Il viaggio psichedelico che comincia da un filo
Maurizio Bettini e Silvia Romani dipanano gli intrecci secolari che dal tessuto mitologico della storia di Arianna generano infinite varianti
di Nadia Fusini (la Repubblica, 28.06.2015)
Anni fa mi innamorai di Fedra, la tragica protagonista dell’ Ippolito di Euripide. Scrissi un libro, La Luminosa , dove investigavo la funesta genealogia che la stringeva alla figlia del Sole Pasifae, sua madre, e alla sorella Arianna; lei, Fedra, la terza della famiglia a fare l’esperienza dell’amore infelice, o meglio sconveniente. Adultero. Incestuoso. Niente, a ben guardare, in confronto alla madre, che s’era innamorata del toro, e s’era fatta costruire da Dedalo la macchina erotica per copulare con l’affascinante animale. Quanto alla sorella, Arianna, anche lei sventurata, per Teseo aveva tradito l’isola patria, e poi dall’eroe libertino era stata abbandonata durante una sosta del viaggio verso Atene...
Ora torno a innamorarmi di quest’ultima, leggendo Il mito di Arianna, che Maurizio Bettini e Silvia Romani firmano insieme per Einaudi. E scopro che aveva assolutamente ragione Karl Kerényi - il tessuto mitologico è privo di orli, si tira un filo e mille altri vengono al pettine. Nel caso di Arianna, il filo è proprio ciò che la nostra eroina tiene in mano, con il filo salva Teseo dal labirinto. Ma non ne avrà la ricompensa dell’amore eterno. Sarà piuttosto piantata in (n)asso, e lì avrà inizio l’erratica avventura del personaggio che l’affabile ricercatrice in Mitologia Classica, Silvia Romani, ricostruisce con acribia filologica e in stile brioso e avvincente, collezionando immagini e racconti dalla Grecia ad oggi. Mentre a mo’ di certificato doc, Maurizio Bettini, illustre accademico studioso del mondo antico, in questo caso in veste di narratore, decora il prezioso artefatto con un suo racconto. A conferma della lampante verità secondo la quale a simbolo risponde simbolo. In effetti, da che mondo è mondo questo è il funzionamento del mito: il mito produce altro mito. Il che ne spiega le infinite varianti.
Nel caso in questione le varianti tutte si dipanano intorno al modo in cui giocano oggetti concreti, quali il gomitolo e il filo, ipnotici attributi della femminilità, e figure astratte come il labirinto, che sono rimaste confitte nel nostro immaginario, producendo altre immagini ancora; servendo, appunto, da filo d’avvio per tramare altre storie; sì che l’isola di Creta ci appare come uno dei grembi meravigliosi ed eterni da cui viene partorito un corpus di favole che popolano a tutt’oggi il nostro mondo interiore.
Con inesausta e contagiosa passione Silvia Romani viaggia da Creta all’Europa, dall’isola di Shakespeare fino alla Russia della Cvetaeva, per rintracciare altre, ulteriori e nuove versioni delle gesta mirabili della principessa cretese, e regina, e dea, e signora del labirinto, in un trip incalzante di peregrinazioni fantastiche, che il lettore non può che seguire incantato, e che alla fine si configurano come un vero e proprio viaggio psichedelico.