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In principio, la Costituzione: la Legge dei nostri Padri e delle nostri Madri Costituenti. Per un riorientamento antropologico, e teologico-politico....

IL RISPETTO E LA DIGNITÀ DELLE DONNE E LE 21 "MADRI DELLA REPUBBLICA": LA VIA MAESTRA PER UN’ALTRA POLITICA. Un intervento di Gabriella Manelli, seguito da una nota di Federico La Sala

sarebbe interessante dipanare il filo intrecciato di passione e audacia che lega donne e partigiani. Una cosa è certa: numerose furono le donne che, mentre combattevano insieme ai partigiani per i diritti di tutti, intrapresero il loro cammino di crescita personale e politica.
sabato 12 febbraio 2011 di Federico La Sala
[...] «Solo osando, la politica riesce a fare storia»: è Machiavelli, citato da Romitelli, sempre a proposito di partigiani. La stessa cosa si può dire delle donne, ieri e oggi: se vorranno tornare a incidere sulla storia, come è avvenuto negli anni 60-70 del secolo scorso, non potranno che affrontare in modo inedito, sperimentale, quanto di irrisolto, di incognito vi è oggi nei rapporti fra governanti e governati. Con passione e audacia [...]
DEMOCRAZIA: ABBI IL CORAGGIO DI PRENDERE LA (...)

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> IL RISPETTO E LA DIGNITA’ DELLE DONNE E LE 21 "MADRI DELLA REPUBBLICA" ---- “Madri del Concilio - Ventitre donne al Vaticano II” di Adriana VAlerio.

domenica 9 settembre 2012

“Sorores carissimae et admirandae” La presenza femminile al Concilio Vaticano II

di Andrea Lebra

in “Settimana” n. 32 del 9 settembre 2012

Da poche settimane è arrivato in libreria, per i tipi di Carocci Editore (luglio 2012), un gradevole ed istruttivo studio sulla presenza delle donne al Concilio Ecumenico Vaticano II. Ne è autrice Adriana Valerio, teologa e storica, tra le fondatrici del “Coordinamento Teologhe Italiane”, docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiesa all’Università “Federico II” di Napoli, studiosa di tematiche riguardanti la presenza delle donne nel cristianesimo.

Come scrive nella “presentazione” Marinella Perroni, Presidente del Coordinamento Teologhe Italiane, il libro, dal titolo “Madri del Concilio - Ventitre donne al Vaticano II”, è stato scritto per “tirare fuori finalmente dagli archivi della memoria i volti e le vite di ventitre donne che, per la prima volta nella storia, hanno preso parte ad alcune sessioni di un Concilio e, pur rispettando l’ordine di tacere nelle assemblee generali, hanno saputo trovare le occasioni giuste per pronunciare parole efficaci”.

Ad auspicare l’aumento del numero di “uditori laici” al Concilio e a fare in modo che questo incremento comprendesse delle donne, era stato il 22 ottobre 1963 il cardinal Suenens nel corso di un suo vigoroso discorso sui carismi nella Chiesa. Paolo VI, accogliendo l’invito, aveva deciso di ammettere alle sedute conciliari alcune rappresentanti degli ordini religiosi femminili ed alcune rappresentanti qualificate del laicato cattolico: complessivamente dal settembre 1964 al luglio 1965, furono chiamate ventitre uditrici (dieci religiose e tredici laiche). Delle tredici laiche, nove erano nubili, tre vedove e una sola coniugata: tutte (eccetto una, Gladys Parentelli) rigorosamente vestite di nero con un velo sul capo.

“Amate figlie”

E’ sintomatico che, quando il 14 settembre 1964, per l’inaugurazione della III sessione del Concilio, il papa salutò le uditrici (“le nostre amate figlie in Cristo...alle quali per la prima volta è stata data la facoltà di partecipare ad alcune adunanze del Concilio”), in realtà di uditrici in aula non c’era neppure l’ombra. Motivo ? Non erano ancora state designate: infatti le prime nomine ufficiali avvennero dopo il 21 settembre. Perché - si chiede l’Autrice - questa clamorosa sfasatura dei tempi ? “E’ difficile dirlo se non ipotizzando la resistenza di alcune personalità della Curia a far partecipare le donne” ad una assemblea costituita da soli maschi. Sta di fatto che la prima donna ad entrare in aula il 25 settembre 1964 fu una laica francese, Marie-Louise Monnet, fondatrice del MIASMI (“Mouvement International d’Apostolat des Milieux Sociaux Indépendants”), sorella di Jean, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea.

Nonostante Paolo VI, l’8 settembre 1964 a Castel Gandolfo, avesse parlato di rappresentanze femminili al Concilio certamente “significative” ma “quasi simboliche”, non avendo diritto né di parola né di voto, ben presto queste ventitre straordinarie “madri del Concilio”, salutate con enfasi da alcuni “padri conciliari” con le parole “carissimae sorores”, “sorores admirandae” o “pulcherrimae auditrices”, trovarono il modo di partecipare in modo attivo e propositivo ai gruppi di lavoro, presentando memorie scritte e contribuendo con la loro cultura e sensibilità alla stesura dei documenti, in particolare di quelli riguardanti temi come la vita religiosa, la famiglia e la presenza dei laici (uomini e donne) nella Chiesa e nella società o, più semplicemente e prosaicamente, invitando a pranzo vescovi influenti ai quali comunicare i propri “desiderata”. In ciò incoraggiate dalla Segreteria di Stato che, nel settembre 1964, chiarì che la loro presenza non doveva essere intesa in senso passivo, essendo esse invitate a dare un apporto di studio e di esperienza alle commissioni incaricate di ricevere e di emendare gli schemi destinati alle sessioni conciliari.

Un contributo significativo

La più vivace delle uditrici laiche fu senza dubbio la spagnola Pilar Bellosillo, presidente dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche (UMOFC). Per ben due volte, in nome del divieto paolino di 1 Cor. 14,34 “le donne tacciano in assemblea”, citato dal segretario del Concilio, Pericle Felice (pare, in difficoltà a rivolgere la parola alle uditrici, anche solo per salutarle), le fu impedito di parlare in assemblea generale, nonostante fosse stata espressamente nominata portavoce del suo “gruppo di studio”. Il secondo rifiuto le fu opposto verso la fine del Concilio: nell’occasione era stata semplicemente incarica di esprimere ai padri conciliari la gratitudine sua e delle colleghe per il privilegio loro accordato di partecipare al Concilio. Ancora una volta il rifiuto fu motivato con l’anacronistico e ridicolo “mulieres in ecclesiis taceant”. Al grande teologo domenicano e perito conciliare Yves Congar che, nell’ambito del gruppo sullo schema dell’apostolato dei laici, voleva inserire nel documento un’elegante espressione con la quale le donne erano paragonate alla delicatezza dei fiori e ai raggi del sole, la (fisicamente) minuta ma energica uditrice australiana Rosemary Goldie disse, a mo’ di rispettosa tiratina d’orecchie: “Padre, lasci fuori i fiori. Ciò che le donne vogliono dalla Chiesa è di essere riconosciute come persone pienamente umane”.

La messicana Luz Maria Longoria, presente al Concilio con il marito Josè Alvarez Icaza, pose in discussione quello che i manuali di teologia, in uso prima del Concilio, definivano fini “primari” e “fini secondari” del matrimonio, dove primaria era la procreazione dei figli e secondario il rimedio alla concupiscenza dell’atto sessuale. La copresidente del MFC (“Movimiento Familiar Cristiano”), molto attiva all’interno del gruppo che doveva esaminare lo “schema XIII”, chiese di liberare l’atto sessuale dal senso di colpa e di restituire ad esso la sua insita motivazione d’amore. Ad un padre conciliare disse: “Disturba molto a noi madri di famiglia che i figli risultino frutto della concupiscenza. Io personalmente ho avuto molti figli senza alcuna concupiscenza: essi sono il frutto dell’amore”.

Verso la chiusura del Concilio, il 23 novembre 1965, uditori e uditrici laiche pubblicarono una dichiarazione congiunta, per rendere conto del lavoro fatto. Consapevoli di essere stati testimoni di una tappa storica di apertura della Chiesa alla sua componente laica, sottolinearono l’importanza vitale di alcuni documenti ai quali avevano dato un significativo contributo con discussioni e scambi di idee. In particolare fecero riferimento al cap. IV della “Lumen gentium” dedicato ai “laici”, alle parti della “Gentium et spes” riguardante la partecipazione dei credenti alla costruzione della città umana e al decreto sull’apostolato dei laici “Apostolicam actuositatem”.

Nella dichiarazione congiunta uditori e uditrici richiamarono anche l’attenzione che, grazie a loro, il Concilio aveva trattato questioni come la costruzione della pace, il dramma della povertà nel mondo, l’esistenza di diseguaglianze e ingiustizie che richiedono una più equa distribuzione delle ricchezze, la difesa della libertà di coscienza, i valori del matrimonio e della famiglia, l’unità di tutti i cristiani, di tutti i credenti e di tutta l’umanità. Il 3 dicembre 1965 vollero redigere un comunicato stampa nel quale ribadirono il loro ruolo attivo svolto, apprezzato dai padri conciliari che si erano spesso rivolti a loro per consigli e a volte si sono fatti eco delle loro opinioni nell’aula conciliare.

Nomi e cognomi

Consapevole del grande impegno profuso nell’adempimento del compito loro assegnato, il 7 dicembre 1965, Paolo VI, ricevendo uditori e uditrici, espresse la propria soddisfazione “per la collaborazione preziosa” assicurata dagli uni e dalle altre, in modo “discreto ed efficace”, “ai lavori dei padri e delle commissioni”.

Nomi e cognomi delle ventitre “madri del Concilio”, ormai quasi tutte tornate al casa del Padre, vanno doverosamente ricordati. Uditrici religiose: Mary Luke Tobin (Usa); Marie de la Croix Khouzam (Egitto); Marie Henriette Ghanem (Libano); Sabine del Valon (Francia); Juliana Thomas (Germania); Suzanne Guillemin (Francia); Cristina Estrada (Spagna); Costantina Baldinucci (Italia); Claudia Feddish (Usa), Jerome Maria Chimy (Canada). Uditrici laiche: Pilar Bellosillo (Spagna); Rosemary Goldie (Australia); Marie-Louise Monnet (Francia); Anne Marie Roeloffzen(Olanda); Amalia Dematteis (Italia); Ida Marenchi-Marengo (Italia); Alda Miceli (Italia); Catherine McCarthy (Usa); Luz Maria Longoria (Messico); Margarita Moyano Llerena (Argentina); Gladys Parentelli (Uruguay); Gertrud Ehrle (Germania); Hedwig von Skoda (Cecoslovacchia).

Leggendo le loro biografie, ricostruite da Adriana Valerio con materiale inedito, un dato emerge con sufficiente chiarezza: nonostante il decisivo riconoscimento, a livello teorico, operato dal Concilio della dignità della donna e del ruolo insostituibile che può e deve svolgere, in forza del battesimo, nella comunità ecclesiale come nella società civile, molto rimane da fare per ridimensionare, a livello pratico, il monopolio clericale e androcentrico sulla storia e sulla vita della Chiesa in nome della vera uguaglianza che vige fra tutti i membri del popolo di Dio. Andrea Lebra - andleb@libero.i


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