La Farnesina invita dunque chiunque sia a conoscenza di amici o parenti italiani che si trovano ad Haiti a contattare l’Unita’ di crisi al numero 06-36225 per accelerare la ricerca dei nostri connazionali.
ROMA - La terra ha continuato a tremare, nella seconda notte dopo l’apocalisse di Haiti. Ma non c’é più nulla da distruggere a Port-au-Prince, la capitale devastata. Chi è sopravvissuto ai crolli, ora deve cercare di scampare al dopo terremoto, fatto di sciacalli, di criminali evasi dalla prigione crollata, di acqua e cibo che non ci sono più, di linee telefoniche interrotte, di elettricità prodotta solo con i generatori autonomi finché ci sarà benzina da bruciare.
Unico mezzo di comunicazione che resiste, internet. E’ da Twitter e Facebook che arrivano al mondo gli appelli e le testimonianze. Dalle 16:53 del 12 gennaio, quando la faglia sotto l’isola caraibica si è rotta, sono ormai 42 le scosse registrate dall’istituto geofisico americano Usgs. Tutte sono sempre al di sopra di magnitudo 4.5 Richter: niente a confronto con il primo gigantesco colpo di maglio a forza 7.0, ma ogni volta la terra si muove come se fosse scossa da una piccola bomba atomica. La conta dei morti è ancora un’ipotesi, più che un esercizio di statistica. L’ordine di grandezza è quello delle centinaia di migliaia di vittime.
La macchina dei soccorsi si è messa in moto, ma è ancora lontana dall’isola. Si muove veloce, ma il tempo gioca contro i sopravvissuti all’inferno di Port-au-Prince. "Abbiamo bisogno di vaccini contro il tetano, contro le infezioni e le epidemie, così come di acqua potabile e di gente che scavi sotto le macerie per estrarre i feriti", ha l’ambasciatore di Haiti a Tokyo , Jean-Claude Bordes, che ha riferito di non "aver avuto comunicazioni da parte del mio governo. Spero di avere contatti domani". Le poche notizie dirette, ha continuato, "le ho avute da alcuni amici. Ho provato tante volte a chiamare. Ho potuto raggiungere Haiti solo per telefono pochi minuti dopo il disastro: solo urla e lamenti, Non potevo parlare a lungo, ma poi le comunicazioni sono cadute definitivamente". E ha spiegato: "Temo che i morti siano ben oltre la stima di 100.000 di cui ho sentito parlare, se l’epicentro del sisma è a Petion-Ville, popoloso centro a 7-10 chilometri da Port-au-Prince, il bilancio sarà ben più pesante".
Il primo aereo degli aiuti americani promessi dal presidente Obama - che ha chiesto al Pentagono di mettere in campo tutte le risorse disponibili in quella che vorrà essere una ’campagna di guerra’ per salvare vite umane - è arrivato ieri sera. I militari Usa hanno scaricato all’aeroporto, gravemente danneggiato dal sisma, una serie di apparecchiature elettroniche per rendere più sicure le operazioni di atterraggio e decollo dei velivoli carichi di aiuti che arriveranno. Inoltre, le prime squadre di soccorso medico sono giunte a Port-Au-Prince per aiutare le vittime e per evacuare i cittadini americani gravemente feriti. Ed è già in navigazione una portaerei. Nel resto del mondo è scattata la raccolta di fondi. Tra i primi a farsi notare per la generosità, la coppia Jolie-Pitt che ha devoluto un milione di dollari. Ma sono già partiti anche i primi allarmi contro gli sciacalli della beneficenza, quelli che inventeranno truffe su internet per far soldi anche sull’apocalisse di Haiti.
Nella notte "é aumentato di una decina il numero delle persone contattate direttamente o indirettamente" dall’Unità di crisi della Farnesina, facendo "salire a 80 circa" gli italiani rintracciati ad Haiti dopo il terremoto ma mancano all’appello ancora decine di connazionali Lo ha detto il capo dell’Unità di crisi, Fabrizio Romano durante il briefing con la stampa sulla situazione ad Haiti.
La Farnesina invita dunque chiunque sia a conoscenza di amici o parenti italiani che si trovano ad Haiti a contattare l’Unita’ di crisi al numero 06-36225 per accelerare la ricerca dei nostri connazionali.
Il funzionario della Farnesina inviato a Port-au-Prince - ha spiegato Romano - "per prima cosa" andrà all’Hotel Montana, crollato nel terremoto che ha colpito Haiti, "per verificare" l’eventuale presenza di italiani.
Il quadro - ha detto ancora Romano - resta "drammatico, fluido e tutt’altro che chiaro a causa delle comunicazioni disturbate". Nell’isola - ha ricordato - sta per atterrare il volo della Protezione civile con un funzionario dell’Unità di crisi che attiverà un’antenna in modo da avere un contatto diretto con il ministero. Il funzionario opererà in tandem con un collega dell’ambasciata italiana a Santo Domingo, in modo da svolgere "una ricerca più mirata dei nostri connazionali, avvalendosi anche dell’apporto delle autorità locali".
"Restano motivi di preoccupazione, perché il numero dei connazionali presenti è sicuramente maggiore di quelli che noi siamo riusciti a contattare", ha aggiunto Romano, ricordando che "come ha detto il ministro Frattini, non abbiamo notizie negative, ma purtroppo neanche positive". Oltre ai 191 italiani che risultano iscritti all’anagrafe consolare che però "possono aver lasciato il Paese senza segnalarlo", il capo dell’Unità di crisi sottolinea che potrebbero anche esserci "tante altre persone presenti senza averlo comunicato a nessuno sul piano istituzionale".