Cardinale Schuster la verità sul Beato
di Giacomo Galeazzi (La Stampa, 13 ottobre 2012)
Si ispirò a San Carlo Borromeo e anticipò il rinnovamento del Concilio, eppure non mancarono incomprensioni nella sua vita di Beato. Il cardinale Ildefonso Schuster nel febbraio del ’45 veniva bollato come «spregiudicato imbroglione», aiutato «da un piccolo gruppo di farisei chiamati monsignori della curia». Fonte: un rapporto del Comando Speciale della guardia repubblichina. L’accusa: proteggere partigiani ed ebrei. Di lì a pochi mesi, ecco, invece, i leader della Resistenza chiedere l’«epurazione dell’arcivescovo», giudicato compromesso col fascismo. In realtà Schuster era autenticamente un santo, come documentato dal processo di beatificazione.
Domani alle 23,30 su Rai1 andrà in onda il programma dedicato al monaco che Pio XI volle alla guida della Chiesa Ambrosiana subito dopo il Concordato del ’29. Ildefonso Schuster: scommettere sull’Italia è il titolo del documentario.
Spiega Marco Simeon, responsabile Rai Vaticano: «La figura del cardinale è straordinariamente attuale perché, come De Gasperi, è simbolo di un’Italia umile e vincente che nel dopoguerra difese il patrimonio di valori indispensabile al rilancio». Sullo schermo si susseguono testimonianze d’epoca o inedite. Il successore Angelo Scola attualizza la lezione «politica» ai cattolici impegnati nella vita pubblica, il condannato a morte Indro Montanelli descrive il plotone d’esecuzione bloccato all’ultimo dall’intervento a San Vittore del porporato.
Non abbandonò mai i fedeli, rimanendo sempre a Milano sotto le bombe. Scrisse persino al re d’Inghilterra chiedendo di sospendere gli attacchi aerei sulla città e trasformò l’arcivescovado in un centro di raccolta di abiti e cibo per i bisognosi. Tentò di convincere Mussolini, il 25 aprile 1945, a consegnarsi agli alleati invece di partire verso il confine svizzero.
Con mezzo secolo di anticipo teorizzò scelte accolte solo successivamente dalla Chiesa con il Vaticano II. Riemerge dagli archivi anche la sua sfortunata battaglia al Sant’Uffizio per rimuovere dalla liturgia il riferimento ai perfidis Judaeis (come farà poi il Concilio). Finì in minoranza, malgrado il sostegno del Papa, però poi toccherà a lui tuonare contro le leggi razziali.