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Chiesa ed Eucharistia. Il comandamento dell’amore e la norma personalistica ....

Amore e responsabilità (Karol J. Wojtyla) - e "caritas" (J. Ratzinger) !!! Fonti cattoliche a confronto, in chiave dialettico-polemica. Ripreso Giovanni Paolo II, l’ennesimo affondo per il dibattito - di Federico La Sala

Il magistero del "Deus caritas est" ("Dio caro-prezzo è") o il magistero del "Deus charitas est" ("Dio è Amore")?!
lunedì 6 marzo 2006 di Emiliano Morrone


AMORE E RESPONSABILITA’
di Karol Wojtyla - Giovanni Paolo II *
L’INDICE DEL LIBRO
I. La persona e la tendenza sessuale
Analisi della parola “godere”
1. La persona soggetto e oggetto dell’azione
2. Primo significato della parola “godere”
3. “Amare” contrapposto a “usare”
4. Secondo significato della parola “godere”
5. Critica dell’utilitarismo
6. Il comandamento dell’amore e (...)

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> Amore e responsabilità (Karol J. Wojtyla), ---- L’ARCA DELL’ALLEANZA, IL PRESEPE, E L’AMORE. E "qualche verità su Maria" (di CCBF).

giovedì 8 dicembre 2011

Premessa sul tema.

L’ARCA DELL’ALLEANZA, IL PRESEPE, E L’AMORE ("CHARITAS") CHE MUOVE IL SOLE E LE ALTRE STELLE. Una nota

      • DIO E’ AMORE (1 Gv.: 3.8)
      • DEUS CHARITAS EST (1 Gv.: 4.8)

AI DUE CHERUBINI E AI DUE COLOMBI ... A MARIA E GIUSEPPE - E GESU’!!!

COME DA ARCA DELL’ALLEANZA ... COME DAL "GLORIA A DIO NEL PIU’ ALTO DEI CIELI", COME DALLA LEZIONE DEL PRESEPE DI SAN FRANCESCO ("Va’, ripara la mia casa") - E DALLA "MONARCHIA" DI DANTE:

Come MARIA: "FIGLIA DEL TUO FIGLIO", Così GIUSEPPE: "FIGLIO DEL TUO FIGLIO"!!! Dante non "cantò i mosaici" dei "faraoni", ma soprattutto la Legge del "Dio" di Mosè di Elia e di Gesù, del "Dio" dei nostri "Padri" e delle nostre "Madri".

L’Amore ("Charitas") muove il Sole e le altre stelle ... e non la Ricchezza ("caritas") del "santo-padre" del cattolicesimo-costantiniano.

In principio era il Logos - non il "Logo" della tradizione vaticana del "Latinorum"!!! (Federico La Sala)


Qualche verità su Maria

di CCBF

in “www.baptises.fr” dell’8 dicembre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

Celebriamo oggi la festa dell’Immacolata Concezione. Qualche parola a questo proposito. Abbiamo la tendenza a ritenere che Maria, la madre di Gesù, abbia uno status di eccezionalità, che sia un caso unico: «la» donna preservata dal peccato. Mi sembra che dovremmo guardarla piuttosto come quella che rappresenta in maniera esemplare una verità che fatichiamo a vedere, ma che si applica a tutti. Maria, si dice, porta Dio nel suo seno. Certo, ma ogni vita è presenza di Dio, così che ciascuno è, come Maria, portatore di Dio dentro di sé.

Sulla linea - abbastanza infelice, ammettiamolo - di Agostino e della sua teologia piuttosto nevrotica del peccato originale (Agostino aveva però altri ottimi talenti), diciamo che Maria è esente da ogni peccato, il che le permette di portare in sé il Figlio di Dio in maniera totalmente pura. Questa ossessione della purezza, in realtà, è poco fedele alla fede del Vangelo.

Diciamo piuttosto che Maria è per noi il segno che la vita che viene non è rinchiusa nei fatalismi e nelle ferite ereditate dal passato. Matteo e Luca, che mettono in scena Maria nei loro rispettivi vangeli, si curano anche di stabilire una genealogia di Gesù. Queste due genealogie, per quanto diverse, hanno tuttavia un punto in comune: ritracciano una storia carica di drammi e di infedeltà. Ciò che fa Maria, che legge le Scritture, e quindi rilegge questa storia, è di discernere il percorso del dono di Dio, senza rinchiudere la vita nella logica dei regolamenti di conti e dei risentimenti. Percepisce la vera finalità della vita, quello a cui Dio mira, ed è in questo che sfugge al peccato - il che etimologicamente vuol dire che non manca il bersaglio. È esemplare più che singolare, perché ci dice che, con la forza dell’Altissimo, con lo Spirito Santo, ciascuno di noi può accogliere questa intenzione e non imprigionare la vita. È quello che ha scoperto, molto più tardi, la psicanalisi, perché nel frattempo, troppi cristiani l’avevano dimenticato...

Smettiamola di pensare che lo Spirito Santo sostituisca gli spermatozoi o altre scempiaggini del genere. Ciò significa limitarsi ad una stupida lettura fondamentalista dei vangeli (in particolare dei due semi-versetti dell’inizio del vangelo di Matteo, suscettibili di molte interpretazioni contraddittorie). Scopriamo che Maria è il segno di ciò che è la nostra vera vocazione. La liturgia di oggi ci fa rileggere in parte il racconto della “caduta” nel libro della Genesi. La pericope comincia con il giudizio che Adamo rivolge a se stesso ritenendosi colpevole al punto da nascondersi a colui che dà la vita. Perde di vista l’essenziale, la vita stessa. Ecco il peccato. In Maria, scopriamo che possiamo credere alla vita, piuttosto che alla morte. È tutta un’altra cosa.

Per concludere, posso dire che vorrei che la nostra Chiesa alla fine dicesse questo, che sa perfettamente, piuttosto che lasciare credere delle stupidaggini per paura di perdere le ultime pecorelle che le restano?


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