di Carlo Galli (la Repubblica, 24.01.2011)
Perché "vergogna" è la prima reazione al nuovo scandalo Berlusconi? Vergogna di chi, di che cosa? Provare a rispondere a queste domande - tentativo doveroso, perché interpellano radicalmente la nostra coscienza civile e morale - ci porta alla radice dell’apparato categoriale della moderna politica democratica. In questo caso vergogna è il sentimento di umiliazione che nasce nei cittadini per alcuni comportamenti - non necessariamente per i reati, che devono ancora esser provati - del capo del governo.
I cittadini (alcuni, forse non tutti: ma questo è un diverso lato della questione) si sentono umiliati per fatti che non li riguardano direttamente e che nondimeno li toccano da vicino, intimamente. Quei comportamenti hanno a che fare con l’umiliazione di donne giovani e avvenenti (anche in questo caso, lasciamo impregiudicata la questione del reato specifico che si configurerebbe se fra di esse fosse stata coinvolta una minorenne), sistematicamente utilizzate, col loro consenso, come figuranti lascive in quadretti erotici, in tableaux vivants da Antico regime o da belle époque per quanto riguarda i riferimenti storici, ma soprattutto a favolosi e remoti (almeno si supponeva) sultanati orientali. E hanno a che fare anche con l’umiliazione di chi le umilia, di chi utilizzandole come giocattoli animati ne nega la qualità di persone, di chi abbassandole si abbassa.
Nell’umiliazione di quelle donne, e simultaneamente del loro padrone, vediamo in realtà umiliati i due beni più preziosi che la modernità politica - quella che ancora ci parla attraverso la Costituzione - ci ha consegnato: l’uguale dignità delle persone, di tutte; e la configurazione e la destinazione umanistica del potere, di ogni potere. Come il potere giudiziario non può comminare punizioni crudeli e inusuali, come il potere economico non può ridurre in schiavitù i più deboli, così il potere politico non può utilizzare le persone, divertirsi a consumarne corpi e anime.
Si dirà - è stato detto - che la prostituzione è sempre esistita, e che un po’ d’allegria non guasta; che, soprattutto atti sessuali fra adulti consenzienti, consumati nel privato - a prescindere da eventuali reati -, non devono interessare nessuno. E che il potere politico non c’entra nulla.
E invece - una volta resi pubblici perché la magistratura ha legittimamente indagato a partire da notizie di reato - quegli atti interessano e umiliano, non tanto per umana empatia, né per fame di gossip, ma perché sono intrinsecamente politici. Perché coinvolgono tutti e ciascuno; perché ferendo alcuni feriscono la dignità uguale e comune dei cittadini; perché trascinano tutti nella stessa vergogna; perché quello spettacolo ha noi tutti come destinatari, parla a noi e parla di noi - e anche perché si riflette, come un gioco di specchi, in mille stanze del potere, in mille alcove, al centro e alla periferia del Paese - . Ciò è tanto più vero nel caso di Berlusconi - che ha fatto di sé, del proprio corpo e della propria ricchezza personale, l’icona e il simbolo della politica, facendo coincidere il Tutto, l’Italia, con se stesso e con la propria privata dismisura -; ma sarebbe vero in generale per ogni primo ministro, presidente di partito e parlamentare (che rappresenta tutta la nazione) che si comportasse allo stesso modo.
È l’immagine universale dell’uomo (e della donna) a essere in gioco; e, insieme, l’immagine del potere politico, della forza che regola il nostro vivere civile. Se il portatore di quella forza è capace di umiliare, di non vedere l’umanità delle persone, di non relazionarsi agli altri con il doveroso rispetto - non importa se nel pubblico o nel privato, orizzonti e dimensioni che in determinate posizioni di potere sfumano l’uno nell’altro -, siamo umiliati tutti. Siamo in pericolo tutti.
La coscienza letteraria potrebbe vedere nell’intera vicenda la topica del Drago e delle fanciulle; la coscienza religiosa potrebbe scorgervi il volto benevolo e il potere corruttore dell’Anticristo; la coscienza di classe potrebbe individuarvi la potenza onnivora - veramente biopolitica - del capitale su corpi e menti reificate; la coscienza femminile potrebbe riconoscervi la quintessenza del potere maschile diffuso in tutta la società, che si concentra in una sola persona e nelle sue pratiche di dominio; la coscienza cinica potrebbe leggervi l’eterna storia del sesso e del potere, e chiedersi chi sottomette chi, se l’uomo le donne o le donne l’uomo - e concludere che non vi è nulla di straordinario o di allarmante nell’intera vicenda -. La coscienza civile, la coscienza moderna, si avvede - dopo lo sbalordimento iniziale - che una soglia è stata superata, e paventa in quella servitù volontaria, e in chi la incoraggia e la sollecita (e in chi, servizievole, la organizza), la negazione stessa, in radice, della democrazia. E spera che l’Italia si interroghi presto su se stessa e sulla propria sorte.