Bob Dylan premio Nobel per la Letteratura 2016
La motivazione del Comitato di Stoccolma: «Ha creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana». Il boato dopo l’annucio
di IDA BOZZI (Corriere della Sera, 13.10.2016)
Sono la poesia e la tradizione degli «hobo» americani ad essere state premiate insieme, nella figura di Bob Dylan. Nato Robert Allen Zimmerman (Duluth, Minnesota, 24 maggio 1941), è infatti non solo uno dei più importanti cantautori e compositori della seconda metà del Novecento americana, ma anche una figura di riferimento per la controcultura di tutto il mondo. Anche scrittore e poeta, attore, pittore, scultore, Dylan è senza dubbio una delle più importanti figure del pop folk e della cultura di massa degli ultimi cinquant’anni .
Canzoni come Blowing in the wind e The times they’re a-Changin’ hanno dato voce alla protesta del movement, il «movimento» americano degli anni Sessanta sfociato nella protesta anti Vietnam, infondendo alla canzone popolare una connotazione fortemente politica negli anni dei «figli dei fiori» e di Woodstock. Alle origini della ricchissima storia di autore di Dylan, vi è sicuramente il legame con la grande tradizione americana delle ballate popolari e di protesta degli hobo come Guthrie e dei cantori folk come Burnett. Con un primo disco di cover folk inizia infatti la sua discografia (Bob Dylan, 1962).
Ma già con il secondo disco, The Freewheelin’ Bob Dylan («Bob Dylan a ruota libera») del 1963, il cantautore cambia radicalmente la scena del folk statunitense: la prima canzone, Blowin’ in the Wind, fu una canzone storica, che divenne il manifesto di quegli anni di ribellione hippie e di guerra in Vietnam. Il disco contiene non solo canzoni diventate classici come quella d’apertura (che significa «La risposta sta soffiando nel vento» e si interroga sull’ingiustizia sociale sul pianeta), ma anche Girl from the North Country, la canzone anti-guerra Masters of War, la durissima A Hard Rain’s A-Gonna Fall e una canzone d’amore e di abbandono indimenticabile come Don’t Think Twice, It’s All Right.
Fedele alla tradizione degli «hobo», cioè i cantanti di strada folk americani, come Woody Guthrie, di cui si considerava un erede, Bob Dylan ha dato vita a una lunghissima serie di concerti dal vivo in tutto il mondo, una serie che continua tuttora. Dal Concerto per il Bangladesh di George Harrison del 1971 (ne venne il triplo album The Concert for Bangla Desh) fino al The Rolling Thunder Revue del 1975 e 1976, cui intervennero anche figure chiave della controcultura come Joan Baez, T-Bone Burnett, Allen Ginsberg, fino ai concerti di oggi, nel 2010 alla Casa Bianca invitato da Obama per i diritti civili,e al concerto del 6 aprile 2011, quando Bob Dylan, per la prima volta in Cina, al Gymnasium del Gongren Tiyuchang, lo storico Stadio dei Lavoratori di Pechino, si è esibito in un concerto che ha eprò avuto una cosa polemica: il cantautore non ha suonato The Times They Are A-Changin, Hurricane e Blowin in the wind, tre delle sue canzoni dal più forte messaggio politico.
Per la potenza e la bellezza dei suoi testi, Dylan ha già ottenuto riconoscimenti «extra-musicali» in tuttoil mondo: ad esempio, nel 2008 vinse il Premio Pulitzer alla carriera per «il profondo impatto sulla musica e la cultura popolare d’America, grazie a composizioni liriche dallo straordinario potere poetico».