l’inedito
Per cinquant’anni «democrazia» sempre con il punto interrogativo
Per la prima volta a stampa la conferenza tenuta a Brescia nel 1959. Diceva: «Mai smettere di farci domande sul nostro sistema»
DI MARCO RONCALLI (Avvenire, 15.10.2009)
Ad un secolo esatto dalla nascita di Norberto Bobbio - 18 ottobre 1909 - il centesimo volume della nuova serie della collana ’ Il pellicano rosso’ della Morcelliana arriva in libreria con uno scritto di fatto sconosciuto del filosofo divenuto per molti il simbolo e la coscienza critica dell’Italia civile. Si tratta del testo di una conferenza tenuta a Brescia alla fine degli anni ’ 50 dove troviamo il pensatore ancorato alle ragioni del liberalsocialismo e già ben consapevole della divaricazione tra aspirazioni e realizzazioni che taglia la democrazia italiana, mentre il Paese si allontana dal secondo dopoguerra. Quale democrazia? ( a cura di Mario Bussi, premessa di Francesca Bazoli; pagine 104, euro 10,00), così dunque titola questo volumetto di nitida forza argomentativa e che lascia scoprire in nuce quelli che saranno ’ temi ricorrenti’ nell’ulteriore approfondimento bobbiano del concetto in esame: fra teorie delle élite e realismo politico, ideali di libertà ed efficienza dei poteri sociali, proprio alcuni dei futuri leitmotiv: comprese le distinzioni dualistiche fra ’ essere’ e ’ dover essere’ della democrazia.
Insomma una ’ grammatica della democrazia’, spiegata per la prima volta il 27 maggio 1959, nel contesto di quegli Incontri di cultura , occasioni per un confronto aperto fra le voci più significative del pensiero contemporaneo, che - ricorda qui Francesca Bazoli - furono promosse da alcuni intellettuali bresciani cattolici e laici raccolti intorno a Stefano Bazoli, già costituente e deputato.
Una riflessione a proposito della quale lo stesso Bobbio, nella sua ultima visita a Brescia il 27 maggio 1994 per un convegno in occasione del ventesimo anniversario della strage di Piazza della Loggia, disse: « Mi piace ricordare che venni qui fra voi la prima volta trentacinque anni fa, il 27 maggio, invitato dall’avvocato Stefano Bazoli, a inaugurare gli Incontri di cultura con un discorso che avevo intitolato: ’ Quale democrazia?’. Un titolo che ha continuato ad essere attuale in tutti questi anni. Oggi, più attuale che mai. Se dovessi ripeterlo, quel punto interrogativo non lo toglierei. Ne potrei, semmai, aggiungere un altro » .
Parole sintomatiche che, riconfermando l’attualità di quel lontano discorso - scrive ancora Francesca Bazoli - ricordavano « come la democrazia, in quanto insieme di regole per il confronto politico, debba continuamente interrogarsi sullo stato della sua salute, pena il rischio di scivolare in qualcosa che democratico non è » .
Particolarmente interessante, come fa notare il curatore Bussi, il passaggio in cui nel testo, affermato quale fine della democrazia l’eguaglianza, quest’ultima non viene più richiamata quale presupposto delle regole del gioco, ma come ideale regolativo: « Si istituisce in tal modo la dialettica tra ’ eguaglianza formale’ e ’ eguaglianza sostanziale’ di cui troviamo un’esemplare formulazione nel primo e nel secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana » .
La conseguenza? « Tutti gli uomini sono formalmente uguali ( valore), ognuno ha ottenuto il diritto di votare ( metodo- regola del gioco), ma a favore di ognuno, soprattutto dei più deboli, va anche perseguito tenacemente il fine di una maggiore giustizia distributiva, rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione ( ideale) » .
Ma ci sarebbero anche altre sottolineature da fare, ad esempio, sulla democrazia internazionale e i dispositivi per portare la pace nelle relazioni fra gli Stati. In conclusione, pagine che stanno alle origini del Bobbiopensiero, ma hanno retto l’usura del tempo. Un piccolo classico che - usando i parametri dello stesso senatore a vita allievo di Gioele Solari, mancato più di cinque anni fa - si rivela « sempre attuale, onde ogni età, addirittura ogni generazione, sente il bisogno di rileggerlo e rileggendolo di interpretarlo » . Va da sé per provare a incidere nella realtà del proprio tempo, per contribuire a proteggere il diritto in stagioni di grandi incertezze e di transizioni incompiute.