Inviare un messaggio

In risposta a:
I SEGNI DEI TEMPI. L’ECONOMIA DELLA SALVEZZA ("Deus charitas est": 1 Gv., 4.8) E L’ECONOMIA DELLA RICCHEZZA, DI "MAMMONA" E "MAMMASANTISSIMA" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006): UNA TENSIONE SPEZZATA ...

"IL TEMPO CHE RESTA": UNA DOMANDA DI GIORGIO AGAMBEN A UNA CHIESA PERSA NEL TEMPO. Un discorso pronunciato presso la cattedrale di Notre-Dame a Parigi l’8.3.2009 - a cura di Federico La Sala

CHIESA E SECOLARIZZAZIONE. (...) si deciderà la Chiesa a cogliere la sua occasione storica e a riprendere la sua vocazione messianica?
domenica 27 dicembre 2009 di Federico La Sala
[...] mano a mano che la percezione dell’economia della salvezza nel tempo storico si appanna nella Chiesa, si vede l’economia stendere il proprio dominio cieco e derisorio su tutti gli aspetti della vita sociale. Allo stesso tempo, l’esigenza escatologica che la Chiesa ha trascurato ritorna sotto una forma secolarizzata e parodistica nei saperi profani, che sembrano fare a gara per profetizzare in tutti i campi delle catastrofi irreversibili. Lo stato di crisi e d’emergenza permanente che (...)

In risposta a:

> "IL TEMPO CHE RESTA": UNA DOMANDA DI GIORGIO AGAMBEN A UNA CHIESA PERSA NEL TEMPO. --- LA CHIESA AL BIVIO (di Goffredo Fofi - Una predica per la chiesa).

domenica 16 maggio 2010

Una predica per la chiesa

di Goffredo Fofi (l’Unità, 16 maggio 2010)

Nei confronti della chiesa, credo che gli italiani, anche i più esigenti, oscillino da sempre tra una superficiale riverenza e una superficiale irriverenza, e che in ogni caso molti non sappiano farne a meno e tutti la considerino una presenza storicamente inevitabile. Fa parte del nostro paesaggio, da secoli, volere o volare, e fa parte, direttamente e indirettamente, dell’esperienza di tutti o quasi tutti, i credenti come i non credenti. Credenti? Secondo la dottrina, mi pare che per dirsi tali bisognerebbe almeno credere nella presenza vera del corpo di Cristo nell’ostia e nella resurrezione dei corpi. E quanti italiani potrebbero onestamente dire di crederlo?

Nelle società antiche, i membri della tribù, della comunità o di una più ampia società si distinguevano, dicono etnologi e antropologi, secondo un tripartizione classica: i contadini, i guerrieri, i sacerdoti (di essa trovo tracce perfino nella festa del mio paese, nella Corsa dei Ceri che si svolge da non so quanti secoli a Gubbio, il 15 di maggio e cioè ieri, e a correre c’ero anch’io).

Ogni società aveva e ha bisogno di coloro che «amministrano i sacramenti» e cercano di dare un senso all’esistenza dei singoli, che danno verticalità - non so dire altrimenti - alla nascita e morte e alle altre scadenze dell’umano tragitto, alle scelte dei singoli e dei gruppi, ai momenti di festa e di lutto dei singoli e dei gruppi. Una ragion d’essere della chiesa dovrebbe dunque essere di accompagnare nel corso dell’esistenza, rispondendo ai bisogni di senso che singoli e comunità esprimono inevitabilmente, tanto più quanto meno ci pensano gli altri - i governanti, i politici, i «guerrieri».

Anni fa, discutendo del fallimento del comunismo e parlando di Pasolini e di Testori si disse che un errore primario di quella storia fu il rifiuto di considerare nel loro enorme peso i due aspetti fondamentali del corpo e del sacro. È opinabile che la chiesa si occupi oggi seriamente di questo, basti pensare all’accumulo di pregiudizi e chiusure che ne caratterizza il confronto con le novità dei comportamenti creati dalle mutazioni che abbiamo dovuto subire. Per dire: alla crisi della famiglia si risponde invece che sacralizzando le nuove forme che cercano di sostituirla «di fatto» perpetuandola, demonizzandole; al problema della sovrappopolazione si risponde con l’ossessione anti-pillola; alle sante richieste dell’ecologia, con il disprezzo, per esempio, per il vegetarianesimo e per altre cose che conseguono all’ossessione antropocentrica per cui tutto il creato e tutte le creature hanno per scopo la soddisfazione dei presunti bisogni dell’uomo che, manipolati dall’economia e dai suoi poteri, vengono spinti oggi verso una crescente turpitudine; eccetera.

Ciò di cui siamo grandemente debitori nei confronti della chiesa, è invece che essa ricordi al mondo, sempre, il rispetto dei poveri, che in Italia vuol dire oggi, per esempio, il rispetto per gli immigrati. Se non lo facesse, tradirebbe la sua matrice cristiana. E se non ci fosse, l’Italia in mano oggi ai politici e ai mascalzoni dell’impresa pubblica e privata, sarebbe perfino peggiore di ciò che è. La chiesa esiste da secoli e secoli, e se ha retto a mille trasformazioni una ragione ci dovrà pur essere, anche per chi non considera la provvidenza...

Se non ci fosse la chiesa, staremmo molto peggio, io credo. Ma la chiesa è a un bivio, che è proprio di civiltà, di assunzione chiara di responsabilità verso il futuro. È forse la sola istituzione, qui, che nonostante tutto sembra preoccuparsi delle cose gravi e di fondo. Lo fa male per mille motivi, primo fra tutti una certa scarsità morale e non solo culturale della maggior parte di chi vi comanda, cardinali e vescovi.

Per questo mi ha impressionato e convinto l’opuscolo edito da Nottetempo di cui consiglio la lettura, «La Chiesa e il Regno», che è una specie di predica tenuta dall’autore dentro Notre Dame a Parigi su richiesta di quei parrocchiani. Costa tre euro, l’ha scritto Giorgio Agamben, che è il più noto e apprezzato dei nostri filosofi all’estero (meno in Italia, per ragioni che sarebbe lungo elencare). È - rispettoso ed esigente - di una chiarezza, di una misura, di una radicalità ammirevoli. Così conclude: «La domanda che sono venuto qui a porvi, senza avere, per farlo, altra autorità se non un’ostinata abitudine a leggere i segni del tempo, è questa: la Chiesa si deciderà finalmente a cogliere la sua occasione storica e a ritrovare la sua vocazione messianica? Il rischio, altrimenti, è che sia trascinata nella rovina che minaccia tutti i governi e tutte le istituzioni della terra».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: