Costituzione, i veri nemici
«Il Pd: nessuno stupro, ma un atto d’amore per salvare e realizzare il nostro patrimonio di civiltà democratica che si esprime nella Carta»
di Carlo Galli (l’Unità, 13.10.2013)
LA COSTITUZIONE È ORA AL CENTRO DELLA POLITICA. Torna a unire e torna a dividere. Non è una cattiva notizia, di per sé: almeno, si parla di cose serie e non di escort. Del progetto di una vita civile improntata alla democrazia, e non di ridicole e tracotanti pretese di immunità dalla legge.
Tuttavia, si deve stare attenti a definire i fronti polemici, le linee d’amicizia e d’inimicizia: ci sono molti modi di difendere e di attaccare la Costituzione, che vanno distinti con accuratezza. C’è il modo della destra, di sostanziale estraneità storica, politica, valoriale rispetto alla Carta; il modo di chi ignora che cosa significhi «fondata sul lavoro», di chi critica come «bolscevica» l’indicazione della responsabilità sociale dell’impresa, di chi teorizza la disuguaglianza, di chi detesta la Resistenza. È un modo che conosciamo, purtroppo, da vent’anni; e contro di esso molti che oggi paiono divisi hanno a suo tempo combattuto uniti.
C’è poi il modo del movimento di Beppe Grillo; un finto amore per la Costituzione della quale in realtà non si condivide l’impianto di fondo, ovvero la centralità della democrazia rappresentativa che serve, strumentalmente, a fare dell’anti-politica qualunquistica, ad accusare «loro» di stuprare la Costituzione, difesa però dai valorosi scudieri della innocente pulzella. E deve invece essere chiaro che chi per difendere la Costituzione attacca e delegittima il Parlamento e i partiti in realtà la oltraggia.
C’è poi l’amore vero per la Costituzione, quello di chi ne vuole salvare lettera e spirito, e non per conservatorismo feticistico-accademico ma per realizzarla nelle sue molte potenzialità ancora inespresse. Non v’è dubbio che fra questi amanti della Costituzione vi siano gli organizzatori della manifestazione di ieri. Il cui limite che va menzionato, insieme all’apprezzamento per la loro passione civile e per il loro tentativo, in verità non sempre riuscito, di non dare toni antipolitici e antipartitici alla loro posizione è di rivolgere tutta la loro energia polemica verso altri amici della Costituzione.
Verso chi, come il Pd, l’ama di un amore parimenti intenso; verso chi, proprio sapendo, come loro, che la vera rivoluzione, in questo Paese, sarebbe applicarla e realizzarla, è anche preoccupato che essa sia travolta dalla crisi economica e sociale devastante che stiamo attraversando, che resti sepolta sotto le macerie del sistema politico sempre più fragile, che venga del tutto cancellata dalle forze antisistema che la crisi ha scatenato e dalle altre che potrebbero scatenarsi. È per questa preoccupazione che è ansia per la sussistenza del quadro democratico nel nostro Paese che le forze di governo, guidate dal Pd, hanno intrapreso la via di una riforma moderata e ponderata della Costituzione, volta a semplificare il processo legislativo e a rafforzare l’incisività dell’azione dell’esecutivo; nell’intento di conferire nuova energia e nuova credibilità al sistema istituzionale, e per questa via a tutto il sistema politico.
Nessuno stupro, dunque, ma un atto d’amore per salvare e realizzare il nostro patrimonio di civiltà democratica che si esprime nella Carta. Nessuno stravolgimento dei suoi principi, e neppure nessuna concessione alle tendenze autoritarie e decisionistiche della destra. E nessun grimaldello nella reinterpretazione, parziale, all’art. 138; né, infine, alcun plebiscitarismo nei referendum finali.
Centralità della Costituzione e centralità della politica democratica stanno insieme, condivise dalle due parti di una barricata che quindi non ha ragione di essere: dissidi marginali non possono infatti diventare solchi incolmabili, a meno che l’obiettivo degli amici della Costituzione non sia tanto difendere questa quanto piuttosto attaccare il Pd, abbassando così la Carta a un pretesto. Ma nessuno può davvero crederlo.