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L’Appia è meno faticosa a chi la prende comoda ...

DA ROMA A BRINDISI. CHE VIAGGIO!!! ’Parola’ di Orazio - a cura di Federico La Sala

"Chi bene incomincia è già a metà dell’opera; risolviti a diventare saggio: incomincia (dimidium facti, qui coepit, habet: sàpere aude, incipe)" (Orazio, Epistole, I, 2, v. 40)
mercoledì 30 dicembre 2009 di Federico La Sala
DA ROMA A BRINDISI.
IL VIAGGIO DI ORAZIO (Satire, I, V) *
Uscito dalla grande Roma,
m’accolse ad Aricia una modesta locanda;
m’era compagno il retore Eliodoro,
senza confronti il piú dotto dei greci:
di lí a Foro d’Appio,
brulicante di barcaioli
e di osti malandrini.
Noi, sfaticati,
dividemmo in due questa tappa,
che per gente piú svelta è una sola;
ma l’Appia è meno faticosa
a chi la prende comoda.
Qui, per via dell’acqua, ch’era pestifera,
mi metto a dieta e attendo di cattivo umore
i (...)

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> DA ROMA A BRINDISI. CHE VIAGGIO!!! --- VIRGILIO SI E’ FERMATO A "EBOLI", DAL "VECCHIO DI CORICO".

lunedì 4 febbraio 2019

VIRGILIO SI E’ FERMATO A "EBOLI", DAL "VECCHIO DI CORICO"

      • EBOLI. “L’origine del nome della città si perde nella notte dei tempi ed è avvolto da mito e leggende. Una di queste ritiene che la città sia stata fondata da Obolo, capitano generale dell’armata di Teseo, re di Atene, il quale, dopo aver patito tanti travagli per l’ira degli Dei, sbarcato sul suolo italico si trovò sulle sponde di un fiume dove trovò la morte per annegamento il suo compagno di nome Silaro. Obolo, ormai stanco di peregrinare per terre e mari, accortosi della bellezza del luogo e del clima mite, edificò una città imponendole il nome di Ebalo e chiamò Silaro, l’odierno Sele, il fiume, fino allora senza nome, in onore dell’amico morto. Un’altra leggenda vuole che Eboli sia stata fondata da Ebalo, figlio della ninfa Sebeti e di Telone, re di Capri, menzionato da Virgilio alla fine del VII libro v. 734 dell’Eneide: “Oebale, quem generasse Telon Sebethide nympha / Fertur, Teleboum Capreas cum teneret, iam senior” (cfr.: “Origini del nome Eboli” - Weboli) (Federico La Sala, 08.01.2019).

LE TORRI DI “EBOLI”, IL “VECCHIO DI CORICO”, E VIRGILIO. SULLE ORME DEL GRAND TOUR ...

VISTO E CONSIDERATO CHE “Dopo il rinvio dello scorso 4 gennaio a causa delle avverse condizioni metereologiche viene rinnovato l’appuntamento voluto dalla Fondazione Terra d’Otranto, con il patrocinio della Città di Nardò, che avrà per tema “Le costruzioni a secco del Salento, testimoni del nostro sentire più intimo e del nostro passato, patrimonio dell’umanità”,

E CHE “L’incontro - dibattito” è stato effettivamente tenuto il giorno 13 gennaio, “nella chiesa di Santa Teresa a Nardò, su Corso Garibaldi” E CHE dal dibattito sono emerse, evidentemente, perplessità e difficoltà (cfr.: “Il problema difficile della rivalutazione delle costruzioni a secco nel Salento”);

MI SEMBRA OPPORTUNO E PERTINENTE richiamare alla mente (e rileggere) quanto nell’art. “Taranto, piazza Ebalia: le origini di un toponimo” - proprio nell’intervallo di giorni dal 4 gennaio al 13 gennaio, il giorno 8 - il prof. Armando Polito ricorda, citando Virgilio, “un vecchio di Corico”:

      • “2) VIRGILIO (I secolo a. C.) - a) Georgiche, IV, 125-128: Namque sub Oebaliae memini me turribus arcis,/qua niger umectat flaventia culta Galaesus,/Corycium vidisse senem, cui pauca relicti/iugera ruris erant, nec fertilis illa iuvencis/nec pecori opportuna seges nec commoda Baccho (E infatti ricordo di aver visto sotto le torri della rocca ebalia, dove il tenebroso Galeso bagna bionde coltivazioni, un vecchio di Corico che possedeva pochi iugeri di terreno abbandonato e quel suolo non era fertile per i giovenchi né adatto al gregge né favorevole a Bacco)”.

EVIDENTEMENTE E A DIRLA VELOCEMENTE, DIETRO LA DECISIONE DELL’UNESCO sull’importanza culturale delle “costruzioni a secco”... c’era (oso immaginare!) anche il ricordo virgiliano del “vecchio di Corico”! A rileggere - e non fermandosi a “Eboli” - il testo della IV delle “Georgiche”, nei versi del grande poeta, svela da dove vengono le pietre e offre ancora tutta la meraviglia e l’apprezzamento del lavoro di chi - con grande passione e intelligenza - ha saputo mettersi al lavoro e ha trasformato un “terreno abbandonato”, pieno di pietre, non fertile e non adatto al pascolo né di buoi né di pecore né tantomeno per piantarvi una vigna, in un mirabilissimo orto, in uno splendente GIARDINO (vv. 186-203) *:

-  [...] d’aver già visto io mi ricordo
-  Sotto l’ebalie torri, ove l’ombroso
-  Galeso irriga le pianure amene,
-  Un vecchierel di Corico nativo;
-  Piccolo campo ei possedeva, e questo
-  Sterile e ignudo, nè a l’aratro adatto,
-  Nè a piantar viti, o a pascolar la greggia.
-  Eppur con l’arte la natura avara
-  Ei giunse ad emendar; sterpò le spine
-  Che ingombravano il suol, più nobili erbe,
-  E bianchi gigli a seminar vi prese,
-  E verbene, e papaveri; e tal frutto
-  Da l’orto in breve, e dal giardin raccolse,
-  Che le ricchezze nel suo cor contento
-  Uguagliava d’un re: stanco da l’opre
-  Del dì tornava ne la tarda sera
-  Al fido albergo, e la sua parca mensa
-  Di semplici copria non compri cibi.
-  [...]

*

Publio VIRGILIO Marone, “Georgiche”, Libro quarto, vv. 186-203. Traduzione dal latino di Clemente Bondi (1801).

Ad onore di Virgilio e del lavoro del “vecchio di Corico”, e di tutti i nostri antenati, e, non ultimo, del lavoro della stessa Fondazione “Terra d’Otranto”, mi piace qui richiamare il brillante contributo (disponibile in rete):

SULLE ORME DEL GRAND TOUR, PER COGLIERE IL RESPIRO PROFONDO DELL’EUROPA.
-  LA CATENA DEI “GIARDINI ETNOBOTANICI DEL VECCHIO DI CÒRICO” NEL DISTRETTO TURISTICO DELL’ARCO JONICO DI PUGLIA, BASILICATA E CALABRIA PER COGLIERE L’ANIMA PROFONDA DELL‟EUROPA E DELLA CIVILTÀ OCCIDENTALE

Federico La Sala ( 01.02.2019.


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