L’ex pm, adesso eurodeputato Idv: "Va sconfitto politicamente"
E su Napolitano: "Sia più garante della Costituzione"
De Magistris: "Berlusconi in esilio?
Provocavo ma lui stravolge la democrazia"
ROMA - "Era solo una provocazione, in questo Paese si sta perdendo il senso dell’umorismo". L’ex pm, adesso eurodeputato Idv Luigi De Magistris, cerca di smorzare così le polemiche che la sua proposta di mandare in esilio silvio Berlusconi ha scatenato. Parole che De Magistris puntualizza e contestualizza: "Io sono convinto che Berlusconi vada sconfitto politicamente. Volevo anche smitizzare il lodo, è una provocazione di questo tipo".
Nella sostanza, però, le critiche dell’esponente dell’Idv non cambiano di un centimetro: "Se vogliamo pensare che l’Italia è caduta nel basso impero e quindi c’è un sultano che sta stravolgendo la democrazia, allora l’esilio potrebbe essere una conseguenza, ma si può anche intendere come una scelta addirittura vantaggiosa per Berlusconi. Perché rispetto agli altri cittadini che si fanno fare i processi, lui fa leggi per non subire conseguenze giuridiche".
De Magistris punta il dito contro il conflitto di interessi che vede protagonista il premier. "Sfido un paese ad avere un’informazione libera, pluralista e indipendente e non controllata come è in parte da berlusconi e poi vediamo se Berlusconi ha o meno lo stesso consenso - continua l’europarlamentare - Se non controllasse la Mondadori attraverso processi corruttivi, se non avesse acquisito il controllo delle licenze televisive attraverso il rapporto corruttivo con Craxi, chissà se arivava ad avere lo stesso consenso. Io ho dei dubbi".
Quanto alle critiche del suo partito all’indirizzo di Giorgio Napolitano, che hanno provocato l’irritazione del Pd, De Magistris, nello sostanza, le conferma: "Lo vorrei più custode della Costituzione. Per esempio il lodo alfano non andava promulgato. Il fatto che il presidente non promulghi e rimandi alle Camere la legge ha un significato politico. Napolitano non lo ha fatto e questa critica non significa non avere rispetto".
* la Repubblica, 4 gennaio 2010