile, ameno vaniloquio esercizio di stili. L’estrazione calabrese un accidente ed il mio dentista un odontotecnico che si spaccia per ciò che non è. ...Son Lombardo io! I miei geni a condannarmi, il mio genio a non smettere d’incularmi. Se sono come voi, che colpa ne ho io? Tare ereditarie e saperi occasionali hanno partorito e plasmato in maniera acconcia il gran portento, me ne sto sul mio piedistallo, come sul trespolo un parrocchetto. Autocompiacimento /narcisismo e solipsismo in egual guisa. Tutta colpa dei cromosomi di mio padre e mia madre, delle loro aspettative, delle loro ansie, delle loro certezze. Per non parlare della scuola. Sì della scuola. Cosa ho imparato io? Cosa avrei dovuto/potuto imparare? Avrei dovuto imparare a genuflettermi con quel pizzico di contrizione che suscita pietà, ammirazione, attenzione. Io e le mie idee. I miei titoli li vendo all’asta: sono povero in canna io! Io, che avrei potuto fare grandi cose solo se... Io non... Non “Vorrei essere libero come un uomo / Come un uomo / Che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia /E che trova questo spazio solamente nella sua democrazia /Che ha il diritto di votare / E che passa la sua vita a delegare /E nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà. (G. Gaber)” Si stava meglio quando si stava peggio, decisamente. Vuoi mettere la civiltà contadina?! Mio nonno analfabeta scopava come un riccio e sua moglie a cinquant’anni, aveva già sfornato la sua sfilza di undici figli “venuti al mondo come conigli (F. De Gregori)”. Niente grilli per la testa. Schiena piegata e abbondanza di niente, ma una vita sana in ogni caso. Vuoi mettere la soddisfazione?! Altro che viagra, cialis, ciarle! Niente telefonini a rompere lì nel bel mezzo. Che adesso i telefonini li usate pure per sturarvi il culo, a mo’ di ordinari vibratori insomma! ...Vuoi mettere la soddisfazione?! Bisognerebbe interrogarsi, un giorno o l’altro, sulla possibile condanna al patibolo del superfluo, voi e la vostra bella nostalgia canaglia dei bei tempi andati! Ti ricordi? ...Non ti ricordi? ...Ma dai! Non vuoi darmi a bere, che pure tu si’ natu ieri e camini goj!? Quando due più due faceva quattro. Quando i treni arrivavano sempre e comunque in orario. Quando l’acqua era acqua ed il vino s’annacquava. Quando la quinta elementare valeva più di una laurea, e chi sapeva leggere e scrivere (si) contava sulle dita d’una mano. Quando i signori erano signori ed i cafoni rimanevano comunque tali. Quando i gabinetti si confinavano fuori, e il fardello dei vasi da notte volava giù dalle finestre. Sic transit gloria mundi. La nostalgia dei bei tempi andati, che bella ardita consolazione! Vuoi mettere la religione delle tradizioni?! Le oneste /dilette tradizioni rispolverate ad ogni pie’ sospinto e spacciate per cultura per ingrassare pro-loco e qualche altra meritoria associazione. Non ne posso più del vostro folklore del cazzo! Non ne posso più di tarantelle ed organetti, di conserve, sazizze e pasta fatta in casa. Odio il vernacolo delle vostre rime in versi. Odio le agiografie dei vostri beati e/o santi e le geografie dei vostri vetusti borghi. Le chiese, le case, i conventi, le conventicole. Che me ne frega a me? Son Lombardo io, Calabrese nemmeno per sogno! “Ci sarebbe da scoprire tutto cio’ che e’ da apprezzare, me la sento:/ sarebbe bene ne potessimo parlare.(Marlene Kuntz)” Indosso la mia dignità con ostinazione, come se temessi di fare cattiva figura, come se indossassi una camicia di forza che si allaccia culavantarrieti. Se io fossi davvero un pazzo, voi di grazia, cosa sareste? ...Omnia munda mundis. Lo sfascio di questa nostra terra bruzia non vi atterrisce, non vi addolora, non vi mette vergogna? Non vi disgusta (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=4256) il vostro mare di merda dove con nonchalance vi recate come in processione di domenica in domenica? Non vi ripugnano i vostri ospedali che sfornano morti per cause sempre da accertare, mentre il deficit finanziario e d’assistenza straripa di anno in anno? Non vi fa incazzare lo sfascio generale e il sorriso imbelle sempre uguale del politico di turno di tragedia in tragedia? La religione del potere purché sia e il potere della religione come instrumentum regni. “L’uomo è stato creato libero, è libero; poi gli viene il morbillo, e poi la dignità - e con questa non sa che pesci prendere. Salvo che non diventi sottosegretario. È questa l’unica situazione in cui il filisteo va in giro come se dovesse portare la borsa della divina Provvidenza. (Karl Kraus)” Il passato. Il passato. Il passato equamente, o non tanto, ripartito tra magna grecia e bruttium, quello di verdura è per lo più liofilizzato, surgelato, pronto all’uso. Il futuro, senza rancore, a pigliarvelo nel culo. Il presente a grattarvi i coglioni o a navigare nel mare magnum della dissimulazione. “Ah! L’ironia! / non ci prende alla sprovvista / è come una pioggia estiva / che ci bagna in mezzo al mare (Quintorigo)” Il web che bella stronzata! Vuoi mettere una bella scopata in rete, e cumi ti ricrii a (ri)sorbirtela in streaming?! Da viverci di rendita, archiviando i bei tempi andati. Intanto la tua bella foto tessera si (s)vela su facebook, oppure sotto altre sembianze il tuo ego s’invera, peccato non ci sia scritto sotto in bell’evidenza: che razza di deficiente! ...“Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza’ (Dante )”. Pure mezza Bisignano è in palla per Facebook, l’altra mezza non si schioda dal sonnellino imperituro sul sofà davanti alla televisore, spento o acceso che differenza fa? L’indignazione fa proseliti nei bar, il senso civico pubblico si è dato alla macchia. Spersa ogni speranza. Tutti, canuti e imberbi, amici di tutti. Ossequi e riverenze fanno m(el)assa. La denuncia è anonima carta straccia. “E` inutile non c’è più lavoro, non c’è più decoro / Dio o chi per lui sta cercando di/ dividerci, di farci del male, di farci annegare... (L.Dalla)” Ci si schiera, pittuttosto, per il ritorno/ripristino delle serenate /scemate, per quattro cazzate, la squadra del cuore e non si piglia posizione su tutto il resto. Del resto la politica è morta ma i politici (se la s)campano. All’inverso andrebbe decisamente meglio. Meglio Facebook, meglio le dispute sterili per il gusto di dire ci sono pur io, meglio il rivendicare fieri la propria ignoranza. “Ah! L’ironia, sì! / non ci perde mai di vista /è come una pioggia estiva /che ci guarda naufragare (Quintorigo)” Per il gusto della curiosità, che fa rima con novità, meglio spararsi qualcosa in vena! “E andiamo a vedere le luci 
della centrale della centrale elettrica! 
Andiamo a vedere i colori delle ciminiere 
dall’alto dei nostri elicotteri immaginari, 
andiamo a dare fuoco ai tramonti 
e alle macchine parcheggiate male, 
ad assaltare ancora i cieli 
e farci sconfiggere e a finire suoi telegiornali, 
foto in bianco e nero delle nostre facce stravolte sui quotidiani locali 
andiamo a vedere i canteri delle case popolari dai finestrini dei treni ad alta velocità 
trasformiamo questa città in un’altra cazzo di città!!! (Le Luci della Centrale Elettrica) Uno sfogo? L’ennesimo rimbrotto? Il piagnucolamento di rito? No. Una semplice variazione sul tema del già detto. La mia condanna è la vostra indifferenza.

Rosario Lombardo


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