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FILOLOGIA E TEOLOGIA. A KAROL WOJTYLA, IN MEMORIA. "Se mi sbalio, mi corigerete" (Giovanni Paolo II)

PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga - a cura di Federico La Sala

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
mercoledì 25 settembre 2013
«Se una società basata sul mito della produttività ha bisogno di uomini a metà - fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà - vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla» (Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino 1973, p. 171).
Deus charitas est: et qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo (1 Gv., 4.16).
SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS (...)

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> UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga ---- Rodari 100. La grammatica della fantasia, la faccia autoironica della dea Ortografia (di Stefano Bartezzaghi).

lunedì 17 agosto 2020

      • CONTINUAZIONE E FINE DI

La prammatica della fantasia

di Stefano Bartezzaghi *

      • [....]

Il manuale di “Fantastica” (di cui Rodari aveva già incominciato a parlare in una lettera a Giulio Bollati del 23 febbraio 1962) è ovviamente quello che uscirà quasi nove anni dopo, con il titolo di Grammatica della fantasia. Quando il libro sarà pronto, in data 27 novembre 1973, Rodari rimanderà a Einaudi una copia della lettera di quest’ultimo, la decorerà con un disegno autografato (“Cometa del 27 - 11- 73 seguita da un orologio volante), evidenzierà le righe che riguardano il manuale di Fantastica e scriverà in margine al suo corrispondente:

      • Caro Einaudi, non ho risposto subito a questa lettera perché avevo da fare. Ora la “Grammatica della fantasia” esiste e la risposta non serve più. Ovvero, non ogni risposta viaggia per posta...

Un ping pong di nove anni, sulla fantasia e i libri, alla presenza fantomatica di Adorno. Rodari si divertiva così: e certamente anche Einaudi.

Ma anche al di là del gioco è notevole che tale ping pong finisca per mettere assieme due libri che sono tra i capolavori dell’intera opera di Rodari, e ne rappresentano due poli: Il libro degli errori e La grammatica della fantasia.

Anche nel titolo la grammatica della fantasia nasce dalle suggestioni dello strutturalismo che in quegli anni veniva proponendo saggi intitolati: Morfologia della fiaba, Sistema della moda, Fenomenologia di Mike Bongiorno. Tutte espressioni composte da un termine scientifico o filosofico e astratto e da un termine invece comune e popolare. Sotto i suoi microscopi l’analista non mette più ali di farfalle o frammenti di roccia vulcanica ma principi azzurri, tailleur e telequiz.

Senza preoccupazioni di rigore scientifico, ma temperando il proprio istinto con buone letture di approfondimento, Rodari aggiunge a questa serie ideale addirittura una grammatica della fantasia, come idea di libro che ricostruisca in un laboratorio i possibili modelli di funzionamento della fiaba. Un laboratorio: ma non nell’accezione scientifica (o alchemica), con camici bianchi e provette e vapori, bensì nell’accezione pedagogica, di stanza attrezzata per laboriose creazioni infantili.

Per questo non si può opporre il Libro degli errori alla Grammatica della fantasia: i due libri compiono lo stesso tragitto, sia pure andando in senso reciprocamente inverso. Uno insegna, l’altro mette in pratica un insegnamento: l’insegnamento che la norma non è mai rigida, ma la sua deviazione non è mai immotivata.

Il punto in cui si incontrano i due libri è appunto il gioco: l’eterna oscillazione fra la grammatica dell’istituzione e la tendenziale anarchia della pratica.

Ma non si evoca quasi mai invano la potenza dell’errore.

L’ultima lettera del presente epistolario, indirizzata da Rodari a Carlo Carena nel gennaio del 1980, annuncia: “oggi ho accompagnato mia moglie in clinica per un’operazione - quando uscirà lei dovrò entrarci io, per colpa di un’arteria occlusa - vede che non ho lo spirito adatto per rifare la prefazione alle Favole al telefono”. Il recitativo di esordio si increspa alla frase successiva: “La programmerò [la prefazione, ndr] per l’edizione tredicesima, anche se doveste interrogarmi con i tavolini”. Poi la lettera prosegue piana, con l’indicazione di alcune modifiche puntuali. Fra queste e il congedo, un’ultima rimetta: “Altro di me non vi saprei narrare / e la flebografia mi vado a fare”.

L’esame clinico che Rodari annunciava a Carena non ebbe un esito fortunato, poiché fece programmare un intervento di media entità. Solo in sala operatoria il chirurgo si accorse di un ulteriore problema fino ad allora inavvertito, la cui rimozione prolungò l’intervento fino a sette ore, tre ore in più di quelle previste. Già provato nel fisico Rodari non riuscì più a ristabilirsi: morì tre giorni dopo l’operazione.

Conosciamo questa vicenda grazie alla documentata biografia di Argilli, il quale scrive letteralmente:“ ... un grosso aneurisma nella zona iliaca, che per la sua collocazione l’ortografia non poteva rilevare".

L’ortografia? Quasi sicuramente l’autore voleva scrivere aortografia, probabilmente lo ha anche scritto e un refuso (come chiamarlo banale?) è sfuggito a tutti i giri di bozze. La grammatica della fantasia, la faccia autoironica della dea Ortografia, aveva acceso il semaforo blu, e aveva liberato nei cieli della favola l’ultimo errore, salutando così con uno scherzo (come lui stesso usava nelle lettere agli amici einaudiani) la memorabile vicenda umana di Gianni Rodari.

*Doppiozero, 17.08.2020 (ripresa parziale, senza immagini).


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