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CRISTIANESIMO, CATTOLICESIMO E BERLUSCONISMO. UN PRETE CATTOLICO (POCO ROMANO), CONTRO UNA GERARCHIA VATICANA MOLTO ROMANA E POCO CATTOLICA ....

RISPOSTA DI DON PAOLO FARINELLA ALLE LETTERE DEI CARDINALI BERTONE E BAGNASCO, PUBBLICATE SU "IL CITTADINO" DI GENOVA. Questo il carteggio - a cura di Federico La Sala

(...) Mi è parso di leggere nelle due lettere, «un velato avvertimento», quasi un avviso ad un successivo provvedimento disciplinare nei miei confronti (...)
giovedì 22 ottobre 2009 di Federico La Sala
[...] Il fatto che due cardinali si compattino per rispondere «ufficialmente» (carta con tanto di stemma del cardinale Bertone), a mio parere sta a significare che ho toccato nervi scoperti che fanno male, tanto male che i due porporati non rispondono minimamente agli interrogativi che io pongo, ma esprimono il loro disappunto perché non sanno cosa rispondere e forse hanno informazioni più dirette di quelle che posso avere io (non ho servizi segreti a mio servizio) della gravità e della (...)

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> RISPOSTA DI DON PAOLO FARINELLA ALLE LETTERE DEI CARDINALI ----LA QUESTIONE DEL MODELLO ... Siamo tutti responsabili anche quando la Chiesa tace (di Raniero La Valle - Scandalo Berlusconi).

venerdì 23 ottobre 2009

Scandalo Berlusconi: siamo tutti responsabili anche quando la Chiesa tace

di Raniero La Valle *

Lo scandalo Berlusconi ha avuto una svolta. Lo scandalo consiste nel fatto che il sistema politico italiano non ha ancora trovato il modo di far uscire di scena un presidente del Consiglio che ammala l’Italia e l’ha resa uno spettacolo al mondo.

La svolta consiste nel fatto che lui e i suoi, abbandonando la tesi innocentista, hanno alfine rivendicato i suoi comportamenti trasgressivi presentandoli anzi come proprio quelli che gli garantiscono il consenso. L’ultima e suprema ragione per la quale è giusto e salutare che egli resti al potere, secondo quanto hanno detto i suoi portavoce nei diversi scontri televisivi, è che egli sarebbe un modello per tutti gli uomini e le donne del Paese, i quali lo voterebbero in massa non perché toglie le tasse, protegge gli evasori e intrattiene le casalinghe con la TV, ma perché tutti lo invidiano e vorrebbero essere come lui.

Ora, la pretesa del modello è grave, perché sposta il problema dalla qualità del presidente del Consiglio alla qualità del Paese. Pertanto la nuova, vera responsabilità politica, non solo del ceto politico e dei partiti, ma di tutti, è se davvero vogliamo che questa diventi la nuova qualità dell’Italia, e se non sia una colpa gravissima farsene complici.

In particolare per la Chiesa la questione del modello è delicatissima, perché tutta la sua ragione di essere, per la quale essa sta o cade, consiste nel proporre e nel mostrare un nuovo modello di uomo, ovvero il modello di un uomo nuovo, che è quello di cui essa porta il nome. E tutte le canonizzazioni di santi, così abbondanti fino a Benedetto XVI, altro non erano che la proposta ai fedeli di modelli di vita cristiana. E se si può capire che non siano oggi di molta attualità modelli come san Luigi Gonzaga o santa Maria Goretti, il loro rovesciamento nell’icona di Berlusconi sarebbe inconcepibile.

Così come non si potrebbe capire che la Chiesa si dividesse in Italia tra Conferenza episcopale, segreteria di Stato, giornali cattolici e popolo fedele, sulla questione della maggiore o minore copertura da dare al governo Berlusconi, fino al limite di un rapporto simoniaco come quello contro cui si sarebbe messa anche “la celeste intercessione di Celestino V” di cui parlava Giancarlo Zizola nell’ultimo numero di Rocca. Del resto se la Chiesa ha sentito il bisogno di ricordare all’Italia che per l’art. 54 della sua Costituzione quanti sono investiti di funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle “con onore”, si può anche ricordare alla Chiesa che secondo il Concordato del 1984 lo scopo della sua collaborazione con lo Stato non è un qualsiasi utile ecclesiale ma è “la promozione dell’uomo e il bene del Paese”.

Ma in che cosa il “modello Berlusconi” è letale per la qualità dell’Italia? Non perché egli è ricco, ma per il modo in cui si è acquistato le ricchezze. Non perché ha il potere, ma perché lo mischia coi soldi e lo usa per sé. Non perché ama le donne, ma perché ne acquista il corpo. Non perché è un don Giovanni, ma perché mentre quel cavaliere le sue 1003 fanciulle le seduceva a una ad una, a lui invece sono portate a gruppi di venti. Non perché nomina a suo beneplacito parlamentari europei, deputate, ministri e stallieri, ma perché le ragioni di queste scelte non hanno nulla a che fare con i rispettivi uffici.

E infine perché tutto ciò non è ristretto all’ambito privato. L’accusa ai critici di invadere la privacy di Berlusconi, di intromettersi nella sua vita e di approfittare di suoi fatti personali per attaccarlo nel suo ruolo pubblico, è infondata. Il fatto che a tutte le ragazze fossero prescritti abitini neri e un trucco leggero, e che ci fosse un via vai di aerei privati e macchine schermate e che alle commensali fossero assegnati ruoli e paghe diverse, significa che a palazzo c’era una regia e anzi, trattandosi di palazzi del potere, che c’era un cerimoniale. Il cerimoniale è il versante liturgico della vita pubblica. Il cerimoniale trasforma un incontro o un evento della vita reale in cerimonia, e la cerimonia in tradizione, e la tradizione in gesti così ripetuti che non c’è più neanche bisogno di discuterli, diventano costume. Forse è questo che voleva dire Berlusconi quando ha affermato che tra le maggiori innovazioni del suo governo, c’è quella di aver introdotto la moralità.

* DOMANI a cura di Maurizi Chierici, 17-10-2009


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