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ANTROPOLOGIA, TEOLOGIA, E FILOLOGIA. La logica di "Mammasantissima" e "Mammona" ("Deus caritas est") o la logica dell’Amore ("Deus charitas est") di Giuseppe, Maria, e Gesù?!!

L’IMMACOLATA CONCEZIONE, LA PIENA DI GRAZIA, E LA GRAMMATICA PER CAPIRE L’UMANITA’ E PARLARE LA LINGUA DI OGNI ESSERE UMANO. Una nota di Ermes Ronchi - a cura di Federico La Sala

L’angelo Gabriele, rivolgendosi alla Vergine di Nazaret, dopo il saluto "chaire", "rallegrati", la chiama "kecharitoméne", "piena di grazia" (Giovanni Paolo II, 1996).
martedì 8 dicembre 2009
[...] «Vergine, se tu non riappari / anche Dio sarà triste» (Turoldo). Se tu non riappari come alfabeto di speranza, come modello d’umano, il cristianesimo si fa triste, impoverito di tutta la dimensione gioiosa e danzante del Magnificat, della dimensione gratuita e festosa del vino di Cana, di un Dio che privilegia non lo sforzo, ma il dono. Si impoverisce del primo annuncio dell’angelo a Maria: «Kaire, sii lieta, sii felice, tu sei colmata di grazia» [...]
LA PIENA DI GRAZIA UN (...)

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> LA GRAMMATICA PER CAPIRE L’UMANITA’ E PARLARE LA LINGUA DI OGNI ESSERE UMANO. ---- IL QUEBEC, LABORATORIO DELLA MODERNITA’. Siamo passati in trent’anni da una società patriarcale nelle sue istituzioni sociali (e matriarcale nello spazio domestico) ad una società nella quale l’uguaglianza è un’esigenza di tutti i momenti.

martedì 18 ottobre 2011

“La Chiesa mancherebbe al suo dovere di agire da «esperta in umanità» se non riconoscesse il posto delle donne”

dell’episcopato del Québec (1990)

in “www.comitedelajupe.fr” del 17 ottobre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

Davanti a 1000 persone tra le quali i rappresentanti dell’Assemblea nazionale del Québec e di gruppi di donne, l’episcopato del Québec ha saputo fare un atto di pentimento. Preghiamo perché queste dichiarazioni dei vescovi del Québec nel 1990 possano ispirare le nostre Chiese d’Europa! (Comité de la Jupe)

«L’episcopato del Québec, in quest’anno che segna il cinquantesimo anniversario dell’ottenimento del diritto di voto delle donne in Québec, vuole celebrare, in un incontro di amicizia e di festa, questo avvenimento storico che ha riconosciuto alle donne del Québec il loro pieno diritto di cittadine. Questa festa avrà anche, diciamolo, una dimensione riparatrice poiché a quel tempo, l’episcopato e il governo avevano manifestato una lunga opposizione all’attribuzione di quel diritto. (...)

Quelle donne non sono sempre state riconosciute nel loro tempo. I loro inviti, spesso direttamente ispirati dal Vangelo, non sono sempre stati accolti con la necessaria disponibilità. A volte persino sono state frenate dalla diffidenza e dai pregiudizi dei loro capi politici e religiosi. Chi potrà raccontare le sofferenze di una Marguerite Bourgeois, desiderosa di portare l’istruzione alle Amerindiane nomadi, e alla quale Mons. de Saint-Vallier si è lungamente ostinato ad imporre il velo e la clausura? Quelle di una Marie Lacoste-Gérin-Lajoie, militante impegnata nella causa nazionale ed ecclesiale, ma alla quale i suoi capi spirituali tolsero il sostegno quando pretese di estendere alla sfera politica l’azione della Federazione nazionale San Giovanni Battista? (...)

Henri Bourassa e i vescovi dell’America del Nord (...) stigmatizzando il femminismo erano convinti di denunciare una pericolosa eresia. (...) Solo nel 1940 il Governo del Québec (...) si arrende alla fine agli argomenti delle donne. Ma si sente bene, nei commenti riservati dell’episcopato, che il femminismo vittorioso di quelle pioniere è ben lungi dall’essere riconosciuto come una forza positiva di cambiamento sociale. (...)

L’analisi femminista della storia e della tradizione cristiana (condotta nello specifico dalle teologhe) porta a volte scompiglio nelle nostre certezze e nelle nostre maniere secolari di vedere. Ma un numero sempre maggiore di teologi uomini si sentono solidali con il cammino delle donne e cercano di parteciparvi. Perché in questo procedere collettivo abbiamo acquisito la convinzione che la Chiesa, come la società, deve riconoscere il posto delle donne. Altrimenti si impoverisce essa stessa e manca al suo dovere di agire, secondo le parole di Paolo VI, come “esperta in umanità”. Questa convinzione ispira ampiamente la creazione, avviata dieci anni fa nelle nostre diocesi, di una rete di referenti per la condizione delle donne. E più recentemente, l’attuazione di forum diocesani di riflessione riguardanti il partenariato uomini-donne nella Chiesa.

Certo tutte queste donne che partecipano attivamente - spesso da volontarie - alla missione della Chiesa sono ancora troppo poco numerose. Ma soprattutto, il loro statuto nella Chiesa resta profondamente ambiguo. Ostacoli di ordine canonico, che dipendono per lo più dalla forza d’inerzia e dall’abitudine, dovranno essere tolti. Altri, molto più fondamentali, perché di ordine teologico, dovranno esser affrontati con umiltà e coraggio. L’universalità della Chiesa e la diversità delle culture che vi si trovano rappresentate non devono servire di pretesto per mantenere nella Chiesa, nei confronti della donna e della sua missione, una posizione minimalista. Posizione che, se incontra ancora qualche indulgenza storica presso una minoranza di cristiane, viene sempre più considerata un anacronismo, se non un ostacolo insormontabile, presso le credenti della generazione successiva. (...)

Non ce lo nascondiamo: è ad un’autentica conversione evangelica che siamo chiamati. Si tratta per tutti noi, credenti del Québec, di andare incontro allo Spirito che riconosciamo all’opera nelmovimento di affermazione delle donne, che caratterizza questo ultimo decennio del nostro secolo.

Vogliamo contribuire, come segno di riconciliazione e di pace, alla realizzazione del progetto di Dio sulla coppia umana, che si estende non solo alla famiglia, ma anche alla società e alla Chiesa. (...) “Obbedire, è anche resistere”. Resistere al venir meno della speranza di vedere un giorno abolite tutte le disuguaglianze, riconosciute tutte le competenze, realizzata finalmente la giustizia tra uomini e donne, nella Chiesa come nell’intera società. (19 aprile 1990)

Tratto da: Mons. Gilles Ouellet, “Messaggio del presidente dell’Assemblea dei vescovi del Québec in occasione del 50° anniversario dell’ottenimento del diritto di voto delle donne in Québec”, Assemblea dei vescovi del Québec, 1990. Recueil de Gonzague J.D.

Voir le texte complet.


Il Québec, laboratorio della modernità? (2)

di Jean-François Bouchard

in “www.baptises.fr” del 16 ottobre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

La storia del cattolicesimo e dei cattolici nel Québec degli ultimi cinquant’anni è ricca e complessa. Per motivi di sintesi, ci limiteremo qui a tre punti di vista, che sono rivelatori di quanto è avvenuto in questo paese. Analizzeremo la questione del posto delle donne e del femminismo nella configurazione ecclesiale; poi vedremo il percorso degli intellettuali all’interno della Chiesa; infine affronteremo il fallimento dei nuovi movimenti nel rinnovare il tessuto della comunità.

1. Il posto delle donne e del femminismo

Non si può capire nulla del Québec contemporaneo se non si valuta l’importanza dell’emancipazione femminile e della cultura femminista nella costruzione sociale. Poche società occidentali hanno fatto entrare fino a questo punto il dato dell’uguaglianza dei sessi e dell’importanza della promozione delle donne in tutte le sfere della collettività.

Siamo passati in trent’anni da una società patriarcale nelle sue istituzioni sociali (e matriarcale nello spazio domestico) ad una società nella quale l’uguaglianza è un’esigenza di tutti i momenti. Certo, niente è perfetto, e soprattutto niente è mai del tutto acquisito. Ma, oggi, i progressi oggettivi renderebbero difficili i tentativi di far fare dei passi indietro. Questo dato di fatto ha avuto due conseguenze tra i battezzati.

La prima è stata una diserzione massiccia delle donne dalla Chiesa e dalle chiese. Per un gran numero di donne che oggi hanno più di 70 anni era diventato inimmaginabile trasmettere il cattolicesimo ai loro figli, e alle loro figlie in primo luogo, tanto l’istituzione era subito apparsa loro passatista, sessista e maschilista. Ci sono state persone che lo hanno proclamato a voce alta. Tuttavia, la maggior parte ne ha preso atto senza rumore, allontanandosi de facto da una Chiesa che rappresentava ormai un elemento nocivo nell’educazione all’emancipazione. In conseguenza di ciò, molte persone della mia generazione (io ho 50 anni) sono cresciute nel silenzio domestico su Dio e sulla Chiesa.

La seconda conseguenza del femminismo è stata la sua influenza diffusa all’interno stesso della Chiesa del Québec. Infatti, benché un gran numero di donne abbiano disertato la Chiesa a partire dagli anni ’60, molte sono però rimaste, motivate dalle riforme nate dal Concilio. E queste donne, molte delle quali hanno, a partire da quel periodo, invaso le facoltà di teologia e di scienze religiose, hanno sviluppato una riflessione nuova che ha introdotto il femminismo nella teologia e nell’ecclesiologia. Negli anni ’70 e ’80 un certo numero di vescovi hanno prestato attenzione a questo, e alcuni di loro hanno preso delle decisioni d’avanguardia nominando delle donne a funzioni riservate fino ad allora a degli uomini (ordinati, evidentemente).

Meglio ancora, i vescovi del Québec hanno promosso la questione femminile presso le istituzioni romane, e nei sinodi. Cosa che è valsa loro a volte di essere ridicolizzati, non tanto da prelati romani, quanto da confratelli francesi! Questa dinamica felice col tempo si è indebolita. Perché da parte della Chiesa universale sono venuti in risposta pochi segni di evoluzione. Perché il discorso ufficiale si è a poco a poco riclericalizzato. Da una quindicina d’anni, domina nettamente la sensazione di blocco. Ciò detto, bisogna ricordare che le organizzazioni fondamentali della Chiesa, in particolare le parrocchie, non vivrebbero oggi senza l’apporto delle donne. Senza il loro impegno, la Chiesa del Québec sarebbe in brevissimo tempo una conchiglia vuota.

2. Il percorso degli intellettuali

Come le femministe, una forte percentuale di intellettuali del Québec si è allontanata dalla Chiesa a grande velocità dall’inizio della Rivoluzione tranquilla. Ma anche in questa categoria certi sono rimasti. Il Concilio ha svolto un ruolo di motivazione. Molti vi hanno visto la porta aperta ad un dialogo con la modernità, e quindi, ad un contributo delle scienze umane al pensiero cristiano. Come altrove, le facoltà di teologia e i centri di formazione hanno dato ampio spazio allasociologia, alla psicologia, alla pedagogia... Il campo dei possibili appariva vasto, senza limiti. Dei battezzati, uomini e donne, hanno creduto possibile partecipare a pieno titolo alla riflessione della Chiesa.

In Québec, il segno più forte di quella speranza è stato lo svolgimento di una commissione di inchiesta sui laici e sulla Chiesa, istituita dall’episcopato, e presieduta dal sociologo Fernand Dumont, uno dei massimi intellettuali del secolo. I lavori della commissione hanno permesso di affrontare tutte le questioni del momento, e di condurre una riflessione molto articolata in un dialogo franco ed esigente.

Fino alla metà degli anni ’80, la riflessione comune “dei battezzati e della gerarchia” è stata portata avanti dall’episcopato. I vescovi del Québec sono stati a lungo riconosciuti per l’audacia di cui davano prova nei testi che pubblicavano su questioni sociali, culturali e religiose. I messaggi annuali del 1° maggio hanno alimentato la riflessione delle parti sociali a diverse riprese. In quel contesto, degli intellettuali sono stati motivati ad alimentare la riflessione, spinti dalla sensazione di contribuire tanto all’edificazione del pensiero credente che al dibattito sociale.

Dobbiamo constatare che anche questo bello slancio è venuto meno. Tra le altre cose per il fatto che i vescovi sono stati seriamente occupati dalla crisi del declino istituzionale che devono affrontare (diminuzione del clero, chiusura di parrocchie, deficit finanziari...). Ma anche perché il discorso istituzionale cattolico si è ricentrato sulla dottrina e sull’affermazione identitaria. I luoghi di dialogo con la modernità diventano rari. E poche persone ne vedono la pertinenza per la credibilità del cristianesimo. Cosicché si assiste ad un secondo esodo dei cervelli in cinquant’anni. Questo è grave per il futuro del cristianesimo in questo paese.

3. I nuovi movimenti religiosi

Come in quasi tutte le Chiese occidentali, l’influenza dei movimenti evangelical ha preso la forma del “Rinnovamento carismatico” presso i cattolici di qui. Il Rinnovamento ha riunito migliaia di persone. È arrivato a riunire 70 000 persone allo Stadio olimpico di Montréal nel 1970! La forza di un tale movimento ha lasciato tracce in certe Chiese in vari paesi del mondo, sono nate delle “comunità nuove”. La cosa che sorprende, è che (quasi) niente di simile è avvenuto nel Québec. Il “soufflé” è lievitato in maniera spettacolare. E si è afflosciato in modo altrettanto sorprendente.

Mentre si sarebbe potuto credere che sarebbe stato una fonte di rivitalizzazione del cattolicesimo di qui, ne sono derivate poche cose. Certo, ci sono state alcune comunità nuove che continuano a vivere in alcune zone del paese. Ma non hanno nulla a che vedere con la creazione di un nuovo tessuto sociale portatore di un futuro significativo per il cattolicesimo del Québec.

Per ragioni difficili da spiegare, poco di quanto è avvenuto dopo il Concilio, e dopo la Rivoluzione tranquilla, ha portato frutti durevoli per un avvenire possibile.

La Chiesa in Québec si trova oggi in uno stato di grande fragilità. Molti battezzati, pure motivati a vivere sinceramente la loro fede, si trovano smarriti. I luoghi dove ritrovarsi diventano rari. E l’Istituzione sembra spesso più occupata a “gestire la decrescita” che ad aprire la porta alla speranza.


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