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IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, BAGNASCO E TUTTI I VESCOVI, E’ QUELLO DEL "LATINORUM". BENEDETTO XVI, "DEUS CARITAS EST" - TUTTO A "CARO-PREZZO" ("CARITAS")!!!

IL POTERE E LA GRAZIA. I SANTI PATRONI - IN MOSTRA. NEL NOME DEL DIO DEGLI AFFARI, RINNOVATO PATTO DIABOLICO "STATO-CHIESA". Un’anticipata e preoccupata lettera di don Paolo Farinella, a Bertone e a Bagnasco - a cura di Federico La Sala

Una gerarchia di potere senza Grazia ("Charis") e senza Grazie (in greco, Χάριτες - Charites) e un papa che scambia la Grazia ("Charis") di Dio ("Charitas") con il "caro-prezzo" del Dio Mammona ("Caritas").
venerdì 9 ottobre 2009
[...] Nella serata di mercoledì 7 ottobre il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, insieme con il presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, Silvio Berlusconi, ha inaugurato a Palazzo Venezia, a Roma, la mostra "Il Potere e la Grazia. I santi patroni d’Europa".
Erano presenti, tra gli altri, i cardinali Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, Julián Herranz, Sergio Sebastiani, e Albert Vanhoye [...]
apprendo (...)

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> IL POTERE E LA GRAZIA. --- Bertone si vantò con Tettamanzi: il papa vuole cacciarti (di Marco Lillo)

martedì 28 febbraio 2012

Bertone si vantò con Tettamanzi: il papa vuole cacciarti

di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 28 febbraio 2012)

Le lettere che il Fatto pubblica oggi in esclusiva, descrivono una situazione inedita al vertice della Chiesa. Il braccio destro del Papa, il segretario di Stato Tarcisio Bertone, si arroga il diritto di parlare a nome di Benedetto XVI e, forte di questo mandato, nel marzo del 2011 arriva a licenziare su due piedi il presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo, un cardinale autorevole come Dionigi Tettamanzi, allora arcivescovo di Milano e accreditato dalla stampa nel 2005 come un possibile successore di Giovanni Paolo II.

Per tutta risposta Tettamanzi scrive a Benedetto XVI per chiedergli di sconfessare Bertone annullando la sua decisione. E, colpo di scena, la sconfessione di fatto si realizza. Nonostante il rinnovo dei vertici del Toniolo fosse stato già comunicato ufficialmente al successore in pectore, Giovanni Maria Flick, un anno fa. La vicenda era stata già narrata a grandi linee nella primavera scorsa, ma nessuno aveva mai letto le lettere dei due cardinali. L’oggetto della lettera di “licenziamento” per Tettamanzi non era il posto di arcivescovo di Milano, che nel giugno 2011 sarà poi assegnato ad Angelo Scola, ma la presidenza dell’Istituto Toniolo, uno dei maggiori centri di potere in Vaticano, che controlla il Policlinico Agostino Gemelli di Roma e l’Università Cattolica con gli atenei di Brescia, Cremona, Piacenza, Roma e Campobasso, oltre alla casa editrice Vita e pensiero e numerosi beni immobili in tutta Italia più altre proprietà intestate a società commerciali.

Il Toniolo è sempre stato uno snodo dei rapporti tra politica e Chiesa, dai tempi in cui il suo consiglio includeva Oscar Luigi Scalfaro ed era presieduto dall’ex presidente del Consiglio Emilio Colombo. Nel 2003 Dionigi Tettamanzi, da poco nominato arcivescovo di Milano, fu spedito da Giovanni Paolo II a presiedere l’istituto proprio per togliere dall’imbarazzo il Vaticano dopo il coinvolgimento di Colombo, come consumatore, in un’inchiesta sullo spaccio di cocaina a Roma.

Quando nel marzo 2011 Bertone intima brutalmente a Tettamanzi di levare le tende entro due settimane, nemmeno fosse la sua colf, il cardinale ha già i nervi tesi perché si sente nel mirino di una campagna diffamatoria partita con una serie di lettere velenose sui giornali che gli imputano la presunta mala-gestio familistica del direttore amministrativo della Cattolica, Antonio Cicchetti. E proprio nella lotta per il controllo del Toniolo molti iscrivono anche la pubblicazione, sempre nel 2010, della velina falsa e calunniosa contro l’ex direttore dell’Avvenire Dino Boffo, consigliere del Toniolo vicino al presidente della Cei Angelo Bagnasco e al suo predecessore Camillo Ruini.

Quando Tettamanzi, il 26 marzo del 2011, legge il fax con la lettera di licenziamento nella quale Bertone gli intima di lasciare il posto al professor Flick e di non fare nomine prima dell’arrivo del successore, l’arcivescovo reagisce come una belva ferita. Tettamanzi scrive al Papa una lettera nella quale sostanzialmente insinua che Bertone non avesse l’investitura papale, da lui millantata, per cacciarlo e chiede a “Sua Santità” di essere confermato. Detto fatto. Il Papa, dopo avere ricevuto Bertone il 31 marzo e Tettamanzi il 30 aprile, lascia quest’ultimo al suo posto (e lì si trova tuttora a distanza di quasi un anno). L’aperta sconfessione di Bertone non viene accolta bene dal segretario di Stato che da allora medita la rivincita.

Il primo scricchiolio dell’equilibrio precario raggiunto dopo il braccio di ferro si è avvertito qualche settimana fa quando nel consiglio del Toniolo è entrato il cardinale Angelo Scola. Probabilmente Bertone ha pensato di dare scacco matto a Tettamanzi mettendo in campo un uomo stimato dal Papa ma che non è considerato un suo fedelissimo. Il cardinale ciellino Angelo Scola però non è certo paragonabile al laico ed ex ministro prodiano Flick. La sostituzione del progressista Tettamanzi con un arcivescovo vicino alle posizioni del Pdl (anche se recentemente ha preso le distanze dai seguaci lombardi di don Giussani) sarebbe una piccola rivoluzione negli equilibri del potere Vaticano esarebbe vista come una presa da parte dei conservatori di un feudo dei moderati non berlusconiani. Per questo, nonostante risalgano a quasi un anno fa, le lettere (che pubblichiamo in parte sotto e integralmente sul sito www.ilfattoquotidiano.it  ) conservano una grande attualità.

IL FAX del segretario di Stato del 26 marzo 2011 e la missiva di Tettamanzi al Papa del 28 marzo sono la prova migliore della situazione anomala in cui versa oggi il vertice della Chiesa. Il segretario di Stato si arroga sempre più spesso i poteri del Santo Padre e agisce con lo stile di un capo azienda. Dall’altro lato i cardinali più autorevoli, come Tettamanzi, e i monsignori più orgogliosi, come Carlo Maria Viganò, si ribellano ai diktat di Bertone. E il risultato è un governo schizofrenico che oscilla tra autarchia e anarchia. Mentre Benedetto XVI si isola negli studi e nella scrittura dei libri, alle sue spalle si svolge una lotta di potere senza esclusione di colpi che danneggia l’autorità morale della Chiesa dentro e fuori le mura leonine.


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