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GIOACCHINO DA FIORE E L’EVANGELO ETERNO. LA COSTITUZIONE ITALIANA E’ GIOVANE E SALDA E, CON LE SUE RADICI DANTESCHE, NON HA PAURA DELLE SFIDE DELL’AVVENIRE!!!

GIOACCHINO, DANTE, E LA "CASTA ITALIANA" DELLO "STATO HEGELIANO" - DELLO STATO MENTITORE, ATEO E DEVOTO ("Io che è Noi, Noi che è Io"). Appunti e note - a cura di Federico La Sala

CON LA COSTITUZIONE IL POPOLO ITALIANO HA FATTO "LA RIFORMA", MA NE’ I CATTOLICI NE’ I LAICI LO HANNO CAPITO. A PIETRO SCOPPOLA, CHE AVEVA COMINCIATO A CAPIRLO ..... A SUA MEMORIA
martedì 22 settembre 2009 di Federico La Sala
[...] LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI.
POLITICA, FILOSOFIA, E MERAVIGLIA. L’Italia come volontà e come rappresentazione di un solo Partito: "Forza Italia"!!! Materiali per un convegno prossimo futuro
KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").
IL PARTITO TRASVERSALE DEL "CAVALLO DI TROIA"
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> GIOACCHINO, DANTE, E LA "CASTA ITALIANA" DELLO "STATO HEGELIANO" --- L’ESAME DI MATURITA’, UNA ORDINANZA MINISTERIALE, E UN’OSSERVAZIONE "DANNATAMENTE SERIA".

martedì 23 marzo 2021

LA PANDEMIA, L’ESAME DI MATURITÀ, E LO STATO DI COSE PRESENTE. .. *


Il caso e la necessità. Come la pandemia migliora l’esame di maturità

di Giovanni Pellegrini ("Le parole e le cose", 22 marzo 2021)

La strada è quella giusta, ma chissà se è una strada! Come quasi sempre nelle cose di scuola, il cuore dell’impero promulga editti sensati o addirittura - oso utilizzare il termine - ragionevoli, in maniera quasi-casuale e quasi solo sotto la pressione della necessità.
-  Sto parlando dell’Ordinanza ministeriale del 3 marzo 2021 sull’esame di Stato del secondo ciclo, a partire dalla quale vorrei sviluppare qualche riflessione.

Intanto chiariamo subito che, nonostante l’apparenza determinata dal fatto che gran parte del testo è l’esatta fotocopia di quello dello scorso anno, l’ordinanza non è identica alla sua precedente e, soprattutto, non disegna affatto un esame dello stesso tipo. Certo non ci sono gli scritti e al centro dell’unica prova orale c’è ancora quella che, inevitabilmente ma molto impropriamente, abbiamo già iniziato a ri-chiamare “tesina”.
-  Tuttavia il modo in cui viene normato il colloquio e in particolare il modo in cui viene disegnato “l’elaborato” che gli alunni dovranno presentare sono decisamente migliori.

1. L’elaborato deve “concernere le discipline caratterizzanti [...] ed essere integrato, in una prospettiva multidisciplinare, dagli apporti di altre discipline o competenze individuali [...]”. Sono dunque novità (rispetto all’ordinanza dello scorso anno) sia l’esplicito riferimento all’apporto di altre discipline, sia l’assenza dell’assurda possibilità di “assegnare a tutti i candidati uno stesso argomento che si presti a uno svolgimento fortemente personalizzato”. Su questo punto la redazione della vecchia norma aveva lasciato campo libero al consueto esercizio ministeriale sul nulla, visto che è del tutto evidente che due elaborati sullo stesso tema, in quanto frutto di un lavoro di ricerca svolto da alunni diversi, cioè con riferimenti e approcci diversi, sono a tutti gli effetti elaborati diversi. È quindi ovvio che può essere assegnato anche a più di un alunno lo stesso argomento di partenza. Non c’è né da consigliare né da vietare nulla. E, soprattutto, non c’è alcun bisogno di insegnare agli insegnanti come si fa il lavoro dell’insegnante. Precisare serviva solo a favorire il disimpegno dei Consigli di Classe che potevano quindi serenamente assegnare un unico argomento a tutta la classe, e chi s’è visto s’è visto. Quest’anno ci ha poi pensato l’infaticabile Max Bruschi, nella nota di chiarimento all’ordinanza, a ripristinare un adeguato tasso di non senso. Come spesso accade il buon Bruschi ha perso una buona occasione per tacere. Ma - per nostra fortuna - esiste la gerarchia delle fonti e quindi la nota di Bruschi può e deve essere rapidamente consegnata all’irrilevanza che merita.

2. L’argomento dell’elaborato “è assegnato a ciascun candidato dal consiglio di classe, tenendo conto del percorso personale, su indicazione dei docenti delle discipline caratterizzanti” mentre lo scorso anno, del Consiglio non si faceva alcuna menzione e tutto sembrava lasciato alla relazione fra gli alunni e il docente delle materie di indirizzo. Esattamente come lo scorso anno, invece e in teoria, gli alunni potrebbero anche non avere alcuna voce in capitolo nella scelta. Il che è, al tempo stesso, ovvio ed ottimo. È del tutto evidente che è assolutamente sensato che i docenti invitino gli alunni a proporre un tema/argomento/testo da cui partire e su cui lavorare; ma la definizione dell’argomento è una ovvia prerogativa dei docenti.

3. La cosa più seria e più promettente è la questione dei tutoraggi. Certo è “promettente” anche nel senso che promette di costringerci a un lavoro faticoso ed impegnativo; tuttavia lo fa in modo sensato e con equilibrio. Qualunque percorso di ricerca e di approfondimento (ma anche solo la produzione di una riflessione pubblica) esige confronto e discussione con uno o più interlocutori che fanno osservazioni e che quindi orientano la produzione. Nell’editoria si chiama “referaggio” e di questo dialogo non può fare a meno neppure il ricercatore che si muova ai più avanzati livelli scientifici della sua disciplina. L’argomento secondo cui “gli alunni devono fare da soli” e sulla cui base, nei tanti anni dell’esame con “le tesine”, troppo spesso i docenti si sono sottratti al loro compito di maestri, ha costituito una catastrofica latitanza ed è stato l’architrave della costruzione di una parodia ridicola del vero apprendere e del vero ricercare. I non pochi che hanno tentato di opporsi lo hanno fatto al prezzo di enormi sacrifici individuali in termini di carico di lavoro, e con nessun risultato a livello di sistema.

L’ordinanza del ministro Bianchi fa giustizia di questo triste passato mettendo nero su bianco che il compito di tutoraggio è un compito che spetta all’intero Consiglio di Classe o, almeno (e questo secondo me è un limite), ai docenti “designati per far parte delle sottocommissioni”. Ovviamente questa necessaria chiarezza porta con sé una serie di problemi non solo organizzativi. Come scegliere i tutores per ciascun alunno? Alla base della scelta devono esserci esclusivamente le competenze disciplinari oggetto dell’elaborato? Come può un docente di matematica e fisica svolgere un ruolo di tutoraggio per un elaborato che sviluppa il tema del rapporto fra “legge umana e legge divina” a partire da un brano dell’Antigone o, per converso, come può un docente di latino interloquire produttivamente con un suo alunno su un elaborato che sviluppa una riflessione sui modi di risolvere le equazioni differenziali?

Le soluzioni per questi problemi, che non sono affatto meramente organizzativi ma didattici e persino autenticamente teorici, potranno essere trovate percorrendo strade diverse e alcune soluzioni si riveleranno, certo, migliori di altre. Difficile dire una parola univoca prima di essersi messi alla prova. Ma in generale credo si debba partire dal fatto che una produzione scritta, anche quella più tecnica e formalizzata, deve essere scritta - almeno in parte - in lingua italiana. E l’insegnamento dell’uso della lingua non è una competenza esclusiva del titolare dell’insegnante di italiano. La chiarezza espositiva, l’efficacia comunicativa, la correttezza formale della redazione, il rispetto delle consegne relativa a limiti d’ampiezza e struttura di un elaborato, devono essere prese in carico da docenti di ogni disciplina.
-  Per come la vedo io ciò cui bisogna puntare è un sistematico lavoro di collaborazione fra i docenti del consiglio di classe. Ciascun docente avrà un numero di alunni di cui sarà il tutor formale, ma poi gli alunni si rapporteranno con i docenti delle discipline che sono coinvolte nella loro produzione e che - forse è il caso di ribadirlo - non devono assolutamente essere tutte le discipline presenti nella commissione d’esame, pena la trasformazione dell’elaborato nell’arlecchinata che troppo spesso sono state le vecchie “tesine”. Ma fra il referee e il consulente disciplinare c’è una differenza essenziale. Sono due lavori diversi, ma altrettanto necessari e altrettanto importanti, soprattutto se i docenti in questione collaborano in un vero dialogo fra loro e con l’allievo.

Si poteva fare meglio? Sì, secondo me si poteva fare meglio, ad esempio disegnando il sistema dei tutoraggi su base di Istituto, coinvolgendo più che i Consigli di Classe i Dipartimenti disciplinari. Forse in questo modo almeno alcuni dei problemi legati alla ripartizione del lavoro e alla assegnazione dei tutores si sarebbe potuta risolvere meglio. Ma a parte l’aspetto organizzativo a me sarebbe parso un enorme guadagno in termini formativi il fatto che un alunno, nel produrre un elaborato in vista di una prova d’esame, avesse avuto la possibilità di relazionarsi con docenti diversi da quelli della sua classe.

Anche i tempi assegnati potevano essere pensati meglio. Intraprendere un lavoro del genere richiede, ad alunni e docenti, molto più tempo di quello previsto dall’ordinanza. Qui - probabilmente - l’emergenza e il cambio di governo hanno giocato a sfavore della ragionevolezza che suggerirebbe di fissare come data limite per la scelta di un argomento su cui iniziare un lavoro di serio approfondimento, il 15 Gennaio e non il 30 Aprile. Per rimediare sarebbe necessario anticipare il più possibile la definizione degli argomenti assegnati e la scelta dei tutores. A questo punto si dovrebbe pensare a compensare questa eccessiva restrizione dei tempi disponendo formalmente che almeno i docenti presenti in commissione, e almeno nell’ultimo mese di lezioni, non effettuino alcuna verifica formale nella loro disciplina; magari prendendo in considerazione la possibilità di valutare disciplinarmente lo stato di avanzamento del lavoro.
-  Su questo, anche per chi è animato come me da incrollabile ottimismo della volontà, le speranze sono davvero poche. Me lo ha fatto notare una alunna che, mentre ragionavamo in classe di queste cose, mi ha detto sul muso “prof., lei davvero è più idealista di Hegel”! Il vecchio prof., che si sente hegeliano dentro, è stato lusingato ma l’osservazione è dannatamente seria.

In conclusione una parola a tutti coloro per cui “l’esame è una finzione inutile e va abolito”. Un colloquio d’esame di questo tipo, anzi ancora più radicalmente centrato sulla discussione di un elaborato prodotto dal candidato, costituisce un’ottima prova d’esame perché lega il momento della verifica finale alla valutazione della autonomia di lavoro del candidato e alla sua determinazione nello svolgere un serio percorso di approfondimento. E lo è molto di più senza la pletorica presenza degli scritti disciplinari, che restano certo uno strumento essenziale per la valutazione di conoscenze e competenze ma che sono uno strumento a disposizione dei docenti per tutto il curricolo. È sulla base di quelle prove scritte che viene formulata la valutazione annuale. Non c’è alcuna ragione perché essi diventino il centro dell’esame finale. Un colloquio d’esame di questo tipo dovrebbe semmai essere moltiplicato e costituire, a differenti livelli di complessità, una prova d’esame per l’ammissione al successivo anno di corso, magari abbinato alla introduzione di quelle ripetenze disciplinari che consentirebbero ai docenti di segnalare le gravi insufficienze senza bocciare in tutte le discipline e agli alunni di non drammatizzare un esito negativo che non deve essere vissuto come un fallimento.

Chissà se la strada giusta sarà una strada e non solo la casuale risposta a una necessità dettata dalla pandemia. Solo nel caso in cui si tratti dell’inizio di un cammino destinato a durare avremo tempo per sperimentare e trovare soluzioni ancora più coerenti con il nostro compito di maestri.


*

NOTA:

LA PANDEMIA, L’ESAME DI MATURITÀ, E LO STATO DI COSE PRESENTE. LA CRITICA DI UN’ALUNNA AD UN “VECCHIO PROF, CHE SI SENTE HEGELIANO DENTRO” ... *

      • IL CASO E LA NECESSITÀ : «[...] Su questo, anche per chi è animato come me da incrollabile ottimismo della volontà, le speranze sono davvero poche. Me lo ha fatto notare una alunna che, mentre ragionavamo in classe di queste cose, mi ha detto sul muso “prof., lei davvero è più idealista di Hegel”! Il vecchio prof., che si sente hegeliano dentro, è stato lusingato ma l’osservazione è dannatamente seria» (G. Pellegrini, cit. - sopra).

CHIARISSIMO PROF. PELLEGRINI, A LIVELLO FILOSOFICO E , INSIEME, ALLA LUCE DELLA DICHIARAZIONE STRATEGICA DEL GOVERNO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, MARIO DRAGHI, RELATIVA ALLA QUESTIONE ANTROPOLOGICA E COSTITUZIONALE ( “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge”), NON LASCEREI “CADERE” QUESTA OSSERVAZIONE “DANNATAMENTE SERIA” .

Perché ciò non avvenga, forse, potrebbe essere utile accogliere le riflessioni fatte da Francesca Rigotti nel suo recente intervento dedicato proprio al tema “Donne al futuro” (Doppiozero, 20 marzo 2021: https://www.doppiozero.com/materiali/donne-al-futuro), portarsi fuori dal letargo istituzionale di una antropologia ancora zoppa e cieca (hegeliana) e rendere possibile alle alunne e agli alunni una *reale* uscita (come chiaramente indica l’ art. 3 della *Costituzione*) dallo “stato di minorità”. Avere il coraggio di dire ai nostri giovani e alle nostre giovani che sono tutti *sovrani* e tutte *sovrane* non è che l’altro lato dell’avere il coraggio di servirsi della propria personale intelligenza.... O no?!

Federico La Sala


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